Lapresse

Paura e autocensura all'università

L'odissea del prof accusato di islamofobia e "cancellato" che teme per la sua vita

Giulio Meotti

Uno studioso di diritti umani della Bristol University ha rischiato di essere ucciso dagli estremisti musulmani a causa dei suoi corsi "razzisti": "La cancel culture sta rapidamente diventando il flagello del mondo accademico", racconta in un libro

“Un docente che è stato cancellato dopo false accuse di islamofobia ha rivelato di temere che gli estremisti musulmani lo uccidessero”, sintetizza il Times. La storia è quella dello studioso di diritti umani Steven Greer, 66 anni, che si è nascosto dopo che gli studenti della Bristol University Law School si sono lamentati che elementi del suo corso erano “razzisti” e “islamofobi”. L’accademico si è fatto crescere la barba e portava con sé un cacciavite nel caso fosse stato aggredito, rivelando di aver avuto più paura per la sua vita che durante i Troubles nella natia Belfast. Greer, che è stato scagionato da ogni illecito dopo un’inchiesta, ha accusato gli attivisti di mettere a rischio la vita di accademici come lui e ha avvertito sui danni della “Woke Inquisition”. Il libro in cui Greer racconta la propria esperienza, Falsely Accused of Islamophobia: My Struggle Against Academic Cancellation, è stato appena pubblicato. All’interno, il racconto: “La cancel culture sta rapidamente diventando il flagello del mondo accademico. Un clima di paura sta già sostituendo un ambiente di ricerca libera e critica”. “Alcuni, indossando bavagli e paraocchi, si uniranno alla prossima generazione di leader. Questo non fa ben sperare per il futuro della nostra società”.

 

Greer scrive che gli accademici “già si autocensurano” perché temono di essere falsamente etichettati come “ostili alle minoranze tra cui gay, transessuali e musulmani”. È stato scagionato da ogni illecito dopo un’indagine di cinque mesi, ma i capi dell’università hanno cancellato il suo corso sull’islam, la Cina e l’estremo oriente in modo che gli studenti musulmani “non sentissero che la loro religione è stata presa di mira”. “Fino all’anno scorso avevo goduto di una carriera meravigliosa e credevo di essermi guadagnato il rispetto di studenti, colleghi di tutto il mondo” racconta Greer. Una petizione lanciata dai membri della Società islamica dell’università, la “Brisoc”, è stata firmata da più di quattromila persone. “Da un giorno all’altro il mio nome è diventato sinonimo di fanatismo, razzismo e islamofobia, soprattutto sui social, a causa di un manipolo di studenti maligni che hanno deciso di rovinarmi la vita. Sono stato diffamato e il mio nome e la mia reputazione sono stati trascinati nel fango. Per la mia stessa sicurezza, sono stato costretto a comportarmi come un fuggitivo”. E ancora: “La campagna è stata feroce e punitiva e ha messo me e la mia famiglia sotto uno stress intollerabile. È stato spaventoso. Per non correre rischi, io e mia moglie siamo fuggiti di casa per stare in un posto più sicuro. Le minoranze militanti sono sempre più intente a dettare legge attraverso diffamazioni, intimidazioni e minacce”. 

 

Le accuse di islamofobia sono state mosse per la prima volta contro il professor Greer dopo che ha utilizzato una diapositiva che menzionava l’attacco terroristico del 2015 agli uffici parigini di Charlie Hebdo. La diapositiva è stata descritta come contenente “retorica islamofobica”.  Inoltre, una conferenza che includeva osservazioni sul trattamento  delle donne e dei non musulmani negli stati islamici e le dure sanzioni inflitte dalla Sharia è stata definita “bigotta e divisiva”. Non gli sono stati assegnati ulteriori incarichi di insegnamento al suo ritorno, mantenuto in quello che definisce un “congedo di ricerca” non ufficiale fino al suo pensionamento, avvenuto nel settembre 2022. Karolien Celie, della Free Speech Union, un organismo che promuove la libertà di parola e difende coloro che sono presi di mira online, ha dichiarato: “L’orribile caso del professor Greer è un altro promemoria della fragilità della libertà accademica. Un campanello d’allarme per chi ha a cuore il mantenimento delle società democratiche liberali”. La campana suona per tutti.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.