verso febbraio

Ricomincia o no la mobilitazione in Russia?

Micol Flammini

Prima di mandare nuovi uomini in Ucraina il Cremlino mette in moto la macchina del vittimismo di stato. Il discorso di Putin a San Pietroburgo

Vladimir Putin ha ribadito che la Russia vincerà la guerra. Ieri il presidente era a San Pietroburgo per celebrare l’ottantesimo anniversario della fine dell’assedio della città che un tempo si chiamava Leningrado  e ne ha approfittato per parlare del conflitto e per ringraziare gli operai dell’industria della Difesa, dicendo che molto dipende da loro. Questa condizione li rende quasi intoccabili nell’ottica di una futura mobilitazione, il cui annuncio alcuni  attendevano ieri:   la ricorrenza sembrava retorica a sufficienza  e  le voci sulla necessità di mandare nuovi uomini al fronte per la primavere si fanno fitte. Invece ieri Putin ha soltanto ribadito di aver attaccato l’Ucraina per riportare la pace dopo aver subìto i silenzi e gli sgarbi dell’occidente.

 

Il canale telegram Volya, solitamente ben informato, ha invece scritto che   per il passaggio da “operazione militare speciale” a “guerra”, quindi per poter dichiarare la legge marziale, il Cremlino sta aspettando febbraio. Il passo successivo sarà un’altra mobilitazione, questa volta fatta chiudendo i  confini e con poco preavviso. Per chi nei mesi scorsi ha preferito abbandonare la Russia piuttosto che andare in guerra, il governo non ha mai riservato parole di comprensione, ma la Duma sarebbe al lavoro per una  norma che consenta di togliere loro beni e proprietà. L’obiettivo è spogliarli di tutto, trattarli da traditori.  

 

Il presidente russo ha detto che Mosca vincerà grazie alla solidarietà del popolo russo e il suo obiettivo è rendere inossidabile la certezza dei suoi cittadini che la battaglia è giusta perché nasce da un torto subìto. Anche il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, ha tenuto un breve discorso. E’ una convenzione, tutti gli anni, a gennaio, traccia un bilancio della situazione internazionale e ha ribadito che Mosca non aveva scelta: è stata circondata. Come Napoleone che ha mobilitato “tutta l’Europa contro l’Impero russo, e come Hitler, che invitò ad attaccare l’Unione sovietica, ora gli Stati Uniti hanno organizzato una coalizione … Il compito è lo stesso: la soluzione finale della ‘questione russa’”. Il vittimismo di stato è il rifugio del Cremlino per convincere la popolazione che vive sotto assedio. Anche la mobilitazione ha avuto un aspetto inaspettato come emerso da un’intervista che il famoso Yuri Dud ha tenuto con l’attore Oskar Kuchera. Dud è un giornalista antiputiniano molto seguito e ha ospitato Kuchera che si è definito contro la guerra ma impossibilitato a non simpatizzare con i russi al fronte. Il dialogo tra i due ha indignato, è stato molto commentato, ma ha esplicitato un sentimento forse più diffuso del previsto in Russia. 

 

 

Mentre a Davos Olaf Scholz, alla domanda a se manderà  i carri armati Leopard in Ucraina,  ha risposto che va evitato un conflitto tra Russia e Nato, Mosca pensa al prossimo passo.

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)