il commento
I corrotti sono passibili di arresto, ma i soldi delle autocrazie come il Qatar sono inarrestabili
Un poco di sano moralismo e garantismo con le nostre istituzioni ci sta. A patto di ricordare sempre che la corruzione è inestirpabile. Come difendere la democrazia liberale da nuovi scontri di civiltà
Quando i lobbisti europei esorbitano dal loro specifico professionale, e corrompono funzionari pubblici, sono passibili di arresto, ma i soldi del Qatar e di altre autocrazie tribali del Golfo sono inarrestabili. Hanno petrolio e gas, che generano immense rendite dirette e indirette sul mercato commerciale e finanziario, fonti di energia indispensabili che ci ritroviamo in casa o sul lavoro, per mandare avanti le nostre vite, più o meno senza saperlo. Quei soldi, non sanno letteralmente dove metterli. Rifanno il Louvre tra le dune, rifanno il Ponte di Rialto e la laguna di Venezia, costruiscono stadi di calcio come fossero piramidi egizie, comprano un Leonardo più falso che vero ma comunque attribuito e costoso, progettano città intelligenti lunghe cento chilometri, in un delirio di architettura tecnologica, edificano l’edificabile spingendo in velocità la gara olimpica, citius altius fortius, e il traguardo è l’alto dei cieli, comprano squadre di calcio e calciatori con contratti da favola, inauditi, stimolano in proprio e per altri l’industria del lusso, invadono e occupano mercati pubblicitari e di sponsorizzazione senza riguardi per la concorrenza delle multinazionali più blasonate. Volete che non paghino per farsi una reputazione, per farsi largo, per stupire il mondo con il pane e il circo, come fecero con i cavalli, le spezie e le pelli pregiate e le perle dai dolci colori d’orÏental zaffiro?
La curiosità politica dovrebbe dirigersi prima di tutto in questa direzione. Il confine tra lobbismo e corruzione è labile, se vogliamo, ma esiste. C’è l’aspetto investigativo, giudiziario, legale, tra indizi, flagranze, prove, garanzie per gli accusati. Si aguzza l’interesse più morboso e guardone. Ma è quello minore. Ne facciamo esperienza ampia anche in occidente: se Milano era da bere, perché generava fortune destinate anche a circolare nella politica e danzava in prima linea al gran ballo dell’industria, delle infrastrutture, delle costruzioni, della finanza, Doha e Riad e Dubai sono da tracannare, sono la grande libagione della prima metà del XXI secolo. La questione vera è nel fatto che la ricchezza mediorientale, com’era per le ricchezze orientali nel mondo romano, ci si presenta come una delle armi più potenti in un conflitto difficile da decifrare. In qualche senso molto attuale e cinese, non è altro che la Via della seta, bellezza.
Un poco di sano moralismo & garantismo con le nostre istituzioni, bè, ci sta. A patto di ricordare sempre che la corruzione è inestirpabile, è un dato fisso dell’esperienza umana, e con tutte le sue regole comunitarie, repubblicane, post tribali, lo stato di diritto, il governo della legge, l’occidente ne è altrettanto sia matrice che recipiendario. Aspira alla sua fetta di torta nel mentre grida allo scandalo. A essere veramente onesti, salvo ulteriori accertamenti su quella sommetta in casa sua, siamo tutti un po’ Panzeri, i nostri antenati furono clienti di Pompeo e di Crasso e di Cesare, dei Tolomei e delle ricchezze sfavillanti che pagarono potere e pace sociale in epoca repubblicana e imperiale, altro che “caf”. Ormai è dimostrato per ultratrentennale esperienza italiana che puoi mettere insieme perfino un Di Pietro e un De Cataldo, dato che pare questo il nuovo idolo della giustizia a Bruxelles, una crasi tra le due eminenti personalità della giustizia italiana, ma le inchieste passano, la corruttela resta. In questo aspetto non terroristico, ma altrettanto pericoloso, dello scontro di civiltà, a noi di mantenere integre per quanto possibile tecnica, procedure e sostanza della democrazia liberale. Il Rinascimento arabo e wahabi è un modo un po’ fiorentino, con tanto di chiamata in correità di noi che guardiamo le partite dei Mondiali e dunque entriamo nel loro peculiare mercato panem et circenses, di esigere potere globale. Quello che abbiamo, teniamocelo stretto.