La paziente presidenza ceca è il nostro “Europeo dell'anno”
Ha negoziato sulla crisi energetica e il price cap, ha ottenuto molti accordi e ha stanato il premier ungherese Orbán
Bruxelles. L’accordo sul price cap sul gas del 19 dicembre, dopo un negoziato che sembrava impossibile da sbrogliare, con Germania, Paesi Bassi e la Commissione di Ursula von der Leyen che remavano contro, è stato abilmente trovato dalla presidenza della Repubblica ceca del Consiglio dell’Unione europea. Nei suoi sei mesi di mandato, la presidenza ceca ha ottenuto una serie impressionante di intese tra i governi e con il Parlamento europeo. La crisi energetica? Sono stati approvati gli obblighi di stoccaggio, la riduzione della domanda di gas, il prelievo sulle tecnologie inframarginali, la tassa di solidarietà sugli idrocarburi, la condivisione del gas obbligatoria in caso di penuria, la facilitazione dei permessi per le rinnovabili. “Facile”, dirà qualcuno: la base giuridica scelta dalla Commissione per la crisi energetica ha permesso l’adozione rapida di misure emergenziali senza coinvolgere il Parlamento europeo. In realtà, non è stato per nulla facile, come dimostra la trattativa sul Meccanismo di correzione del mercato: ogni paese ha interessi diversi e l’energia tocca direttamente il portafoglio dei cittadini, il benessere delle famiglie, la capacità di produzione delle imprese e i bilanci nazionali. In ogni caso, anche sui grandi temi della legislatura, come il Green deal, la presidenza ceca ha portato a casa una marea di successi. Un esempio è il pacchetto Fit for 55. Sono stati approvati il nuovo sistema Ets, il nuovo fondo sociale climatico, le nuove regole per le emissioni degli aerei, la fine del motore a combustione, le misure contro la deforestazione, e altro ancora.
La presidenza ceca dell’Ue ha mostrato anche volontà e abilità rare nel tenere testa a Viktor Orbán. Il premier ungherese aveva preso in ostaggio l’Ue, mettendo il veto sul piano di aiuti finanziari da 18 miliardi di euro per l’Ucraina nel 2023 e sulla tassazione minima delle multinazionali. Il suo obiettivo era vedersi sbloccare i fondi dell’Ue del Recovery fund e quelli minacciati dal meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. La presidenza ceca ha scelto di stanare Orbán, impacchettando i quattro provvedimenti in un unico voto al Consiglio. Se Orbán non avesse rinunciato ai suoi due veti, l’Ungheria avrebbe perso definitivamente 4 miliardi di fondi del Recovery fund. Alla fine il premier ungherese ha ceduto. L’Ue ha vinto con il via libera ai 18 miliardi per l’Ucraina e la direttiva sulla tassazione minima delle multinazionali.
Per questo la presidenza ceca del Consiglio dell’Ue è il nostro “Europeo dell’anno”. Ma c’è un volto o un nome? Ne vogliamo omaggiare due. Il primo è quello di Jaroslav Zajícek, l’ambasciatore aggiunto della Repubblica ceca che ha presieduto per sei mesi il Coreper I. Dentro il Consiglio dell’Ue, a parte le formazioni ministeriali, il Coreper II è l’organismo politico più importante, da dove transitano i dossier più sensibili. Il Coreper I, invece, è quello tecnico, che si occupa di temi che spesso non arrivano sulle prime pagine dei giornali: agricoltura, pesca, competitività, istruzione, occupazione, ambiente ed energia. Con il Green deal e la guerra alla Russia, i due ultimi settori sono diventati molto politici ed estremamente complicati. L’ambasciatore Zajícek ha condotto le trattative tra i governi e con il Parlamento europeo sui molti provvedimenti che riguardano ambiente ed energia. Centinaia di riunioni, trattative, briefing con i giornalisti: Zajícek ha affrontato la sfida con ironia e determinazione. Alla fine del semestre, lo si è visto con gli occhi sempre più piccoli per le intese raggiunte all’alba con il Parlamento europeo e le riunioni all’alba con gli altri ambasciatori.
L’altro nome a cui vogliamo simbolicamente consegnare il riconoscimento di “Europeo dell’anno” è quello del ministro dell’Industria della Repubblica ceca, Jozef Síkela. Lo aveva detto all’inizio: “Convocherò tutti i consigli Energia straordinari che saranno necessari” per affrontare la crisi. E lo ha fatto. Fino a convincere Germania e Paesi Bassi a non opporsi al price cap. Síkela ha dovuto anche presiedere i consigli Commercio e quelli Competitività dedicati all’Inflation reduction act dell’Amministrazione Biden, altro tema diventato molto delicato per l’Ue in questa fine del 2022. Determinazione, capacità di compromesso, instancabile negoziatore, senso dell’umorismo: all’ultima conferenza stampa dell’ultimo consiglio Energia, Síkela si è presentato con una felpa bianca che è già entrata nella storia dell’Ue. “Convocheremo tanti consigli Energia quanti sono necessari” è diventato sinonimo di “whatever it takes”. La felpa è stata prodotta in edizione limitata e regalata a tutti i ministri dell’Energia.