Foto Ap, via LaPresse

Lunga vita a Larry the Cat, il vero “deep state” che regna a Downing street

Alberto Mattioli

Nel Regno Unito l’instabilità non è mai stata così forte: il Chief Mouser to the Cabinet Office ha già visto cinque premier

Il deep state esiste e fa le fusa insieme a noi. Già: i governi passano, i funzionari restano. Specie quelli con i baffi. Prendete il Regno Unito. L’instabilità non è mai stata così forte. I primi ministri si alternano alla velocità della luce, c’è un Re nuovo che non è stato ancora incoronato, non sappiamo ancora se il suo secondogenito parteciperà alla cerimonia, l’economia va malissimo, i top manager delle multinazionali traslocano da Londra a Milano facendoci ulteriormente sballare i prezzi delle case e incombe perfino la terribile prospettiva che tornino al potere i laburisti. Eppure, il “Chief Mouser to the Cabinet Office”, questo il suo titolo ufficiale, Larry the Cat, celebra su Twitter i suoi primi dodici anni di servizio: è al suo quinto primo ministro e ha già trascorso al Numero 10 di Downing street più tempo di quanto ci siano rimasti Disraeli, Churchill, Thatcher e Blair. L’inevitabile, inamovibile, inestirpabile superiorità dei funzionari sui politici è servita, fermo restando che il Gatto appartiene a una categoria ontologicamente superiore a qualsiasi direttore generale del Tesoro o ragioniere dello Stato. 

 

Larry è entrato in carica il 15 febbraio 2011, quando regnava Elisabetta II, il premier era David Cameron e il Regno ancora in Europa. E subito ha svolto con zelo i suoi doveri: la prima uccisione documentata di un topo risale al 2 aprile dello stesso anno, la prima esecuzione pubblica, nel prato davanti al numero 10, al 28 agosto 2012 (poco più avanti, sul Mall, c’è il luogo dove, sempre  in pubblico, fu giustiziato Carlo I: siamo sempre lì). Per la verità, nello stesso anno Larry fu accusato di passare gran parte della giornata a dormire e quindi di prendere pochi topi: tipico anche questo, trattandosi pur sempre di un impiegato pubblico. E tuttavia anche per lui vale la regola che, in caso di scontri fra funzionari di carriera e politici eletti, prevalgono i primi. Cameron non lo amava, circostanza grave ma spiegabile: è nato da una famiglia di nobili origini, ha studiato a Eton e, come per tutta l’aristocrazia britannica, dalla Regina di gloriosa memoria in giù, i suoi quadrupedi favoriti sono i cavalli e i cani (il gatto come animale domestico è un’invenzione dell’Ottocento borghese, benché poi sia il più anarchico, anticonformista e antiborghese degli animali). Ne seguì una crisi istituzionale con relative scommesse: i bookmaker davano già a 1/2 che Cameron avrebbe lasciato Downing street prima di Larry, quotato a 6/4, e ovviamente videro giusto. Cameron dovette dichiarare pubblicamente che fra Larry e lui tutto andava “purr-fectly well” e, durante un question time ai Comuni, spiegare che Larry era un “civil servant” e non una sua proprietà personale. Infatti, mentre Cameron oggi è un baby pensionato, Larry ha continuato a spadroneggiare con May, Johnson, Truss e l’attuale Sunak.

 

Più tesi, semmai, i rapporti con altri “civil servant” come lui. Con Freya, la collega al numero 10, fu amore al primo sbattere di vibrisse. Invece con Palmerston, il cacciatore di topi del Foreign Office, al numero 11, immortalato in una celebre occasione mentre ronfava durante una riunione plenaria di ambasciatori, Larry si è sempre azzuffato. Tanto che nel 2016 lord Blencathra domandò alla Camera dei Lord se il costo delle cure veterinarie di Larry, graffiato da Palmerston, dovesse essere sostenuto dal governo di Sua Maestà. Fu l’allora speaker, la molto onorevole baronessa Chisholm di Owlpen, a spiegare alle loro signorie che se ne sarebbe fatto carico lo staff del premier. E così Larry ha potuto continuare la sua brillante carriera e si sta ormai avvicinando al record del “first cat” Wilberforce, in servizio dal 1973 all’87 (invece quello che viveva con Churchill durante gli anni di sangue, sudore, lacrime e gloria della Seconda guerra mondiale si chiamava patriotticamente Nelson). E godersi una popolarità che nessun burocrate avrà mai: 831.472 follower su Twitter, dati di ieri, un libro scritto a quattro zampe con un giornalista del Guardian, una striscia a fumetti sul Sunday Express e perfino una biografia apparsa nel 2021. Troppo, per un impiegato pubblico? Ma no. Beati i paesi che non solo hanno bisogno di eroi, ma li scelgono pelosi. Altro che settimane di diatribe e analisi e polemiche e spaccature in quattro di capelli e magari pure di qualcos’altro su Sanremo. Qualsiasi persona di retto sentire che non sia un ratto non può che trovare simpaticissimo Larry. Gli altri si tengano pure i loro Fedez.

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