“Guerra lunga” e droni
Putin ha finito i droni iraniani e quelli modificati ucraini colpiscono a 200 km dal Cremlino
Gli Shahed 136 della Repubblica islamica sono spariti dai cieli di Kyiv da tre settimane. Se il problema è il freddo saranno inutili ai russi fino a marzo
Ieri Vladimir Putin ha parlato e ha detto che la sua guerra di aggressione all’Ucraina sarà ancora lunga e poi che la Russia userà “tutti i suoi mezzi” per combatterla. Tra questi sembra che non ci siano più i droni iraniani. Il giorno prima il portavoce dell’aeronautica militare di Kyiv, Yury Ignat, aveva spiegato che gli Shahed 136 della Repubblica islamica sono spariti dai cieli ucraini da tre settimane: “Ci sono una serie di elementi che ci fanno credere che i russi li abbiano finiti”. Il capo dell’intelligence militare, Kyrylo Budanov, aveva già detto anche che “l’Iran non ha dato un singolo missile balistico alla Russia” e ieri la Casa Bianca è entrata più nel dettaglio spiegando che non ci sono trasferimenti di missili in corso da parte di Teheran. La “guerra lunga” di Putin è un problema innanzitutto per le scorte di Mosca.
Tra i droni prodotti in Iran che sono stati usati da Putin in Ucraina, quelli che riescono a colpire l’obiettivo prefissato fanno danni terribili, ma quelli che non vengono abbattuti dalla contraerea prima di schiantarsi sono una piccola minoranza: le stime dell’aeronautica di Kyiv dicono che su circa 400 droni lanciati contro le infrastrutture civili, 350 sono stati intercettati. Non si può escludere che questi calcoli siano generosi nei confronti delle forze aeree ucraine, ma resta il fatto che i droni iraniani sono praticamente spariti dalla metà di novembre. “Ci sono molti rumors sugli Shahed in questa fase. Se una prima ipotesi è che i russi abbiano esaurito le scorte, l’altra è che non possano essere operativi in questo momento”, dice al Foglio Aniseh Bassiri Tabrizi, analista del Royal United Services Institute, il più antico think tank militare e il più famoso del Regno Unito. “La seconda ipotesi riguarda le temperature gelide alle quali non sono adatti i materiali con cui gli Shahed 136 sono costruiti”. Se il problema è il freddo, i droni iraniani saranno inutili ai russi fino a marzo.
Sono droni progettati per una guerra in medio oriente (a eccezione dell’Ucraina, si usano solo in Iraq, Siria e Yemen) e non nel nord dell’Europa, ma sono anche la risorsa con cui il presidente russo aveva provvisoriamente risolto il problema dell’esaurimento delle sue scorte: la produzione di missili di precisione sta risentendo dell’embargo tecnologico occidentale. Mosca è ancora in grado di fabbricarne qualcuno (nei bombardamenti di fine novembre c’erano pezzi di missili prodotti mesi dopo l’entrata in vigore delle sanzioni), ma molto lentamente e non nella quantità che servirebbe a sostituire quelli che consuma. Il mancato soccorso sui missili da parte di Pechino e, almeno per il momento, anche di Teheran, complica il futuro per la guerra aerea del Cremlino. La strategia dei bombardamenti massicci contro le infrastrutture energetiche su tutto il territorio inaugurata il 10 ottobre è molto costosa (la Russia ha speso circa mezzo miliardo di dollari in missili nell’attacco a tappeto di lunedì), e i droni iraniani – anche se meno precisi – servivano a poterla portare avanti anche con un’arma a basso costo.
Secondo le fonti occidentali e ucraine, Teheran aveva promesso 1.700 droni a Mosca, ma dopo la consegna dei primi 400 non si è avuta notizia di altre. Il primo novembre un ufficiale dell’intelligence militare di Kyiv aveva annunciato che un altro lotto da 200 droni stava per arrivare in Russia, ma sono passati due mesi e Ignat dice: “Non so che fine abbia fatto quel carico”. Mentre Putin si ritrova a corto di droni, il suo stato maggiore della Difesa dice che gli ucraini ne hanno creati di micidiali capaci di volare indisturbati per centinaia di chilometri dentro lo spazio aereo russo. E Kyiv ottiene questo risultato sostanzialmente convertendo dei pezzi da museo sovietici in armi che colpiscono a 200 chilometri dal Cremlino e mandano in officina quegli aerei che sganciano le bombe con cui Putin vuole tenere al freddo e al buio l’Ucraina questo inverno.
L'editoriale del direttore