Diversivi pericolosi

Mosca ha aperto un suo fronte in Moldavia, fatto di paure di golpe e di destabilizzazione

Micol Flammini

Putin cerca di distrarci facendo sentire fragili anche i paesi che condividono con Kyiv una storia di aspirazioni occidentali e legami forzati con il Cremlino

Roma. Questo è il momento della distrazione. La Russia sta concentrando grandi forze ed energie nel tentativo di confondere, agitare, far perdere all’Ucraina e agli alleati occidentali il punto focale. Gli annunci, con tanto di immagini sfacciate e leak costruiti ad arte, di una concentrazione di mezzi sul confine tra Ucraina e Bielorussia, i frequenti accenni alla mobilitazione sotterranea di soldati russi da mandare al fronte, i jet rombanti al confine e i palloni lanciati nei cieli dell’Ucraina per confondere gli allarmi antiaerei e portare l’esercito di Kyiv a sprecare munizioni preziose, mettono Mosca su un altro campo di battaglia: quello del caos, un’arma tanto sperimentata e perfezionata dal Cremlino dalla fine della Guerra fredda, che in guerra è ancora più pericolosa. 

 

Alla Cnn alcuni alti funzionari occidentali hanno detto che la nuova offensiva russa “è più un’aspirazione che realtà”, il confine è monitorato e le intelligence ritengono che non ci sia sufficiente forza per lanciare un attacco in grado di dare a Mosca guadagni importanti. Altri dettagli forniti sempre da funzionari dei paesi alleati di Kyiv hanno rilevato un alto numero di combattenti deceduti nel gruppo Wagner, alcune unità d’assalto hanno perso circa l’80 per cento della loro forza e  Evgeni Prigozhin, che della Wagner è l’uomo più riconoscibile e suo finanziatore, ha detto che la situazione è difficile, che non è il momento di continuare a reclutare e i guadagni, se ci saranno, si vedranno tra molto tempo: è la prima volta che il mercenario numero uno rallenta e mette un freno alla sua propaganda a favore della guerra totale. La Russia, nonostante questi dati, non ha intenzione di fermarsi: nel discorso davanti al Parlamento che Putin pronuncerà il 21 febbraio, non ci saranno passi indietro, ma il Cremlino sta unendo all’offensiva mortifera sul campo di battaglia anche una determinata offensiva del caos. La confusione si addensa nel cielo e sui confini e, oltre a prendere di mira l’Ucraina e tutto l’occidente, cerca di far sentire fragili anche i paesi che condividono con Kyiv una storia di aspirazioni occidentali e legami forzati con il Cremlino. La Moldavia condivide con l’Ucraina un confine tormentato, per una parte occupato dai separatisti della Transnistria, la regione che oltre a ospitare il deposito di armi russe di Cobasna è la fucina del rifornimento energetico dell’intera nazione e la usa come arma di ricatto costante. Rispetto all’Ucraina, la Moldavia è una nazione più fragile, più piccola, con poche risorse che è riuscita a liberarsi di una classe politica filorussa soltanto di recente.

 

Negli ultimi mesi a Chisinau, capitale del paese, sono state registrate numerose proteste contro il governo, contro la presidente Maia Sandu – espressioni della volontà popolare di avvicinarsi all’Europa – a capo delle quali c’era la regia di agitatori noti all’intelligence per il rapporto con Mosca. Durante l’estate sono arrivate notizie di una campagna russa per reclutare soldati da mandare in Moldavia e stanziare nella regione occupata della Transnistria. L’Ucraina ha condiviso la scorsa settimana con il paese un report che segnalava il piano di Mosca di realizzare un golpe per destituire la classe politica europeista, il piano è stato letto dalla presidente Sandu e confermato. In seguito un missile russo ha sconfinato nel territorio moldavo, il governo si è dimesso e qualche giorno dopo lo spazio aereo è stato chiuso per alcuni minuti, una decisione che ha portato alla convocazione dell’ambasciatore russo a Chisinau ed è stato un segnale di quanto sia costante l’agitazione. La Moldavia non dispone di un esercito forte e addestrato e men che meno numeroso, la presidente Sandu ne ha annunciato una riforma dopo l’attacco russo contro l’Ucraina, ma negli anni passati anche per via di vari politici filorussi che si erano avvicendati al potere, aveva preferito giocare il ruolo del paese neutrale: una scelta obbligata per non indispettire Mosca. Non è servito. La Russia ha già aperto un suo fronte in Moldavia, fatto di destabilizzazione, caos, paure di golpe e di attacchi imminenti. Chisinau è il punto in cui si concentra la strategia della confusione armata per portare distrazione.

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)