La caccia alle streghe dei quotidiani italiani sul Qatar gate
Nessuna riforma potrà fermare la tendenza degli organi di informazione italiani a trasformare ogni caso giudiziario in un gigantesco ventilatore da accendere dopo averci infilato il letame dentro
Chissà se il Guardasigilli Carlo Nordio riuscirà nei prossimi mesi a tenere fede alla promessa fatta nei giorni scorsi di porre un freno alla “porcheria” della diffusione “pilotata e arbitraria” delle intercettazioni, e più in generale alla gogna mediatico-giudiziaria. Ciò che è certo è che nessun intervento legislativo potrà fermare la tendenza (diventata normalità dai tempi di Mani pulite) degli organi di informazione italiani a trasformare ogni caso giudiziario in una grande caccia alle streghe, in un gigantesco ventilatore da accendere dopo averci infilato il letame dentro. Lo conferma quanto sta accadendo attorno allo scandalo di corruzione che ha travolto il Parlamento europeo. Il riserbo con cui la procura federale belga sta portando avanti l’inchiesta si scontra con la volontà dei quotidiani italiani di sbattere i colpevoli in prima pagina il prima possibile.
Così, anche se formalmente nell’indagine al momento risultano coinvolti pochi soggetti (fra tutti l’ex vicepresidente dell’Europarlamento, Eva Kaili, l’ex deputato europeo Antonio Panzeri, i famigliari di quest’ultimo, Francesco Giorgi, compagno di Kaili ed ex assistente di Panzeri, e Niccolò Figà-Talamanca, segretario dell’ong No Peace Without Justice fondata da Panzeri), ieri i quotidiani italiani si sono sbizzarriti nel citare i nomi di decine di politici, assistenti parlamentari e alti funzionari di Bruxelles che “potrebbero” essere implicati nello scandalo, seppur – ecco la formula magica – “non essendo ancora indagati”. Sfogliando i giornali di ieri viene fuori un elenco infinito e impietoso. Una vera presa in giro del principio di presunzione di innocenza.
C’è chi ha deciso di mettere in risalto il nome dell’europarlamentare Alessandra Moretti, la cui unica colpa sarebbe quella di aver avuto tra i suoi assistenti Federica Garbagnati, attenzionata dalla procura di Bruxelles (ma non indagata). Il Fatto quotidiano ha persino deciso di dedicarle la prima pagina: “Qatar fregato dagli Emirati. Faro sui viaggi di Moretti”. Lei, furente, ha già annunciato che querelerà chiunque la assocerà allo scandalo.
La girandola di perquisizioni e sequestri nei confronti di vari assistenti parlamentari ha spinto i quotidiani a gettare nel calderone dello scandalo anche gli eurodeputati Pietro Bartolo (ex sindaco di Lampedusa), Andrea Cozzolino, Maria Arena e Lara Comi. Tutti, ovviamente, “non indagati”. Non indagati, ma citati in lungo e in largo, anche Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione europea, Mychelle Rieu, funzionaria al Parlamento europeo della sottocommissione sui diritti umani, Petra Prossliner, altra dirigente.
Viene tirato in ballo persino il “gruppo di amicizia Ue-Qatar”, piattaforma di cui farebbero parte tredici parlamentari. Di questi, tre sono italiani: Fulvio Martusciello, Luisa Regimenti e Dino Giarrusso. Ovviamente “nessuno di loro risulta indagato”. Il gioco più facile viene compiuto dai quotidiani italiani con la pletora di assistenti e collaboratori finiti nel mirino della magistratura. Vengono così citati Giuseppe Meroni, Davide Zoggia, Donatella Rostagno, Gerasimos Katsikogiannis (assistente alla vicepresidente Kaili), e gli assistenti accreditati Víctor Darío Aguilar Méndez, Anastasios Papachristou e Dimitrios Zacharias. “Nessuno di loro – né assistenti né parlamentari – è tra gli indagati”, si specifica al solito. Più che fare cronaca giudiziaria, insomma, i giornali italiani sembrano intenzionati soltanto a riempire le pagine che riguardano il “Qatar gate”, senza tanto badare ai danni che l’esposizione mediatica produce sulla vita delle persone citate.
Per i cronisti giudiziari attivi a Milano si tratta peraltro di una “liberazione”, visto il silenzio che da quelle parti è calato da quando, lo scorso aprile, Marcello Viola è stato nominato nuovo capo della procura meneghina. Da quel momento in poi nessuna fuga di notizie, nessun passaggio di informazioni riservate dalla polizia giudiziaria ai giornalisti è più avvenuto. Non a caso, le uniche intercettazioni dello scandalo finite sui giornali sono quelle contenute negli atti trasmessi alla Corte d’appello di Brescia per chiedere l’esecuzione del mandato d’arresto contro la moglie e la figlia di Panzeri.
“The Italian job”, soprattutto quando si parla di gogna.