I confini delle lobby
La democrazia è “fottuta” ha detto Michel Claise, il magistrato belga del Qatar gate
Le dichiarazioni sul “denaro sporco” del procuratore che indaga sulla corruzione all'interno delle istituzioni europee. E la necessità di avere regole chiare per chi fa lobby in maniera legittima
Bruxelles. Quando un magistrato definisce la democrazia “fottuta” a causa del denaro sporco che governa il mondo e poi dirige la più grande inchiesta di corruzione che abbia mai toccato il Parlamento europeo, aumenta il rischio che nella pesca a strascico praticata nella zona grigia della lobby legale finiscano anche degli innocenti. Luca Visentini, il segretario generale della Confederazione sindacale internazionale (Ituc), che era stato fermato venerdì nell’ambito dell’inchiesta sul Qatar gate per il sospetto di corruzione, riciclaggio e associazione a delinquere, domenica è stato rimesso in libertà senza che siano state avanzate accuse formali contro di lui. “Sono lieto che l’interrogatorio si sia concluso e di aver potuto rispondere esaurientemente a tutte le domande. Se dovessero essere avanzate ulteriori accuse, attendo con impazienza l’opportunità di confutarle, perché sono innocente”, ha assicurato Visentini in un comunicato pubblicato ieri dalla Ituc. Quanti deputati, funzionari, assistenti parlamentari o responsabili di ong sono finiti nell’indagine per una collaborazione legittima o una vecchia amicizia con i principali sospettati? Il problema con il denaro sporco è che “non si riesce più a sapere chi è cosa”, aveva detto nel marzo del 2020 Michel Claise, il giudice istruttore del tribunale di Bruxelles che conduce l’inchiesta. Il pericolo del suo ragionamento è che i potenziali criminali diventino vittime.
Chi conosce bene Claise lo descrive come un giudice integerrimo, con grandi capacità di indagine e un’attenzione maniacale alla corruzione, ma anche propenso a usare la mano pesante e il metodo del rastrellamento su ampia scala con sospetti e indagati. Grandi banche, squadre di calcio, politici, perfino avvocati sono finiti nelle sue inchieste. Non tutti sono stati condannati. Autore di romanzi, nel marzo del 2020 Claise aveva rilasciato una lunga intervista al quotidiano Le Soir, più sulla sua vita privata che su quella professionale. A un certo punto la conversazione è scivolata sul suo lavoro di giudice istruttore. Claise ha spiegato che la criminalità finanziaria è un fenomeno storico “legata al corpo dell’uomo. Ma ciò che conosciamo oggi (...) è una situazione senza precedenti. Siamo fottuti”. Fottuti? “Assolutamente. La democrazia, il principio democratico, per me è fottuto”, ha risposto Claise. Il mondo è incancrenito dal “denaro sporco. Non si riesce più a sapere chi è cosa”. Ma come si fa a sapere se Visentini, il più importante sindacalista dell’Ue, che conosce da anni Antonio Panzeri e che ha collaborato con la sua ong Fight Impunity, abbia espresso alcuni giudizi positivi sul Qatar e l’abolizione della kafala senza subire influenze esterne?
Claise ha fatto centro con Panzeri, l’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili (destituita ieri), e il suo compagno (ed ex assistente di Panzeri) Francesco Giorgi. Ieri è stata pubblicata la fotografia di oltre un milione e mezzo di euro in contanti sequestrati ai tre. Sarebbero la prova materiale delle tre accuse: corruzione, riciclaggio e associazione a delinquere. Ma una campagna di influenza con email, telefonate o caffè cos’è? Nell’Ue è ciò che fanno legalmente i lobbisti. In un mondo “fottuto” dal denaro sporco il confine di legalità rischia di scomparire.
Nei suoi quindici anni come eurodeputato, Panzeri aveva costruito una rete di amicizie e colleghi. Quando nel 2019 non è stato rieletto, alcuni dei suoi assistenti e collaboratori sono stati assunti da altri deputati, che oggi sono citati nel Qatar gate. Ricevere una telefonata da un ex collega e amico, che chiede di votare su un determinato provvedimento, non è reato. Considerare tutta la zona grigia della lobby legale – contatti, email, pranzi, viaggi, conferenze – come potenziale corruzione o traffico di influenze significa negare ai portatori di interessi legittimi la possibilità di difenderli. Per essere totalmente impermeabili a influenze, i governi e i parlamenti dovrebbero isolarsi dalle realtà economiche o sociali su cui devono legiferare. Perfino da altri governi di paesi amici o avversari.
Molti dei parlamentari presi di mira per le loro posizioni favorevoli al Qatar – come i belgi Marc Tarabella e Maria Arena – alla fine hanno espresso lo stesso giudizio della Commissione: ci sono stati progressi sui diritti dei lavoratori, anche se “la situazione non è perfetta”. “Il Qatar ha fatto progressi considerevoli e tangibili sulla riforma del lavoro”, ha detto il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, il 19 novembre in visita a Doha per l’apertura della Coppa del mondo. Il giorno dopo, incontrando i ministri degli Esteri e del Lavoro, Schinas ha promesso di “continuare a ampliare la nostra relazione su mobilità, competenze, riforme del lavoro, sicurezza e contatti tra persone”. Il 28 aprile era stato Schinas a consegnare nelle mani dell’ambasciatore del Qatar presso l’Ue, Abdulaziz Bin Ahmed al Malki, il parere favorevole sulla liberalizzazione dei visti. “Tutte le mie dichiarazioni pubbliche (...), ogni singola parola, sono pienamente compatibili con la politica della Commissione”, ha spiegato ieri Schinas: “Sulla famosa questione della riforma del lavoro, ho riprodotto non solo la posizione della Commissione ma dell’Organizzazione internazionale del lavoro”.