La storia
Non solo Gaziantep: i terremoti in Turchia hanno distrutto anche l'antica città di Antiochia
Altri due devastanti sismi hanno colpito il paese nei secoli, entrambi associati alla moderna Antakya. Il primo di magnitudo 7.5 avvenne nel 115 e fece 260 mila morti. Il secondo, di 7.0 gradi della scala Richter, si verificò nel maggio del 526, e fece 250 mila vittime
Sono 188 i chilometri che separano Gaziantep, capoluogo della provincia devastata dall’ultimo terremoto, da Antakya, nome turco della classica Antiochia. Gaziantep è oggi una città importante di 1,9 milioni di abitanti, la sesta della Turchia. Antiochia è invece oggi un centro minore di poco più di 300.000 abitanti, ma per due secoli fu capitale del regno ellenistico della Siria, fondata attorno al 300 a.C. da Seleuco per onorare suo padre Antioco. Poi fu il capoluogo della provincia romana della Siria, e qui secondo quanto tramandando gli Atti degli Apostoli “per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani”. E fu anche la sede di uno dei cinque più importanti patriarcati dell’inizio del cristianesimo. La sua decadenza, da metropoli dell’antichità a città periferica, è attestata dal fatto che dei cinque Patriarchi che ancora portano il titolo di Antiochia tre hanno in realtà oggi sede a Damasco: quello greco-ortodosso, quello siro-ortodosso, quello greco-cattolico. Due in Libano: quello cattolico-maronita a Bkerké e quello siro-cattolico a Beirut.
Un motivo di questa decadenza è che si trovò troppo spesso su una linea di fronte: tra romani-bizantini e persiani, tra bizantini e arabi, tra crociati e turchi. Gaziantep crebbe al suo posto anche perché si trovava in una posizione più facilmente difendibile, come attesta la fortezza colpita da questo sisma. Ma un’altra ragione della sua fine è appunto la faglia sismica che attraversa la zona. L'antica città di Antiochia sorgeva infatti sulla faglia nord-anatolica, al confine con la placca araba e quella africana. E infatti due famosi e devastanti terremoti sono associati ad Antiochia.
Il primo avvenne il 13 dicembre 115 con magnitudo 7.5. Fece 260.000 morti, e provocò anche uno tsunami che distrusse il porto di Cesarea. Era in corso dall’anno prima quella campagna partica con cui Traiano sarebbe arrivato a annettere all’Impero l’attuale Iraq, anche se alla sua morte nel 117 il successore Adriano avrebbe poi deciso di sgomberare la provincia di Mesopotamia e Assiria, giudicandola troppo dispendiosa da tenere. Sia Traiano che Adriano si trovavano appunto ad Antiochia per svernare, e Traiano dovette fuggire da una finestra, riportando alcune ferite. Perse invece la vita il console Marco Pedone Vergiliano. Sia Traiano che Adriano si occuparono della ricostruzione. Il racconto che ne fa Cassio Dione nella sua Storia romana descrive la città come affollata di soldati e di molti civili che avevano viaggiato da tutte le parti dell'impero. Il terremoto iniziò con un forte fragore, seguito da un intenso scuotimento del terreno. Alberi interi furono gettati in aria, come molti degli abitanti, causando grandi danni. Molti furono uccisi dalla caduta di detriti, altri dalle scosse di assestamento, altri ancora morirono di fame dopo essere rimaste intrappolate.
Di 7.0 gradi della scala Richter fu invece il terremoto verificatosi tra il 20 e il 29 maggio del 526, con ben 18 mesi di sciami sismici. Ci furono 250.000 morti, perché la città era piena di campagnoli venuti a festeggiare l’Ascensione. La maggior parte dei danni fu causata dagli incendi che continuarono per diversi giorni e che furono alimentati dal vento. Anche la Domus Aurea, una grande chiesa a pianta ottagonale fatta costruire da Costantino I, fu distrutta dal fuoco. Tra le tante vittime ci fu anche Eufrasio, Patriarca di Antiochia, che morì cadendo in un calderone viscoso usato dai fabbricanti di otri.
Con lo stile tipico degli imperatori bizantini, Giustino I reagì togliendosi il diadema e il clamide, entrando in chiesa senza questi simboli e disperandosi pubblicamente. Mandò subito il denaro per ricostruire, sotto la supervisione del nuovo patriarca Efraim. Ma due anni dopo gran parte del ricostruito fu distrutto da un nuovo terremoto.