in salvo i vertici

Il Cremlino si affida a Gerasimov (sempre lui)

Micol Flammini

Il comando russo si riorganizza e cerca unità mettendo la guerra nelle mani del capo di stato maggiore, molto contestato

Mosca cerca la svolta sul campo di battaglia in Ucraina, le voci di una  nuova ondata di mobilitazione  aumentano e il Cremlino punta sul numero delle truppe al fronte e  su una nuova gerarchia  nelle mani del  punto di riferimento delle ultime guerre di Putin. Il comando delle forze congiunte in Ucraina, quindi dell’intera “operazione militare speciale”, è stato affidato al capo di stato maggiore, Valeri Gerasimov. Il segnale è forte, Sergei Surovikin, nominato  in ottobre, sarà il suo vice. Surovikin aveva portato la strategia dei bombardamenti a tappeto e lo accompagnava la fama di efferatezza già mostrata in Siria, mentre Gerasimov per Mosca è sinonimo di efficienza e coordinamento  con il Cremlino e  con il ministero della Difesa.  Piace alle istituzioni ma non alle formazioni paramilitari come la Wagner: non a Evgeni Prigozhin, capo dei mercenari, pronto a intestarsi la battaglia per Bakhmut.  

 

Il generale Gerasimov è stato tra gli artefici dell’invasione dell’Ucraina, i falchissimi che contestano la strategia della guerra chiedevano ormai da mesi la sua rimozione a favore di una nuova leadership. Alla ricerca di capri espiatori a cui addossare i fallimenti della guerra, il nome di Gerasimov era tra i primi a uscire, assieme a quello del ministro della Difesa Sergei Shoigu. 

 

Già la nomina di Surovikin nasceva dalla necessità di rendere più compatta la gerarchia militare, di riordinare la struttura sconnessa dell’esercito. Il generale, oltre a mettere il suo marchio sui bombardamenti contro le infrastrutture strategiche dell’Ucraina, aveva organizzato una ritirata ordinata dalla città di Kherson, riorganizzando le truppe a est. La nomina di Gerasimov va in quella direzione, dare più coordinamento, mettere la guerra nelle mani di chi sapeva tutto dall’inizio e che sarebbe anche stato ferito durante un bombardamento ucraino. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)