Un'alternativa a Starlink in Ucraina non c'è, ma nel lungo termine non è sostenibile per Musk da solo
Per quanto filantropica, l’operazione dell'azienda che offre servizi di internet satellitare non può essere sostenibile nel medio-lungo periodo. È un’azienda privata che ha investito milioni di dollari per sviluppare un prodotto che in questo momento, in Ucraina, viene “regalato”
Spesso mi chiedono se per gli ucraini attaccati dalla Russia ci sia un’alternativa ai satelliti Starlink, che sono stati decisivi durante la guerra ma che ora sono diventati una questione controversa, non tanto per il loro funzionamento bensì per la querelle permanente che si è aperta tra il governo di Kyiv e il proprietario di Starlink, Elon Musk.
Una vera alternativa a Starlink al momento non c’è. Esistono altre costellazioni per internet satellitare con l’intento di fornire una copertura globale, per esempio HughesNet e ViaSat, ma al momento nessuna raggiunge quella di Musk per estensione e prestazioni. Starlink conta attualmente oltre 3.500 piccoli satelliti già in orbita, posizionandosi quindi come prima compagnia al mondo per estensione della flotta satellitare; inoltre, il sistema garantisce velocità di connessione tra 100 e 200 Megabit per secondo, ben al di sopra di qualsiasi tipo di servizio “standard”, ovvero basato su satelliti geostazionari. Grazie a queste caratteristiche, Starlink è l’unica opzione credibile in grado di garantire connettività su territori remoti, malserviti dalle reti terrestri o inaccessibili, come per esempio, appunto, il suolo ucraino in questi mesi.
Il tema che è interessante sottolineare, però, riguarda il fatto che, anche qualora ci fossero delle valide alternative a Starlink, queste incontrerebbero i medesimi ostacoli riscontrati da Elon Musk – principalmente legati a costi di supporto piuttosto alti nel medio-lungo termine per poter garantire il servizio. Non bisogna infatti dimenticare che, per quanto generoso, l’aiuto del tycoon all’esercito ucraino, fornito su base volontaria e gratuita, non è dovuto ed è, per di più, parecchio costoso: Starlink è un’azienda privata che ha investito milioni di dollari per sviluppare un prodotto che in questo momento, in Ucraina, viene “regalato”. Per rendersi conto di cosa questo voglia dire, consideriamo che a oggi il servizio di base viene venduto dalla compagnia a €50 euro al mese, più €450 euro addizionali una tantum per ogni terminale utilizzato. Finora, Elon Musk ha donato oltre 20 mila terminali alla causa ucraina, sostenendone il servizio per circa undici mesi. A ciò si aggiungono i vari costi per operations e management sia della costellazione sia del bacino di terminali attivi (in aumento) e i costi per la “personalizzazione” del servizio – è evidente che utilizzare Starlink su un campo di guerra è diverso che utilizzarlo sul balcone di casa. E’ stato lo stesso Musk, infatti, a dichiarare che l’operazione da lui intrapresa costerà a Starlink, entro la fine dell’anno, tra 80 e 100 milioni di dollari. Già considerare questo calcolo, per quanto semplice e immediato, dà una dimensione nuova alla discussione.
Senza quindi entrare in considerazioni politico-strategiche, ammetto che non capisco fino in fondo il clima di “lite” che si respira tra Starlink e i vertici ucraini, essendo chiaro a tutti che, per quanto filantropica, l’operazione di Musk non può essere sostenibile nel medio-lungo periodo. Certo è che, ovviamente, le conseguenze di un’eventuale interruzione del rapporto tra i due sarebbe estremamente sfavorevole all’esercito ucraino, il quale al momento è in grado di comunicare e coordinarsi nel conflitto esclusivamente grazie a Starlink. E comunque, se mai avessimo avuto un dubbio sulla importanza dello spazio, questa vicenda ci fornisce la risposta.
Simonetta Di Pippo
ex direttrice dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari dello spazio extra-atmosferico dal 2014 al 2022, oggi dirige lo Space Economy Evolution Lab presso Sda Bocconi
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