Tutti gli impegni di Doug Emhoff. Il marito di Kamala e la lotta all'antisemitismo

Giulio Silvano

Il primo second gentleman della storia americana sembra aver trovato una collocazione nell’establishment di Washington, impegnandosi in un tema assurdamente ancora centrale nel dibattito politico americano

La povera Kamala Harris, la vice di Joe Biden, non è nemmeno riuscita a godere del momento di entusiasmo democratico che ha seguito la sconfitta dei repubblicani alla Camera, presa com’è dal cercare di sopravvivere alle critiche interne del partito e alla bassissima popolarità pubblica. Suo marito, invece, Doug Emhoff, il primo second gentleman della storia americana, sembra aver trovato una collocazione nell’establishment di Washington, impegnandosi nella lotta contro l’antisemitismo, tema assurdamente ancora centrale nel dibattito politico. Non è solo per Kanye West, con la sua svastica-stella di David che gli è costata la sospensione nel nuovo Twitter libertario di Elon Musk, ma anche per la presenza del negazionista dell’olocausto Nick Fuentes a Mar-a-Lago a cena con Trump e di vari protagonisti delle midterms che, per fortuna, non sono stati eletti, come Doug Mastriano, che tra le consulenze per la campagna elettorale vantava quella di Gab, un social network di estrema destra, paradiso di QAnoniani, neo-nazi e neo-KKK. Il sentimento antiebraico sembra più vivo che mai, a tutti i livelli della società.

 
Emhoff, non è solo il primo uomo sposato con la seconda carica dello stato, ma è anche il primo ebreo. Ci sono stati segretari di stato e giudici della Corte suprema ebrei, ma mai nessuno nel quartetto principale della Casa Bianca, tra presidenti, vice e rispettive mogli. Così qualche mese fa Emhoff ha deciso di diventare il volto e braccio operativo non ufficiale di un’operazione anti-antisemitismo nell’entourage di Biden. Cresciuto tra Brooklyn e il New Jersey, Emhoff ha studiato e poi fatto carriera come avvocato in California dove si è sposato per la prima volta. Poi ha conosciuto e sposato Kamala Harris nel 2014, mentre lei era procuratrice generale dello stato. Emhoff non è molto religioso, anche se frequenta ogni tanto il suo vecchio tempio di Old Bridge, nel New jersey, quando è in zona. Ma ha ritrovato, nella sua ebraicità, un ruolo chiave in un momento in cui i rischi democratici fomentati dalla base trumpiana si sono mossi di pari passo con il suprematismo bianco e l’antisemitismo. Secondo l’Anti Defamation League, la principale ong contro il pregiudizio antiebraico, il 19 percento degli americani oggi crede che Wall Street sia controllata dagli ebrei. Nel 2021 l’associazione ha contato oltre 2.700 attacchi antisemiti durante l’anno, più di sette al giorno, un record da quando nel 1979 è iniziato il monitoraggio. Da quando è a Washington, prima Emhoff si è impegnato in diverse occasioni a mostrare le sue origini: ha organizzato un Seder (la cena della Pesach) virtuale, è andato in una scuola a fare il pane azimo con gli studenti e ha visitato il memorial della Shoà a Parigi portando con sé Kamala Harris. Poi ha deciso di far diventare il suo impegno più politico e operativo, e meno cerimoniale. E’ andato a Des Moine, in Iowa, a visitare una rosticceria kosher per parlare con un rabbino di  cosa vuol dire essere “ebrei americani oggi” e nella Sinagoga di Pittsburgh dove nel 2018 sono state uccise undici persone al grido di “Tutti gli ebrei devono morire”. In occasione della festa di Rosh Hashanah, il capodanno, Emhoff ha scritto un articolo su USA Today dove ha ripercorso le proprie origini e sottolineato il suo impegno contro l’odio di matrice antireligiosa in un paese dove il 22 percento degli ebrei dice di aver nascosto almeno una volta la propria identità, non mostrando oggetti o indumenti religiosi per evitare discriminazioni e insulti.


“Prendo molto seriamente questa responsabilità e ho fatto sentire la mia voce e mi sto impegnando più di quanto avrei pensato quando ho assunto questo ruolo”, ha detto in un’intervista Emhoff, spiegando che da quando sua moglie è diventata vice-presidente si è sentito di avere uno scopo nella lotta all’antisemitismo, un ruolo che viene dalle sue origini. È diventato, e viene percepito da diverse associazioni ebraiche, un rappresentante della comunità alla Casa Bianca. Da tempo si chiede a Biden di creare una task-force ufficiale che si concentri sull’antisemitismo nel paese, ed Emhoff potrebbe essere l’uomo giusto a guidarla. Ieri ha riunito diversi leader per aprire una tavola rotonda sul tema, da cui si spera di ottenere qualcosa di efficace per combattere quello che sembra un anacronismo nel 2022, un anacronismo fomentato dalle menzogne cospirazioniste che viaggiano non solo su blog e social, e che vanno da un rinnovato apprezzamento per Hitler agli attacchi a Soros.