Sandringham House
Parenti (Windsor) serpenti: le feste della casa reale inglese
La monarchia si ritrova assieme per Natale a pesarsi come le oche e a trovare gli equilibri post Elisabetta. I pettegolezzi sessuali su William e Kate, i due martiri d’America e la stufa che re Carlo non accenderà mai
L’inferno sono gli altri ma non altri a caso. Altri qualificati. Parenti, la famiglia. La famiglia andrebbe presa un poco alla volta, non così, tutti insieme e tutta insieme fino al tre gennaio. E’ la dose che fa il veleno. Natale rivela i caratteri, anzi, li trasforma. Siete davanti a un tavolo come venti, trent’anni fa. Sotto la sedia, le sabbie mobili. Si fa finta che il tempo non sia passato, ti imponi un sorriso di legno e le migliori intenzioni ma il fanciullino dopo un po’ perde i pezzi e la pazienza.
Unico sedativo: il cibo. Ci abbuffiamo di fritti e panettoni per dimenticare. Non è grasso, quello di gennaio, quando ci si pesa. E’ stata autodifesa. Intanto sopra le mensole le vecchie foto ci guardano. Loro non invecchiano, noi sì. Malumore. Si conferma l’utilità del passato: nessuna – l’unica cosa buona del passato è che è passato. Il passato è fatto per scappare ma non sempre si riesce, e così, non si sa per quale maleficio, da un certo punto in poi ognuno torna a dare il peggio di sé. Il bambinello nella culla non ci può fare niente. Monicelli aveva avvertito con Parenti Serpenti: finisce sempre male.
La fatica delle feste dipende pure dall’estrazione sociale. E’ il momento ideale per non essere nobili, questo. Alla bassissima borghesia (noi) è richiesto un impegno moderato per sopravvivere, scarsi livelli di cortesia sono sufficienti. Ipocrisie a basso voltaggio. Il cavatappi a forma di delfino, le vongole con la sabbia, lo zio sordo. Quattro paternostri di: “Non torni mai al paese tuo” e venti ave marie di “sai chi altro è morto a novembre, hai telefonato per le condoglianze? Perché non vai a salutarli?”. E così torni in città a lavorare giurando su tutti i santi “non mi lamenterò mai più”. Nessuno se la passa meglio, in queste due settimane. Specialmente i figli del re d’Inghilterra.
La famiglia reale
Il protocollo vuole che la famiglia sia radunata a Sandringham House, nell’umido delle campagne dell’est, in mezzo al nulla. La tradizione prevede che una volta a Sandringham, il parentado sia invitato a una festa formale la sera della vigilia (cravatta nera), dove vengono serviti cocktail e sidro. E mentre fuori piove ci si prende a maleparole di nascosto.
Segue la messa del giorno di Natale. Ci si deve andare per forza. Tutti uniti, come alla messa di mezzanotte, si partecipa al servizio mattutino alla chiesa St. Mary Magdalene.
Segue messaggio (registrato) del sovrano in carica alle tre del pomeriggio.
Si è mai sentito qualcuno, di quella famiglia, riuscito a salvarsi? Forse hanno speranza i due giovani eredi prossimi della congrega Windsor, William e Catherine. Scrive Tina Brown in The Palace Papers: “William e Kate hanno trasformato l’evasione dal protocollo in un’arte raffinata. Il rischio annuale era l’allegro purgatorio del Natale come ospiti della regina a Sandringham. Il programma includeva la festa della vigilia di Natale con l’apertura dei regali. Come sa chiunque abbia visto il film Spencer, c’è una tradizione per cui i membri della famiglia vengono pesati come oche francesi, prima all’arrivo e poi alla partenza, per registrare con precisione con quanto entusiasmo hanno partecipato alla festa dell’ostruzione delle arterie”. Pensate a quella poveracrista di Diana coi disturbi alimentari: arrivava, si doveva pesare e non poteva uscire fino a capodanno, nell’odio generale e col marito sempre al telefono con l’amante.
“I Cambridge hanno imparato come accollarsi solo le parti essenziali delle festività come il servizio in chiesa e il pranzo del giorno di Natale (fortunatamente breve perché deve essere concluso in tempo per il discorso preregistrato alle tre del pomeriggio), per poi tornare indietro nel ventunesimo secolo – scrive Tina Brown – Ad Anmer Hall, dove fanno quello che fanno tutte le altre famiglie inglesi durante le feste: aprono i regali e guardano la televisione”.
Will e Kate, e quest’anno è risultato chiarissimo, si sono specializzati. Sono un paio di faine. Due esperti traffichini, due personaggi dei Vanzina. E quest’anno c’è stata più di un’epifania, per gli osservatori attenti.
Cos’è successo. A luglio quel sito americano accreditato di dicerie fognarie che poi si rivelano pettegolezzi verificati (Deuxmoi) aveva pubblicato una storia che diceva più o meno così: a uno dei reali inglesi più in vista (principe William) garberebbe parecchio la tal pratica sessuale (pegging). La moglie, non troppo incline a queste porcherie, nicchierebbe parecchio. Ma con aperture. Sia consentito al principe di sfrenesiare, riportano. Che il principe si diverta pure altrove. Kate è una Madame Bovary al contrario, vedete l’uso di mondo come si manifesta con accuratezza splendida, sopra un certo reddito. Così Middleton avrebbe detto (sintetizzo): “Fai quello che vuoi, basta che non si sappia niente e torni a casa la sera”. Pure Londra è paese: è la storica pratica della comare, l’amante accreditata del rione. Quella che tutti lo sanno, compresa la moglie.
Non si fa fatica a crederci, francamente. O almeno io ho deciso che è vero. Dalla Middleton t’aspetti questa e altre prove di carattere.
Catherine, agguantato il titolo di principessa di Galles, sta passando la vita a non dare segni d’insofferenza. L’avete vista a Natale. S’è messa addosso quell’abituccio stenterello in lamé rosso. Ormai prosciugata, ogni anno si presenta al pubblico con una taglia in meno. Tutta quella palestra sarà un grido d’aiuto? Intanto pesantissime mani di botox stanno tamponando quella faccetta smunta sotto i cappellini. Deve ridere poco, perché ormai quando ci prova le è venuto l’inconfondibile ghigno tirato.
Ah quant’è brava, ah quant’è devota. Anche quest’anno ci siamo spaccati la schiena, quando provavamo a scrivere di Kate. E’ la più silenziosa, la più bella, la più capace. Chiunque provi ad avere mezza opinione diversa è ostaggio del nulla, le parole non funzionano. L’unica freccia avvelenata che si ricordi è un articolo su Tatler, che in sintesi scrive: una infaticabile impresaria di se stessa, controllata fino allo stremo, famiglia arrivista, ambizioni e indecifrabilità. “‘Proprio non si riesce a capire chi sia’”. Racconta un membro del gruppo più giovane dei reali: ‘Ho passato parecchio tempo con Kate ed è impenetrabile. Non c’è niente di lei che possa piacere o non piacere’. Eppure, continua la fonte, è spietatamente infallibile, proprio come tutti i Windsor. E’ per questo che è adatta. Penso che tenga la testa bassa perché la ricompensa – poter essere regina – è notevole”.
L’anno scorso aveva perfino fatto un’esibizione vanesia da suonatrice al concerto di Natale (anche di Diana si trova qualche video in cui suona il pianoforte). Pensate a quale dev’essere il livello di disperazione di un’adulta di quarant’anni che si mette a prendere lezioni di solfeggio. I giornali si erano affrettati a titolare che Kate è pianista da sempre. Impressive piano performance. Vai a vedere le fonti, cioè il video della sonata, per conferma, e la trovi alle prese con una musichetta di accompagnamento eseguita coi soli tasti bianchi, senza diesis e bemolle, il livello di difficoltà per intenderci è per un bambino di quinta elementare alla settima lezione col maestro privato.
Ma non si può essere cattivi con Kate, pure la stampa s’è ormai fatta di regime. Kate è Kate, ogni cosa che fa è superlativa, fosse pure solo dimagrire. S’è messa in attesa sul pendolo che oscilla tra la regina e Diana: fatti fuori Carlo e Camilla, l’utile interim per far scordare Elisabetta buonanima, poi tocca a lei.
Harry e Meghan
Autoproclamati depressi da ormai due anni, fanno capolino (se pagati) dall’America più o meno una volta al mese con qualche intervista afflitta o con qualche libro in uscita. Tutto in forma di recriminazione o piagnisteo. Non hanno più vita propria fuori dalla tragedia, non è ammessa spensieratezza, manco un quarto d’ora.
Nelle ultime settimane noi pubblico bue ci siamo sorbiti pure la serie tivù. L’abbiamo guardata per devozione, come il capitone alla cena di Natale. Anche solo per dire che fa schifo, che lo comprate a fare. E poi lo compriamo sempre. Abbiamo resistito per tre puntate, prima di darci per vinti, perché a tutto c’è un limite, pure le comari (noi) nel loro piccolo s’incazzano, se l’intrattenimento di portineria non è di qualità.
Non sapresti raccontarlo, il documentario. Una serie di scene oleografiche senza collegamento. Harry e Meghan camminano sulla spiaggia. Harry e Meghan partono per il Botswana per conoscersi meglio. Harry e Meghan in tenda nel remake della Mia Africa. Harry e Meghan si innamorano durante il safari con gli elefanti. Harry e Meghan vanno alla conquista di Londra. Harry e Meghan non conquistano niente. Harry e Meghan in Range Rover si lamentano dei fotografi. Harry e Meghan alla volta dell’America.
Da qui in poi ci sono un po’ di scene da solisti. Harry sull’altalena. Meghan zappa la terra e dà il granone alle galline.
Parlano i loro amici, gli aiutanti, la mamma di Meghan.
Tutti cercano di farci capire, specie Harry e Meghan, che loro sono perfetti. Non sbagliano mai. Sono i buoni. Meghan sempre vestita di chiaro o in jeans e scalza e nei prati, perlopiù abbinata all’arredamento crema. Harry perennemente triste, tristissimo. Insiste sulla salute mentale, qualunque cosa significhi. E’ importante, la salute mentale. I greatest hits sono sempre gli stessi, cioè uno solo. Diana. Diana è il certificato di autenticità che loro due non sono una patacca. Diana è il settebello dell’accredito per la fuga, il precedente che impone di salvarsi. Salvarsi da cosa non si capisce, visto che Harry e Meghan avrebbero inaugurato scuole elementari e consegnato decorazioni ai militari un paio di volte al mese. Quando mai glien’è fregato qualcosa a qualcuno della seconda linea di successione inglese?
La parte più significativa del documentario è nella scena della consapevolezza: i due si stanno accorgendo (?) che passeranno per sempre la vita sotto i riflettori. A un certo punto sono nella macchina con autista che parlano (ancora) delle loro disgrazie. Fuori ci sono i fotografi che cercano lo scatto. Meghan fa la faccia da serie tv quando le cose si mettono male e si rivolge alla telecamera dicendo: ma io volevo tutto questo? Lo volevi, lo volevi.
Il salto dello squalo della serie sono i due miliardari che fanno meditazione sul divano bianco. Chissà che avranno da meditare. Lo spettatore spegne il televisore, la misura è colma.
Pare non sia finita. Si prepara una nuova serie tv prodotta dai Sussex. Sette storie di sette leader sui “princìpi fondamentali, la disciplina che i leader impiegano per motivare gli altri e creare cambiamenti significativi”. Sono i produttori esecutivi insieme alla Nelson Mandela Foundation. Il regista della serie, Geoff Blackwell, dice che intende “onorare i valori di Mandela facendo emergere le storie dei leader che si distinguono per il loro coraggio morale, la convinzione dei loro ideali e il loro altruismo”.
L’equivoco è catastrofico. Questi due insistono nella parte dei martiri della famiglia, ma lo avranno capito che il pubblico li ama perché sono due stronzi?
Carlo e Camilla
Il biglietto da visita dei nuovi monarchi è stato al di sopra delle attese, poco dopo i funerali di Elisabetta: lui che imprecava perché gli era scoppiata la penna in mano e lei che rideva sottecchi nell’imbarazzo dei presenti. Non era impreparazione, è che l’hanno capito. Che siamo al fine corsa del millenario casato e ormai arrivati da quest’altra parte della storia, quando i capitoli si scrivono senza i Churchill e le decisioni sono quelle delle banche centrali. Mentre nessuno se l’aspetta, tireranno il sipario. Carlo e Camilla sono Saverio e Trieste, solo che di quella famigliaccia hanno capito già tutto. La stufa a gas non l’accenderanno mai, e camperanno cent’anni.