l'analisi
Qatar gate, la democrazia “fottuta” secondo il giudice Claise e il mandato d'arresto facile
Nella panoramica del tentativo di influenzare i voti e le decisioni del Parlamento europeo da parte dei due paesi coinvolti c’è un’Europa corrotta, tutta quanta. Ma è davvero così? No. “La rete molto larga” del magistrato “sceriffo”
Poco più di un mese dopo l’inizio del Qatar gate, l’inchiesta guidata dal giudice belga, Michel Claise, non ha finito di provocare scossoni dentro il Parlamento europeo. Lunedì 16 gennaio, la sua presidente, Roberta Metsola, annuncerà in plenaria la richiesta di togliere l’immunità ad altri due eurodeputati socialisti, l’italiano Andrea Cozzolino e il belga Marc Tarabella. Nel frattempo Pier Antonio Panzeri, Eva Kaili, Francesco Giorgi e Niccolò Figà Talamanca – i quattro protagonisti iniziali dello scandalo, che erano stati fermati il 9 dicembre 2022 – rimangono dietro le sbarre.
L’accusa è corruzione, associazione a delinquere e riciclaggio di denaro. Tutti hanno visto le fotografie di valigie e borse piene di contanti: tra le abitazioni di Panzeri e Giorgi e il trolley del padre di Kaili, sono stati trovati più di un milione e mezzo di euro. I giornali di tutto il mondo hanno raccontato delle perquisizioni di uffici di assistenti e funzionari parlamentari, con computer messi sotto sequestro e porte sigillate a Bruxelles e Strasburgo. A dicembre Kaili è stata speditamente destituita dal suo incarico di vicepresidente del Parlamento europeo con una procedura prevista dal regolamento per i deputati che sono ritenuti “colpevoli di colpa grave”.
Giovedì scorso Metsola ha avviato una serie di riforme interne per rendere il Parlamento europeo a prova di corruzione. Si è diffuso un senso di colpa collettivo, non solo nei corridoi del Parlamento europeo dove è caduta una cappa di sospetto generalizzato, ma anche in quelli delle altre istituzioni dell’Ue. In fondo, il cittadino comune non distingue tra singoli deputati, Parlamento, Commissione e Consiglio. È l’Ue tutta a essere percepita come corrotta, c’è la paura che le elezioni europee del 2024 si trasformino in una grande condanna popolare.
Quella che abbiamo raccontato finora è la panoramica del Qatar gate: la grande fotografia di un tentativo di influenzare i voti e le decisioni del Parlamento europeo da parte del Qatar e del Marocco. È una panoramica costruita sui pochi succinti comunicati della Procura federale belga e sulle frammentarie fughe di notizie dei rapporti dei servizi segreti all’origine dell’inchiesta giudiziaria o delle richieste inviate dal Belgio alle procure italiane di procedere ad arresti, estradizioni, perquisizioni e sequestri. La fotografia panoramica permette di cancellare la presunzione di innocenza, di raccontare grandi romanzi giudiziari e di condurre processi sommari davanti alla giuria dell’opinione pubblica.
Ma nella fotografia panoramica i dettagli rimangono sfocati. Come il fatto che i pubblici funzionari che sarebbero stati corrotti, per ora, sono solo due: un eurodeputato (Kaili) su 705 e un assistente parlamentare (Giorgi) su più di duemila. O il fatto che la Procura federale belga ha preferito percorrere la lunga strada della revoca dell’immunità di Cozzolino e Tarabella (la decisione sarà presa dal Parlamento europeo non prima del 13 febbraio), invece di accettare la loro offerta di essere ascoltati subito. O il fatto che a Kaili è stata negata la possibilità di vedere la figlia di 22 mesi per 28 giorni e il suo avvocato, Michalis Dimitrakopoulos, ha detto al Corriere della Sera di aver avuto l’impressione che “probabilmente non le permettevano di vedere la bambina per farle pressione affinché confessasse”.
O il fatto che il giudice Claise si sia lanciato in dichiarazioni che mostrano una tendenza giustizialista, come quando ha detto al quotidiano L’Echo (l’8 gennaio) che i patteggiamenti con sanzioni finanziarie vanno bene solo “a condizione che sia la procura che negozia con una pistola sulla tempia delle persone indagate”.
A 66 anni, ventuno dei quali come giudice istruttore di indagini sulla criminalità finanziaria dopo essere stato avvocato a Bruxelles, Claise è l’altro volto del Qatar gate. Il volto buono del giudice che dà la caccia alla corruzione, senza guardare in faccia a politici e potenti. La sua fama ha superato i confini del Belgio, dove era già soprannominato “Sceriffo” per le modalità con cui ha condotto una miriade di inchieste su banche, ex ministri, il mondo del calcio, il capo dell’associazione degli industriali. Con il Qatar gate è diventato il “Di Pietro europeo”, che scoperchia la Tangentopoli dell’Ue.
Un altro soprannome è “Monsieur cento milioni” (nel 2019 la banca Hsbc ha dovuto pagare allo stato belga 295 milioni di euro per evasione fiscale e riciclaggio). Un altro ancora è “Pittbull”. Perché? Perché quando getta la rete degli arresti “la rete è molto larga”, dice al Foglio un giornalista che ha seguìto il lavoro di Claise, secondo il quale è accaduto spesso in passato che persone estranee ai fatti contestati abbiano trascorso settimane o mesi in carcere sulla base di prove deboli. “Ha il mandato d’arresto facile”, spiega un avvocato.
Un altro avvocato è stato vittima diretta. Era il 14 marzo del 2017. Olivier Martins è uno dei più celebri penalisti di Bruxelles. Quel giorno una ventina di poliziotti si erano presentati nel suo studio e a casa sua con il giudice Claise, che lo accusava di essere membro di un’organizzazione criminale e di aver organizzato il tentativo di evasione nel 2014 di un barone della droga. Portato via ammanettato, Martins rimase in carcere cinque giorni, prima dei domiciliari con braccialetto elettronico. L’11 novembre del 2022, più di cinque anni dopo, Olivier Martins è stato assolto: non luogo a procedere perché il fatto non sussiste.
Chi conosce bene Claise lo descrive come un giudice integerrimo, con grandi capacità di indagine e un’attenzione maniacale alla corruzione, ma anche propenso a usare la mano pesante. Autore prolifico di romanzi, è spesso su televisioni, radio e giornali per chiedere più risorse per la giustizia e la polizia. Nelle interviste non parla mai delle inchieste in corso (il Belgio è un paese ipergarantista sulle procedure, meno quando si tratta della sostanza), ma non si tira indietro dal raccontare la sua visione di un mondo in preda alla corruzione e al denaro sporco.
Nel marzo del 2020 Claise ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano Le Soir, più sulla sua vita privata che su quella professionale. Ma a un certo punto la conversazione è scivolata sul suo lavoro di giudice istruttore. Claise ha spiegato che la criminalità finanziaria è un fenomeno storico “legata al corpo dell’uomo. Ma ciò che conosciamo oggi (...) è una situazione senza precedenti. Siamo fottuti”. Fottuti? “Assolutamente. La democrazia, il principio democratico, per me è fottuto”, ha risposto Claise.
Il mondo è incancrenito dal “denaro sporco. Non si riesce più a sapere chi è cosa”. Applicato al Qatar gate, cioè un’inchiesta su un mondo fatto di diplomazia, politica, lobby, influenze, relazioni personali e amicizie perfino intime, il ragionamento e il metodo di Claise rischiano di far sconfinare la legalità in illegalità, gli innocenti in inevitabili colpevoli. Chi è il corruttore? Chi è il corrotto? Qual è lo strumento della corruzione?
Secondo quanto emerso finora, Panzeri e Giorgi hanno avuto il ruolo centrale del tentativo di influenza di Qatar e Marocco, usando le loro amicizie e conoscenze dentro il gruppo dei Socialisti & Democratici per favorire i due paesi. Giorgi avrebbe anche ammesso finanziamenti dalla Mauritania. È nelle loro abitazioni che sono stati trovati più di un milione e mezzo in contanti. Fight impunity appare come un’organizzazione non governativa almeno in parte di copertura, che ha affittato una casella postale nella sede di No peace without justice.
Panzeri è un ex eurodeputato, non un eletto in carica. Il codice penale belga punisce il reato di corruzione privata, oltre che quella di chi esercita funzioni pubbliche. Ma se avesse firmato un contratto con i governi di Qatar e Marocco, remunerato attraverso versamenti su conti correnti, l’attività di lobby di Panzeri sarebbe stata legittima e legale? In attesa delle contestazioni della Procura federale belga nei confronti di Cozzolino e Tarabella, l’unico eurodeputato accusato di corruzione è Kaili. Ma, via il suo avvocato, Kaili nega di aver ricevuto tangenti. Negli interrogatori Giorgi avrebbe scagionato la compagna, spiegando che non ne sapeva nulla. Nell’intervista al Corriere, l’avvocato Dimitrakopoulos ha accusato la Procura federale belga di aver usato la figlia per fare in modo che Kaili “ammettesse di aver commesso qualcosa. Ma la signora Kaili non ha nulla da confessare perché è completamente estranea a ogni genere di accusa”.
Luca Visentini, l’ex capo dei sindacati europei che era stato fermato il 9 dicembre, ha ammesso di aver ricevuto 50 mila euro in contanti da Panzeri per finanziare la sua campagna per diventare segretario generale della confederazione mondiale dei sindacati. Tuttavia ha negato che le sue posizioni sul Qatar siano state influenzate da altri. È stato rilasciato due giorni dopo il fermo, ma rimane indagato per corruzione e riciclaggio. Forse perché la sua “confessione” era sufficiente per arrivare a un rinvio a giudizio? Figà Talamanca non è un deputato o un pubblico funzionario. Ha diretto una ong di fama internazionale, No peace without justice, i cui risultati (dalla creazione della Corte penale internazionale alla lotta alle mutilazioni genitali femminili) non sono contestati.
Nell’ultimo anno alcune campagne sono state organizzate in collaborazione con Fight impunity, la ong di Panzeri, con eventi al Parlamento europeo ai quali hanno partecipato decine di deputati (compresa la presidente Metsola). Figà Talamanca ha anche contribuito a organizzare un evento sulle violazioni dei diritti umani negli Emirati Arabi Uniti, rivale regionale del Qatar, e ha fatto una campagna sulla sua influenza sulle istituzioni dell’Ue. L’elemento incriminante, secondo le rivelazioni del Fatto quotidiano, sarebbe una telefonata a un negozio di orologi usati a cui avrebbe detto di voler vendere un Cartier nuovo con garanzia. È sufficiente per oltre un mese di carcere preventivo?
A inchiesta conclusa, quando ci saranno i rinvii a giudizio, sarà un tribunale a determinare colpevoli e innocenti. Ma ricevere una telefonata da un lobbista, da un altro politico, da un ex collega o da un amico, che chiede di votare su un determinato provvedimento, per un parlamentare non è reato. Considerare tutta la lobby – contatti, email, pranzi, viaggi, conferenze – come potenziale corruzione significa negare ai portatori di interessi legittimi la possibilità di difenderli. Per essere totalmente impermeabili a influenze, i governi e i parlamenti dovrebbero isolarsi dalla realtà su cui devono legiferare. Invece la politica e la gestione della cosa pubblica significano prendere posizione. Scegliere tra il governo del Marocco o il Fronte Polisario quando si vota sul Sahara occidentale. Guardare al bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto sulle riforme del lavoro realizzate dal Qatar.
Alcuni dei parlamentari direttamente o indirettamente coinvolti nel Qatar gate – come Marc Tarabella o Maria Arena – hanno espresso lo stesso giudizio della Commissione di Ursula von der Leyen. “Il Qatar ha fatto progressi considerevoli e tangibili sulla riforma del lavoro”, aveva detto il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, il 19 novembre in visita a Doha per l’apertura della Coppa del mondo. Il giorno dopo, incontrando i ministri degli Esteri e del Lavoro, Schinas aveva promesso di “continuare ad ampliare la nostra relazione su mobilità, competenze, riforme del lavoro, sicurezza e contatti tra persone”.
Il trattamento favorevole riservato dalla Commissione al Qatar è motivato principalmente dal gas. In una visione di un mondo dominato dal denaro sporco, in cui la democrazia è fottuta e non si riesce più a sapere chi è cosa, sarebbe facile concludere che tutta l’Ue è corrotta. È l’immagine distorta che esce dalla fotografia panoramica del Qatar gate. Guardando più da vicino, si scopre che la democrazia funziona, con giudici che perseguono la corruzione e servizi segreti che scoprono tentativi di influenza da parte di attori stranieri. Ma se si tiene una persona in carcere solo per strappare una confessione, c’è un dettaglio problematico della fotografia che intacca lo stato di diritto di una democrazia.
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