il bastone svedese
La presidenza svedese dell'Ue ha un piano per allentare la pressione migratoria, ma non piace a tutti
In attesa di un accordo sul nuovo Patto su migrazione e asilo che potrebbe arrivare nella prima metà del 2024, ecco gli “incentivi negativi” che l’Unione europea può usare sono gli accordi commerciali e sui visti
Bruxelles. La presidenza svedese dell’Unione europea intende proporre alla Commissione e agli altri stati membri di usare il “bastone” con i paesi di origine e transito per allentare la pressione migratoria sull’Europa, in attesa di un accordo sul nuovo Patto su migrazione e asilo che potrebbe arrivare nella prima metà del 2024. Come? Utilizzando le preferenze commerciali e i visti come strumenti per sanzionare quei paesi che non collaborano con l’Ue su rimpatri, riammissioni e lotta ai trafficanti. Il progetto di utilizzare “carota e bastone” nella dimensione esterna della politica migratoria è parte del piano di lavoro sulla migrazione che la Svezia presenterà nei prossimi giorni agli ambasciatori dei ventisette. Il governo di Stoccolma ne parlerà anche alla Commissione di Ursula von der Leyen durante gli incontri di giovedì e venerdì a Kiruna con il collegio dei commissari, in occasione del lancio della presidenza svedese. “La Commissione presenterà alcune idee prima della fine del mese”, ha detto ieri l’ambasciatore svedese presso l’Ue, Lars Danielsson. Il tema sarà al centro del Consiglio europeo informale del 9 e 10 febbraio. Le discussioni “non saranno facili”. Ma la speranza della Svezia è di ottenere “sostegno politico per questo approccio al Consiglio europeo”, ha spiegato Danielsson.
Il piano di lavoro sulla migrazione della presidenza svedese dell’Ue è diviso in due parti.
La prima riguarda la “dimensione interna”, cioè i negoziati sul Patto su migrazione e asilo. “Continueremo a lavorare”, ha assicurato l’ambasciatore Danielsson: “L’obiettivo è di arrivare a un accordo tra un anno durante la presidenza belga”. Malgrado le elezioni europee il prossimo anno, la Svezia ritiene che ci sia tempo “fino al primo trimestre del 2024”. Danielsson ha riconosciuto che il nuovo Patto è “una questione politicamente molto difficile”. Tuttavia la Svezia ritiene che ci sia “una finestra di opportunità” per far avanzare i negoziati, perché la discussione tra i paesi del sud, che sono in prima linea, e quelli del nord, che subiscono i movimenti secondari, “non è tossica come in passato”. La presidenza svedese non vuole “prendere iniziative autonome” per proporre nuovi meccanismi temporanei di “relocation” dei richiedenti asilo, dopo la dichiarazione di solidarietà adottata a giugno del 2022 che prevede il ricollocamento di ottomila migranti in tredici stati membri. “Non intendiamo prendere iniziative in questa direzione” perché intese provvisorie rischiano di far perdere slancio ai negoziati sul Patto, ma “se ci sarà un mandato dal Consiglio europeo lo faremo”, ha detto Danielsson.
La seconda parte del piano della presidenza svedese riguarda la “dimensione esterna” delle politiche migratorie. I tentativi di convincere i paesi di origine e transito a collaborare con l’Ue su rimpatri e riammissione non sono nuovi. Gli stati membri, la Commissione e il Consiglio europeo in passato hanno lanciato o approvato diversi progetti: il Piano d’azione della Valletta nel 2015, il Migration compact di Matteo Renzi nel 2016, il Trust fund per l’Africa di Federica Mogherini nel 2017 e così via fino al Piano Mattei per l’Africa chiesto da Giorgia Meloni. Su insistenza del governo di Mario Draghi, la Commissione recentemente ha lanciato due iniziative per collaborare con i paesi di origine e transito sulla rotta del Mediterraneo centrale e su quella del Mediterraneo occidentale. Ai primi sono stati destinati 1,13 miliardi di euro, ai secondi 908 milioni. La partnership dovrebbe fondarsi su uno scambio. Più i paesi terzi collaborano per prevenire le partenze, più saranno facilitati gli ingressi legali. L’Ue finanzierà programmi di protezione per migranti vulnerabili e richiedenti asilo in loco, ma i paesi di origine e transito dovranno accettare rimpatri e riammissioni. Per la Svezia questi “incentivi positivi” non sono sufficienti. “Dobbiamo usare sia la carota sia il bastone”, ha detto l’ambasciatore Danielsson. Gli “incentivi negativi” che l’Ue può usare sono gli accordi di facilitazione sui visti e le facilitazioni commerciali per i paesi a basso e medio reddito (il regolamento sul sistema di preferenze generalizzate). I paesi di origine e transito che non collaborano con l’Ue sulle politiche migratorie verrebbero sanzionati con l’imposizione di condizioni più strette per concedere visti ai loro cittadini e la reintroduzione di dazi doganali che erano stati tolti per favorire lo sviluppo economico. Il piano della Svezia è destinato a incontrare una forte resistenza. La Commissione finora è rimasta prudente sull’ipotesi di usare il “bastone”. Il Parlamento europeo è risolutamente contrario.
L'editoriale dell'elefantino