Perché la Moldavia teme un'invasione russa
Mosca ha due armi per fare pressione: l'energia e una rete di politici pronti a destabilizzare
«La domanda non è più se la Russia tenterà o meno un’invasione in Moldavia, ma quando lo farà» ha dichiarato lo scorso 19 dicembre il capo dell’intelligence di Chișinău Alexandru Musteata. In caso di attacco, i russi potrebbero usare gli armamenti conservati a Cobasna, il più grande deposito di munizioni d’Europa situato nell’enclave filorussa in Transnistria, e dunque già controllato dai soldati di Mosca. Le parole di Musteata fanno eco a quelle del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, per cui la Russia starebbe organizzando una nuova offensiva su larga ad inizio del prossimo anno.
I destini di Moldavia e Ucraina si sono intrecciati con l’arrivo dell’inverno: in due occasioni resti di missili sono caduti sul territorio moldavo a seguito dei bombardamenti russi contro le infrastrutture energetiche di Kyiv, i quali a loro volta hanno costretto la piccola repubblica a forti razionamenti e massicce interruzioni sul modello ucraino. Da una parte la Russia impedisce l’approvvigionamento dall’Ucraina, da cui la Moldavia dipende per il 30 per cento delle importazioni di elettricità, dall’altra ha tagliato bruscamente sia l’afflusso di gas sia la produzione nella centrale del Dniester, controllata dalle autorità della Transnistria e de facto da Mosca. Si tratta di un pericoloso ricatto energetico al paese, che lo scorso 23 giugno ha ricevuto lo status di candidato all’Unione europea, nel tentativo di aumentare i problemi della popolazione e delegittimare l’attuale governo filoccidentale. «L’obiettivo è chiaro: influenzare le nostre scelte geopolitiche» ha detto il vice primo ministro Andrei Spinu, anticipando a DW la volontà del governo di fare causa a Gazprom per violazione dei contratti sottoscritti con Moldovagaz, dopo gli improvvisi tagli alle forniture in autunno. Già un anno fa c'erano state tensioni tra la Moldavia e Gazprom: la Transnistria stava ritardando di proposito i pagamenti a Moldavagaz e Gazprom aveva poi richiesto pagamenti anticipati, aumentando ulteriormente la pressione sull’esecutivo e costringendo Chișinău al primo stato di emergenza sulla questione energetica. In un anno, i prezzi di elettricità e gas sono aumentati rispettivamente di quattro e sette volte. La presidente Maia Sandu, in un’intervista alla Cnn, ha definito le strategie russe verso il suo paese come “hybrid warfare”.
Per ottenere vantaggi politici dalle sue pressioni, Mosca può contare su un’ampia rete locale di politici: dopo gli scandali di corruzione dell'ex presidente filorusso Dodon e dei socialisti, il nome nuovo è Ilan Shor, fondatore dell’omonimo partito populista e voce grossa delle proteste partite a settembre contro il caro bollette. Il 35enne di origini israeliane, chiamato “il giovane” dai servizi segreti russi, è il fulcro del progetto orchestrato dall'Fsb per destabilizzare la politica moldava dall’interno: una crisi energetica autoprodotta è ora resa funzionale a indirizzare il malcontento popolare. Sui social, Shor esorta i moldavi a scendere in strada quotidianamente per protestare contro “l’incompetenza del governo” e richiedere nuove elezioni. Lo fa in esilio da Israele, poiché in Moldavia pende su di lui un mandato di cattura per aver sottratto illegalmente un miliardo di dollari dal sistema bancario nel 2017. Lo scorso ottobre, uomini del suo partito sono stati trovati in possesso di diversi sacchi neri: all’interno, c’erano 3,5 milioni di leu da distribuire ai manifestanti per gonfiare le dimensioni delle proteste antigovernative, fino ad allora costanti ma piccole in numero.