Perché Putin annulla tutti gli impegni di fine anno

Micol Flammini

Non è paura di essere contestato, è più la dimostrazione che non gli interessa dare risposte ai russi. I progetti del Cremlino per Natale

Roma. Gli ultimi leader russi prima di Vladimir Putin hanno annunciato il loro ritiro negli ultimi giorni di dicembre. Al presidente dell’Unione sovietica, Michail Gorbaciov, toccò annunciare la dissoluzione dell’Urss il 25 dicembre del 1991 e, di conseguenza, anche la fine del suo mandato. Boris Eltsin, il primo presidente della Russia, apparve in televisione per il discorso di Capodanno del 1999, e disse di essere stanco e di avere deciso di andarsene. Nel frattempo, il giovane Vladimir Putin era a fare una visita a sorpresa alle truppe russe schierate in Cecenia. Dopo l’annuncio di Eltsin, venne nominato  presidente ad interim e, il 25 marzo dell’anno successivo, vinse le elezioni. E’ arrivato un nuovo dicembre, e il fatto che Vladimir Putin abbia cancellato tutta una serie di impegni pubblici, appuntamenti regolari che tiene dal suo primo mandato, ha portato qualcuno a sperare che forse anche lui sia arrivato all’appuntamento con il mese delle dimissioni. 

 

Ieri una fonte ha riferito all’agenzia di stampa Tass che Putin non terrà il suo discorso all’Assemblea nazionale. La defezione, non ancora confermata, si aggiunge a una serie, non breve, di appuntamenti annullati, tra i quali: un incontro con uomini di affari, un ricevimento di Capodanno e, soprattutto, la linea diretta con i cittadini, il grande evento di fine anno inserito nell’agenda presidenziale da Putin in persona. Era stato lui, infatti, ad ammantare il Cremlino di quest’aura di apertura, di disponibilità nei confronti dei cittadini e il teatrino, di anno in anno, si è ripetuto con più o meno successo. Poteva durare ore, con Putin che accoglieva le domande da chi stava in sala, da chi telefonava o da giornalisti che andavano in giro per tutta la Russia a raccogliere lamentele. Era una forma di disponibilità, di farsi vedere attento nei confronti della popolazione che si lamentava di tutto esordendo con: “Vladimir Vladimirovich”.

 

La rinuncia al suo appuntamento con gli ascoltatori-cittadini-elettori è stata ultimamente  interpretata come un segno di debolezza da parte di un presidente che non vuole affrontare le domande, soprattutto sulla guerra contro l’Ucraina, sulla mobilitazione, sulle sanzioni. Come la prova di una grande difficoltà da parte di Putin, che va rifuggendo il suo popolo per non affrontare le contestazioni. In realtà da tempo si dubita del fatto che la linea diretta sia un evento genuino, senza filtri, privo di controllo, come vuole apparire. Anche le lamentele, le scene di pianto e di contestazione,  sempre presenti  per far sembrare l’evento verosimile, in molti hanno pensato che avvenissero sotto la regia del Cremlino. Non ci sono quindi ragioni per le quali Putin debba temere un evento che, come tutti gli anni, potrebbe svolgersi sotto la più stretta sorveglianza e severa regia, tanto più che quest’anno rispetto agli ultimi, soprattutto dopo la pandemia, il presidente russo ha parlato anche più del solito. La ragione dei suoi cambi di programma è più sottile, a meno che non abbiano ragione coloro che sperano nelle dimissioni di dicembre, e ha a che fare con la considerazione che nutre nei confronti del popolo russo. 

 

La linea diretta è un evento escogitato per rendere il presidente più vicino ai suoi cittadini e incrementare quel senso di comunanza tra Putin e la maggioranza russa, tra il presidente cresciuto nella periferia di San Pietroburgo  che si esprimeva senza troppi giri di parole e coloro che si sentivano come lui: Putin è stato un bravo populista, forse il capostipite di quelli contemporanei. Eliminare l’evento dalla sua agenda indica invece un’evoluzione della sua presidenza e della sua mentalità: il capo del Cremlino non è più interessato a un appuntamento con i russi e proprio nell’anno in cui vivono un momento di grande incertezza e vorrebbero sapere cosa devono temere, non vuole neppure usare il suo tempo e quello dei suoi collaboratori ad architettare e sceneggiare il filo diretto. Putin non si presenterà al suo appuntamento con i russi, che si chiedono se invece terrà il discorso di fine anno. Non è paura, è disprezzo. 

 

Ieri il Cremlino ha detto che non ci sarà nessuna pausa dalla guerra in occasione del Natale ortodosso che si celebra il 7 gennaio. Nel suo incontro quotidiano con i giornalisti, il portavoce Dmitri Peskov ha dichiarato che non sono arrivate richieste e proposte da parte di Kyiv e un cessate il fuoco non è all’ordine del giorno. Ha anche parlato della proposta del leader della sedicente Repubblica popolare di Donetsk di estendere gli obiettivi della guerra e annettere anche le oblast di Odessa, a sud, e Chernihiv a nord. Peskov ha detto che dipenderà dalla volontà dei residenti. Il Cremlino potrebbe avere altri piani, indipendentemente dalla loro fattibilità, e poco tempo per i russi. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)