questioni tra editori
Bloomberg ha messo nel mirino gli imperi mediatici di Murdoch e Bezos
L’ex sindaco di New York ha i mezzi per prendersi Wsj e Washington Post. A non esserne felice sarebbe Donald Trump. Ma anche il Nyt potrebbe tremare se in competizione con un gruppo troppo grande creato dalla fusione dei giornali
In America li chiamano “mogul”. Sono i grandi magnati dei media che controllano giornali, network tv, studios di Hollywood e quando lasciano filtrare qualche indiscrezione fanno sempre rumore. A New York e a Washington ieri mattina a qualcuno sarà andato di traverso il primo caffè quando alle 7 è arrivata la newsletter di Mike Allen, che da anni – prima a Politico e ora ad Axios – apre le danze della giornata politico-economica americana. Uno scoop che riguarda tre mogul in un colpo solo: Michael Bloomberg ha messo nel mirino gli imperi mediatici di Rupert Murdoch e Jeff Bezos.
Qualcuno ha soffiato ad Allen e a Sara Fischer, l’esperta di media di Axios, la notizia che l’ottantenne Bloomberg è impegnato in uno shopping natalizio che potrebbe cambiare il volto dell’editoria americana. L’ex sindaco miliardario di New York ed ex candidato alla Casa Bianca sembra aver rinunciato definitivamente alle velleità politiche, ma intende rafforzare il controllo sui media che racconteranno – e influenzeranno – la corsa alla presidenza degli Stati Uniti nel 2024.
All’orizzonte si prefigura la nascita di un colosso che potrebbe avere due volti molto diversi, in base a quale sarà l’acquisizione che andrà in porto. La prima ipotesi è che Bloomberg compri dal novantunenne Murdoch tutto il gruppo Dow Jones, trovandosi così a controllare il Wall Street Journal. Ne nascerebbe una realtà di news finanziarie che unirebbe l’agenzia globale fondata da Bloomberg con la maggiore testata economica americana. A tremare in questo caso sarebbe il Financial Times, che si troverebbe a competere con una corazzata di portata planetaria, ramificata dovunque grazie ai 350 mila potenti e insostituibili terminali della Bloomberg e alle banche dati di Dow Jones. Ma sarebbe anche un modo per controllare una fetta importante della comunicazione politica nell’area conservatrice. Il Wall Street Journal ha un peso soprattutto tra i repubblicani e se il controllo passasse da Murdoch a Bloomberg, a non essere felice sarebbe un altro mogul di New York nemico dell’ex sindaco: Donald Trump.
Lo shopping di Bloomberg secondo Axios potrebbe però prendere un’altra strada e puntare al Washington Post, controllato da alcuni anni dal fondatore di Amazon. Le fonti ufficiali in questo caso hanno reagito spiegando che “il Post non è in vendita”, ma non è un segreto che le cose non stiano andando benissimo nel giornale della capitale. Dopo essere stato protagonista di un grande rilancio guidato da Bezos, il Post si appresta a ridurre la redazione e forse anche a vendere due divisioni tecnologiche, Zeus e ArcXP, create per gestire contenuti pubblicitari e sistemi editoriali.
L’espansione del Washington Post è avvenuta soprattutto negli anni della presidenza di Trump, quando il giornale ha scelto di posizionarsi come “difensore della democrazia” ritenuta minacciata dall’ex presidente. Adesso gli abbonamenti sono in calo e la raccolta pubblicitaria fatica a tenere in piedi il gruppo. L’eventuale fusione con Bloomberg spaventerebbe in questo caso il New York Times, che si troverebbe a competere con un gruppo molto forte sia sull’economia, sia sulla politica.
Murdoch e Bezos faranno sapere cosa pensano di questa offensiva di Bloomberg, che controlla un gruppo che in teoria potrebbe comprare entrambe le testate, il Journal e il Post. Per dare un’idea delle cifre in ballo, il fondatore di Amazon nel 2013 acquistò il celebre quotidiano del caso Watergate per 250 milioni di dollari e Bloomberg ha a disposizione una società che vale 7,7 miliardi.
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