il vertice a riad
Bin Salman incontra Xi e dimostra che può fare a meno di Biden
I legami economici sino-arabi sono in crescita da almeno dieci anni. La Cina si sta dimostrando un partner commerciale migliore degli Stati Uniti. Ma può offrire una copertura strategica da un disimpegno statunitense dalla regione?
Xi Jinping è in Arabia Saudita per il vertice tra Cina, paesi arabi e il Consiglio di cooperazione del Golfo Persico (Gcc), organizzazione che oltre al regno saudita riunisce Kuwait, Bahrein, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Oman. Il vertice voluto personalmente da Mohammed bin Salman viene descritto dalle parti come l’inizio di una nuova èra della cooperazione arabo-cinese, sul tavolo un trattato di libero scambio Golfo-Cina, miliardi di investimenti, contratti energetici, accordi per lo sviluppo di armamenti e alcune ambiziose idee cinesi, come l’adesione saudita a un ipotetico Brics allargato. Pechino vuole affermare il suo ruolo nel medio oriente, Riad la leadership sul mondo arabo e la capacità di fare a meno di Washington a pochi mesi dalla richiesta di Joe Biden di aumentare la produzione di petrolio. Se Biden è stato rimandato in patria a mani vuote, Xi è stato accolto con tutti gli onori e tornerà a Pechino con accordi di investimento e qualche annuncio.
L’entusiasmo sino-arabo non deve sorprendere, i legami economici sono in crescita da almeno dieci anni. Secondo i dati delle Nazioni Unite nel 2021 il commercio bilaterale tra Cina e Golfo Persico (compreso l’Iran) ammontava a circa 2,48 trilioni di dollari. Nello stesso periodo quello con l’Unione europea ha raggiunto solo 1,3 trilioni, con gli Stati Uniti appena 62,6 miliardi di dollari. Nel 2012 il commercio bilaterale tra Arabia Saudita e Stati Uniti ammontava a 76 miliardi di dollari, nel 2021 a soli 29 miliardi. Ciò è dovuto in parte alla decisione statunitense di perseguire l’autonomia energetica e non importare più molto petrolio, mentre la Cina diventava il principale acquirente degli idrocarburi mediorientali.
Xi ora vuole rassicurare i partner sul disimpegno dalla politica Zero Covid che reprime i consumi, e sull’intenzione di continuare a importare greggio del Golfo. L’energia infatti è al centro delle relazioni sino-arabe. L’anno scorso il 51 per cento delle importazioni di petrolio della Cina proveniva dai paesi arabi, l’80 per cento del quale fornito dai sei membri del Gcc. Poi c’è il gas: Sinopec a novembre ha firmato un contratto di 27 anni per l’acquisto di gas naturale liquefatto dal Qatar, il più lungo accordo di questo tipo mai realizzato, che conferma la volontà cinese di diversificare l’origine delle forniture e non diventare dipendente da gas e petrolio russi.
Per i paesi arabi la Cina è anche un grande investitore nelle costruzioni e nei costosissimi progetti delle case regnanti. Secondo i dati dell’American enterprise institute citati dall’Economist dal 2005 le aziende cinesi hanno firmato contratti per un valore di 223 miliardi di dollari. A crescere anche i legami nella difesa, sia che si tratti di comprare droni o sviluppare missili balistici sia di affidarsi con aziende high tech per sistemi di sorveglianza, come SenseTime, nella lista nera statunitense per il suo ruolo nella repressione della minoranza musulmana uigura nello Xinjiang. Inoltre, per Huawei i paesi arabi sono un importante mercato di espansione dopo la chiusura dei mercati europei del 5G e delle telecomunicazioni.
La sfida per paesi arabi è trovare un equilibrio. La Cina è un grande partner commerciale, ma può offrire una copertura strategica da un disimpegno statunitense dalla regione? Qui le cose si complicano. L’Arabia Saudita e suoi alleati lamentano uno scarso interesse degli Stati Uniti nel difenderli dall’Iran, ma Pechino e Teheran l’anno scorso hanno firmato un “partenariato strategico” che si propone di durare 25 anni. Xi è uno dei pochi leader con una vera influenza sul regime iraniano, ma è difficile credere che userà questa leva per fare pressione sull’Iran a favore degli interessi sauditi.
Ecco perché i rapporti sino-arabi preoccupano, ma non provocano angoscia alla Casa Bianca: la Cina persegue i propri interessi economici e strategici ma, almeno per ora, non è disposta a costruire schieramenti che la obblighino a farsi dei nemici. Senza farsi dei nemici, però, non è possibile sostituire il ruolo degli Stati Uniti, né in medio oriente, né altrove.
Cosa c'è in gioco