verso la primavera

Quante armi ancora riesce a produrre Mosca

Micol Flammini

Dall’inizio dell’invasione si dice che Mosca è a corto di missili. I calcoli erano sbagliati. Fabbriche che lavorano senza sosta, scorte accumulate e sanzioni eluse hano consentito alla Russia di continuare a produrre

Mosca vuole far passare un messaggio: a primavera tutto cambierà. Dimenticate il Donbas, ci interessa l’Ucraina intera. E’ questo che cercano di comunicare i cambi ai vertici, il ministero della Difesa che dopo mesi di silenzio si è fatto loquace e le esercitazioni militari lungo il confine  tra Ucraina e Bielorussia, il paese che Mosca ha riempito di mezzi militari, munizioni e missili. Sono trascorsi undici mesi dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina e nonostante siano state tante le dimostrazioni sul campo di battaglia dell’inferiorità dell’esercito russo rispetto a quello ucraino, il Cremlino vuole continuare. Una sconfitta che dicevano  scontata si è tramutata, per Kyiv, in una  vittoria da costruire con la determinazione, che non manca, e con il sostegno degli alleati che  talvolta va spronato, ma poi arriva. Se volesse, il presidente russo, Vladimir Putin, potrebbe mandare a combattere fino all’ultimo russo, ma non potrà continuare a combattere quando i suoi arsenali saranno svuotati. 

 

Dall’inizio della guerra le indiscrezioni sulla stampa americana e ucraina e i  calcoli degli analisti occidentali avevano indicato che le riserve belliche della Russia sarebbero finite presto. Invece, non soltanto il Cremlino  ha dimostrato di  avere  riserve a sufficienza e la capacità di produrre ancora per  lanciare nuovi attacchi missilistici. L’arsenale non è inesauribile, altrimenti l’esercito russo, noto per la devastazione di Aleppo in Siria, avrebbe cercato di applicare lo stesso principio in Ucraina per farla cedere.  Il ricatto iniziato a ottobre contro i cittadini di Kyiv è stato brutale, perché punta a privare gli ucraini della rete elettrica, dei riscaldamenti, dell’acqua corrente, ma è stato probabilmente inferiore a quello che Mosca  avrebbe voluto ottenere. I missili sono stati usati, si fa per dire, con parsimonia, con bombardamenti cadenzati, ripetuti circa due volte al mese e ora sempre più sporadici: da una media di ottanta ad attacco ha iniziato a usarne una ventina. Il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, ha detto che presto l’arsenale per attaccare l’Ucraina verrà ampliato.

 

Le notizie più precise che arrivano dalla Russia sono poche e  riguardano soprattutto i missili: Mosca riesce a produrne circa cinquanta al mese (le stime suggeriscono 30 del tipo Kh-101 e 20 Kalibr) e all’inizio dell’invasione era stato invece calcolato erroneamente che  la capacità produttiva fosse di quattro al mese. Il numero varia da missile a missile – la produzione è inferiore per gli Iskander – ma quel che è certo è che la Russia ha continuato a fabbricare armi nonostante le sanzioni. Servono componenti elettroniche che Mosca potrebbe aver accumulato prima di febbraio del 2022, quando è iniziata l’invasione, o che avrebbero continuato a girare nel mercato russo passando da paesi terzi, si sospetta della Cina e anche della Turchia. Non soltanto in Ucraina sono state trovate armi russe fabbricate nel 2022, ma alcune presentavano chip realizzati da aziende occidentali: lo scorso anno la Russia ha speso circa 2,6 miliardi di dollari per  importare computer nonostante le sanzioni.

 

L’industria pesante russa si è probabilmente concentrata nella produzione di armi – questo spiegherebbe anche perché un paese che non riesce a produrre automobili, riesce invece a rifornirsi di armi – le fabbriche di missili continuano a operare ininterrottamente e gli operai del settore sono tra i russi non mobilitati durante la prima ondata. Lo stabilimento di Votkinsk, che produce missili Yar e Bulava, avrebbe anche aumentato la produzione nel 2022, da 50 all’anno a 60. A questi numeri va aggiunto il possibile aiuto esterno di paesi terzi, come l’Iran e la Corea del nord, che hanno già cominciato a rifornire Mosca. Nonostante la performance della produzione bellica russa sia stata al di sopra delle aspettative, secondo gli analisti sarà difficile che nel 2023 le fabbriche russe riusciranno a ripetere gli stessi numeri e quindi gli stessi bombardamenti. Eppure  il Cremlino sembra essere intenzionato a ricominciare tutto dal principio, probabilmente a primavera, imparando dagli errori. Punta sulla quantità: il numero crescente di soldati che potrebbero arrivare con una nuova mobilitazione, sulla quale le voci si fanno più intense. Dagli errori però, imparano tutti, anche gli ucraini. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)