pausa sul fronte

Cosa cerca la Russia con il cessate il fuoco di Natale

Micol Flammini

Putin ha ordinato una tregua di trentasei ore e l'Ucraina ha definito l'annuncio "ipocrisia". Che il Cremlino cerchi ossigeno per i soldati o giustificazioni ideologiche, Kyiv teme la trappola. La staffetta con Kirill 

Da un lato, Vladimir Putin non avrebbe potuto farla passare come una sua idea, sarebbe stato segno di debolezza. Dall’altro non avrebbe potuto mostrare di essere pronto a dar retta a chiunque, avrebbe mostrato docilità. Il presidente russo ha ordinato per la prima volta dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina un cessate il fuoco per il Natale ortodosso. L’annuncio del presidente russo è stato preceduto dalla richiesta del patriarca di Mosca Kirill pubblicata dall’agenzia Tass e diretta a “tutte le parti coinvolte nel conflitto” per “stabilire una tregua natalizia”. Nel comunicato del Cremlino si legge: “Tenendo conto dell’appello di Sua Santità il Patriarca Kirill, incarico il Ministro della Difesa della Federazione Russa di introdurre un cessate il fuoco dalle 12:00 del 6 gennaio  fino alle 24:00 del 7  lungo l’intera linea di contatto”. Il legame tra il presidente e il patriarca è forte, Kirill ha contribuito a rafforzare il potere di Putin e  il patriarca ha anche benedetto  la guerra, iniziata contro i suoi stessi fedeli. In Ucraina sono numerosi  gli ortodossi che fanno riferimento al patriarcato di Mosca e che hanno  chiesto  a Putin di porre fine alla guerra e  a Kirill di smettere di appoggiarla. 

 

Il fastidio nei confronti del patriarcato di Mosca è in crescita in Ucraina e la Chiesa ortodossa russa si ritroverebbe molto più povera qualora i fedeli di Kyiv decidessero di sfilarsi. L’annuncio di Putin è rivolto anche a loro e nasce dalla volontà di legittimare la sua guerra come una questione di valori, come una lotta giusta della Russia contro “l’ideologia nazista” dell’Ucraina: per questo ha fatto in modo che il consiglio  gli giungesse  dall’autorità spirituale di Mosca. La notte di Capodanno, inoltre, mentre il presidente rivolgeva ai russi il suo discorso di fine anno, l’esercito russo ha subìto a Makiivka uno degli attacchi più pesanti dall’inizio della guerra, quando  durante un bombardamento ucraino sono morti  centinaia di uomini arrivati da poco al fronte. Ricevere un colpo così anche durante le celebrazioni del Natale sarebbe ancora più eclatante. Il gesto del presidente russo è teatrale e la staffetta di annunci con Kirill sembra una messa in scena, che gli ucraini temono possa nascondere una trappola: Putin potrebbe non rispettare il cessate il fuoco oppure usarlo a suo favore.

 

Il governo di Kyiv ha definito l’annuncio un’ipocrisia, e ha rigettato l’offerta. Mykhailo Podolyak, stretto consigliere del presidente Zelensky ha ricordato che “la Chiesa ortodossa russa ha chiesto il genocidio degli ucraini, ha incoraggiato l’omicidio di massa e insiste su una militarizzazione ancora maggiore della Russia. Pertanto, la dichiarazione sulla ‘tregua di Natale’ è una trappola cinica e un elemento di propaganda”.  Mercoledì Putin ha parlato con il presidente turco Erdogan, sempre convinto di poter portare il capo del Cremlino e Zelensky al tavolo dei negoziati. Putin ha detto di essere aperto al dialogo, ma alle sue condizioni, vuole il riconoscimento delle aree occupate, che Kyiv non può accettare e dopo aver capito di poter ancora riconquistare territorio non ha neppure motivo di farlo. La trappola, che sia militare per riorganizzarsi ed evitare attacchi  o ideologica per rafforzare la visione manichea del conflitto, c’è, ma non bastano trentasei ore di tregua per dare sollievo all’esercito di Mosca. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)