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Nella Francia delle riforme scatta l'attacco ai ricchi. Bernard Arnault tra tutti
Secondo Jean-Luc Mélenchon per salvare il sistema basterebbe tassare di più chi ha di più. Di quest'avviso anche la segretaria dei Verdi: "vorrei un paese senza miliardari". La sinistra anitliberale che vede gli imprenditori come nemici
Parigi. Lo scorso dicembre, Bernard Arnault, capo del gruppo del lusso francese Lvmh, è diventato l’uomo più ricco del mondo, scalzando dal vertice della classifica il patron di Tesla, Elon Musk. Il primato certifica il successo industriale e manageriale di questo 73 enne nato a Roubaix, al vertice di un impero internazionale con più di settanta marchi di prestigio nel suo portafoglio. Quella di Arnault è una storia imprenditoriale made in France che ha avuto ricadute positive inestimabili sia per l’economia sia per l’immagine del paese. Eppure, la sua figura continua in Francia a suscitare critiche aspre, accuse di fare troppi profitti e pagare troppe poche tasse, soprattutto da parte di una sinistra antiliberale che ha sempre considerato gli imprenditori dei nemici da abbattere.
L’ultima conferma dell’ostilità diffusa nei confronti delle grandi fortune è arrivata proprio in questi giorni, in pieno dibattito sulla riforma delle pensioni. Il progetto di legge, appena atterrato all’Assemblea nazionale, prevede l’aumento progressivo dell’età pensionabile da 62 a 64 anni a partire dal 2030 e l’abolizione dei cosiddetti “regimi speciali”, che consentono ad alcune categorie di beneficiare di trattamenti previdenziali che l’esecutivo non giudica più sostenibili. La riforma è indispensabile per le casse del sistema pensionistico, che dal 2027, senza modifiche, rischia un deficit di 12 miliardi di euro all’anno.
Ma per la gauche di Jean-Luc Mélenchon, leader della France insoumise, e le altre sinistre della coalizione Nupes all’Assemblea nazionale, basterebbe tassare i più ricchi di Francia per salvare il sistema. “Nella vostra legge, non è previsto nulla per andare a prendere i soldi dei vostri amici miliardari, che non sono immaginari”, ha affermato lunedì François Ruffin, deputato mélenchonista. “C’è un solo regime speciale che mi sciocca e mi indigna: è il regime speciale ‘Bernard Arnault’”, ha dichiarato Nathalie Artaud, leader di Lotta operaia, denunciando il boss di Lvmh e tutti quelli come lui “che non hanno il problema di andare in pensione né quello della successione”.
Di questa sinistra che sogna un altro 4 agosto 1789, la notte che abolì i privilegi durante la Rivoluzione francese, fa parte anche la nuova segretaria dei Verdi francesi, Marine Tondelier. Il 17 gennaio, durante un meeting, ha manifestato il suo sogno di “una Francia senza miliardari”, prima di aggiungere in riferimento a Bernard Arnault: “Ci dicono che non dobbiamo far scappare i talenti, ma quelli che hanno bisogno di più di un miliardo non sono dei talenti, ma dei vampiri. Non sono dei geni, ma degli egoisti”. A France 5, la segretaria ecologista ha detto anche che i miliardari “rappresentano un problema sociale e ambientale” e che andrebbero puniti per questo. Philippe Martinez, boss della Cgt, il sindacato più oltranzista di Francia, ha proposto di “interrompere l’elettricità dei miliardari per qualche giorno”, “al signor Bolloré, per esempio”, affinché provino sulla loro pelle “ciò che vivono milioni di francesi in precarietà energetica”.
I toni incendiari utilizzati da Martinez, Tondelier e dagli altri nemici della ricchezza sono il sintomo di un problema culturale francese secondo Sylvain Fort, intellettuale ed ex plume di Macron. A differenza degli Stati Uniti, dove i miliardari come Arnault vengono celebrati e considerati quasi come degli “sciamani”, degli “oracoli” che hanno “capito cose che non tutti capiscono”, in Francia vengono additati come dei “simboli tristi”: colpevoli del loro successo.