Roberta Metsola e Ursula von der Leyen (Lapresse)

Una guerra di ego

Dalla visita di Zelensky all'Ira: i presidenti Ue sono in cerca di visibilità

David Carretta

L'arrivo del presidente ucraino a Bruxelles doveva rimanere segreto: sembra che la fuga di notizie abbia avuto origine dall'ufficio di Metsola. Uno dei tanti modi che non solo lei, ma anche von der Leyen e Michel, trovano per mettersi in mostra

Bruxelles. La visita di Volodymyr Zelensky a Bruxelles ha rischiato di saltare per una guerra di ego tutta interna alle istituzioni dell’Unione europea, che sta minando la sua capacità di funzionare e danneggiando la sua credibilità con i partner internazionali. I principali protagonisti sono i presidenti di Commissione, Consiglio europeo e Parlamento europeo: Ursula von der Leyen, Charles Michel e Roberta Metsola. Tutti e tre sono alla costante ed esasperata ricerca di visibilità e l’Ucraina rappresenta una fonte inesauribile di occasioni per mettersi in mostra. L’ultimo episodio riguarda il viaggio che il presidente ucraino deve effettuare domani nella capitale europea. La visita doveva restare segreta fino all’ultimo minuto per ragioni di sicurezza: muoversi da Kyiv è pericoloso per Zelensky, uscire dall’Ucraina è ad altissimo rischio (lo ha fatto solo per il viaggio a Washington a dicembre), ancor più con una nuova grande offensiva della Russia che appare imminente. Lunedì mattina La Stampa, La Vanguardia e il Financial Times hanno pubblicato lo scoop. Secondo diverse fonti, la fuga di notizie ha avuto origine dall’ufficio di Metsola. La partecipazione di Zelensky a una sessione straordinaria del Parlamento europeo è un modo per puntare i fari sulla sua presidente. Il gruppo del Partito popolare europeo, a cui appartiene Metsola e che pensa a lei come possibile candidata per la presidenza della Commissione, ha pubblicato e cancellato un tweet per dare il “benvenuto” a Zelensky a Bruxelles. Il portavoce del presidente del Consiglio europeo ha reagito alla fuga di notizie, annunciando che Michel aveva “invitato Zelensky a partecipare in persona a un futuro vertice”, ma che non poteva dare ulteriori informazioni “per ragioni di sicurezza”. 

 

Lo stesso Michel è stato vittima di imboscata di von der Leyen in occasione del summit Ue-Ucraina il 3 febbraio. L’appuntamento era stato fissato a dicembre: il primo incontro al vertice bilaterale a Kyiv doveva dimostrare che l’Ue era al fianco dell’Ucraina. Secondo il trattato è il presidente del Consiglio europeo che rappresenta l’Ue a livello internazionale, anche se accompagnato da quella della Commissione. Von der Leyen ha trovato un modo per accentrare i riflettori su di sé, organizzando un incontro bilaterale tra la Commissione e il governo ucraino il 2 febbraio, alla vigilia del summit Ue-Ucraina:  si è caricata sul treno quindici commissari e decine di giornalisti. Ha ordinato alle direzioni generali di trovare nuovi fondi per l’Ucraina, compresi programmi che poco hanno a che fare con le urgenze della guerra come il “Nuovo Bauhaus Europeo”. Per un’intera giornata l’attenzione è stata tutta su von der Leyen, prima di dover condividere il palco con Michel, che si era preventivamente vendicato con una visita a sorpresa a Kyiv il 19 gennaio.

 

La guerra di ego va ben oltre le opportunità di una foto con Zelensky. Le relazioni tra Michel e von der Leyen sono pessime da prima del “Sofagate” dell’aprile del 2021, quando il presidente del Consiglio europeo occupò l’unica sedia libera al fianco di Recep Tayyip Erdogan in una visita con la sua omologa della Commissione. I due praticamente non si parlano (e le rispettive squadre faticano a collaborare) sui temi interni e stanno a distanza negli eventi internazionali (al G20 di Bali avevano un’agenda di incontri bilaterali totalmente diversa). Di fronte all’impennata dei prezzi del gas, Michel ha chiesto più volte alla Commissione di presentare proposte sul price cap e sulla riforma del mercato dell’energia come chiesto dai capi di stato e di governo. Per mesi Von der Leyen ha fatto ostruzionismo per non contraddire la posizione della Germania. Lo stesso sta accadendo con la risposta dell’Ue all’Inflation reduction act (Ira) dell’Amministrazione Biden: il presidente del Consiglio europeo spinge per solidarietà e fondi comuni, quella della Commissione è pronta solo ad aprire i rubinetti degli aiuti di stato. Nel frattempo, dopo il Qatargate, Metsola ha indossato i panni della fustigatrice dei costumi del Parlamento europeo, senza accorgersi che la sua istituzione viene sempre più spesso messa in disparte da Commissione e Consiglio sulle decisioni legislative chiave, come l’energia e la risposta all’Ira.