fino all'ultimo detenuto

Perché la Wagner ha smesso di reclutare

Micol Flammini

La guerra nella guerra di Evegeni Prigozhin e il ministero della Difesa russo ora coinvolge anche i detenuti 

Annunciare, mostrare, camuffare. Nell’ultimo mese il gruppo Wagner si è lanciato in squillanti rivendicazioni di conquiste e progressi sul territorio orientale martoriato dell’Ucraina. Spesso queste pretese sono state smentite dallo stesso ministero della Difesa russo, altre volte da quello di Kyiv. Per tutta risposta la Wagner ha cominciato a rivendicare ogni centimetro, villaggi solitari e distrutti, con poche case rimaste in piedi e la popolazione in fuga ormai da tempo. Posti di fantasmi catturati dalla miseria prima che dalla guerra,  come  piccoli distretti  disabitati, come la frazione di Soledar chiamata con il nome insolito di Sakko i Vantsetti, revisione ucraina dei nomi dei due anarchici condannati a morte negli Stati Uniti.  I due italiani nel 1927 furono accusati di  omicidio, erano innocenti e la loro storia arrivò fino nell’Ucraina sovietica, la propaganda la strumentalizzò, ma, caduta l’Urss, il nome rimase e non venne cambiato come avvenuto in Ucraina per tante città, villaggi, paesi, il cui toponimo evocava il passato sovietico. 

 

Evgeni Prigozhin è la personalità più in vista del gruppo Wagner, suo finanziatore, comanda le milizie composte da mercenari e fino a qualche settimana fa, mentre gli annunci sulla conquista russa di Soledar venivano smentiti da Mosca, sembrava fosse sul punto di prendere il sopravvento sul ministero della Difesa mostrando che i suoi uomini non erano come i soldati regolari, erano in grado di avanzare: quella che Mosca chiama conquista è sinonimo di distruzione e dove gli uomini della Wagner festeggiano i progressi territoriali ci sono soltanto rovine. Il gruppo di mercenari ha annunciato di aver interrotto il reclutamento, di non cercare più uomini da mandare a combattere in Ucraina, senza dare troppe spiegazioni, ma limitandosi ad annunciare: “Il reclutamento di prigionieri è completamente interrotto”. La decisione di offrire a dei detenuti la promessa di uscire di prigione e di una ricompensa qualora avessero combattuto in Ucraina era stata una delle soluzioni trovate da Prigozhin quando tra le schiere dell’esercito di Mosca gli uomini iniziavano a scarseggiare. A inizio settembre Prigozhin  si era fatto riprendere mentre incitava dei prigionieri a seguirlo, con un discorso intriso di volgarità, violenza e promesse. A chi lo aveva contestato aveva risposto: se non volete che liberiamo i detenuti, mandate i vostri figli a combattere. Qualche settimana dopo, il presidente Vladimir Putin annunciò l’inizio di una mobilitazione parziale e i figli sono finiti al fronte con i detenuti.  Da gennaio la compagnia aveva ricominciato a reclutare nelle carceri mentre subiva perdite pesanti nella zona di Bakhmut, ma alcuni media indipendenti avevano raccontato la ritrosia dei detenuti a farsi arruolare. I siti  Mediazona e Agentstvo hanno spiegato  che le notizie delle battaglie e  delle trincee  sono arrivate fino in carcere e in molti hanno preferito la prigione al fronte. Secondo le due testate, la Wagner avrebbe allora iniziato a minacciare i detenuti con nuove pene detentive per essersi rifiutati di andare in guerra. Non c’è un calcolo puntuale di quanti uomini della Wagner stiano combattendo, si crede che siano circa cinquantamila. 

 

Il 2022 è stato l’anno in cui molti russi hanno rinunciato alla cittadinanza: più di quattromila  si sono rivolti a consolati e missioni diplomatiche in cerca di un nuovo passaporto. Anche gli anni precedenti avevano registrato numeri alti di rinunciatari e i ministeri degli Esteri e dell’Interno si sono aggrappati a questo dato per spiegare che la guerra non c’entra, che piuttosto se i cittadini da qualche anno non vogliono essere più russi è colpa della pandemia e delle restrizioni legate agli spostamenti. Secondo altre analisi la mobilitazione ha contribuito a queste rinunce e l’idea che il Cremlino potrebbe annunciare una nuova ondata non incentiva il ritorno di chi aveva lasciato il paese a settembre. Il ministero della Difesa avrebbe così iniziato a seguire il metodo della Wagner cercando uomini nelle carceri, mettendosi così in concorrenza con il reclutamento di Prigozhin. 

 

Prigozhin e il ministero della Difesa combattono una guerra nella guerra, la Wagner vuole dimostrare di essere più potente dell’esercito di Mosca, ma è  il ministero quello più vicino al Cremlino,  è il ministro Sergei Shoigu che incontra Vladimir Putin più spesso. E,  al di là della propaganda, dei video di conquiste, delle città devastate in cui vengono annunciati progressi territoriali rovinosi, Prigozhin riesce a parlare a una Russia che si agita sui social, che ha canali telegram che inneggiano alla guerra totale, ma molto meno meno al presidente. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)