Dal Washington Post
Lo stato del putinismo. Viaggio nella Russia dopo quasi un anno di guerra
La propaganda del presidente russo fa il conto alla rovescia e dice che la storia ripete sé stessa. “Semplicemente non può perdere”, sostengono i suoi
Mosca. Il presidente Vladimir Putin ama dipingere se stesso come un nuovo zar, come Pietro il Grande o Ivan III, il gran principe del XV secolo noto come il “raccoglitore delle terre russe”. Ma la guerra di Putin in Ucraina, durata un anno, non è riuscita finora a mettere in sicurezza le terre che mirava a conquistare e in Russia c’è il timore che stia conducendo la sua nazione verso un periodo buio di conflitto e stagnazione, o peggio. Alcuni esponenti dell’élite sostengono che il leader russo abbia un disperato bisogno di una vittoria militare per garantire la propria sopravvivenza. “In Russia, la lealtà non esiste”, ha detto un miliardario russo. L’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte di Putin è iniziata con l’arroganza e lo zelo di rimodellare l’ordine mondiale. Ma anche se ha subìto ripetute sconfitte militari – che hanno diminuito la sua statura a livello globale e lo hanno macchiato di accuse di atrocità commesse dalle sue truppe – Putin ha stretto la sua morsa autoritaria in patria, usando la guerra per distruggere qualsiasi opposizione e progettare una società chiusa e paranoica, ostile ai liberali, agli hipster, alle persone lgbtq e, soprattutto, alla libertà e alla democrazia di tipo occidentale.
Gli squadroni di sostenitori del presidente russo giurano che “semplicemente non può perdere” in Ucraina, grazie alla vasta ricchezza energetica, alle armi nucleari e all’enorme numero di soldati che la Russia può lanciare sul campo di battaglia. Questi sostenitori vedono Putin risorgere supremo dalle ceneri dell’Ucraina per guidare una nazione spavalda definita dal suo ripudio dell’occidente – una versione più grande e più potente dell’Iran. Ma dirigenti d’azienda e funzionari statali affermano che la posizione di Putin al vertice potrebbe rivelarsi precaria, poiché i dubbi sulle sue tattiche crescono tra l’élite. Per molti di loro, la mossa di Putin ha annullato trent’anni di progressi compiuti dal crollo dell’Unione sovietica. La visione della Russia di Putin fa inorridire molti oligarchi e funzionari statali, che confidano che la guerra sia stata un errore catastrofico che ha fallito ogni obiettivo. Ma rimangono paralizzati, timorosi e pubblicamente silenziosi. “Tra le élite, pur comprendendo che si è trattato di un errore, hanno ancora paura di fare qualcosa”, ha detto l’unico diplomatico russo che ha lasciato pubblicamente l’incarico per la guerra, Boris Bondarev, in precedentemente in servizio presso la missione russa delle Nazioni Unite a Ginevra. “Perché si sono abituati al fatto che Putin decida tutto”.
Alcuni sono sicuri che Putin possa mantenere il suo potere anche senza una vittoria, finché continuerà la guerra e logorerà la determinazione e le forniture di armi dell’occidente. Per far sì che l’élite agisca, ha detto Bondarev, “deve esserci la consapevolezza che Putin sta portando il paese al collasso totale. Mentre Putin continua a bombardare e ad attaccare, la gente pensa che la situazione non sia poi così grave. Deve esserci una perdita militare totale, e solo allora la gente capirà che deve fare qualcosa”. Ciò su cui tutti gli schieramenti sembrano concordare è che Putin non mostra alcuna volontà di arrendersi. Mentre la posizione della Russia sul campo di battaglia si deteriorava negli ultimi mesi, Putin ha ripetutamente inasprito i toni, cambiando i suoi comandanti, scatenando brutali attacchi aerei sulle infrastrutture civili e minacciando di usare armi nucleari. Ora, con le sue truppe rinforzate da soldati di leva e detenuti pronte a lanciare nuove offensive, il settantenne leader russo ha bisogno di una vittoria per mantenere la propria credibilità. “Putin ha bisogno di un successo per dimostrare alla società che ha ancora molto consenso”, ha detto un alto funzionario della sicurezza ucraina, parlando a condizione di anonimato per discutere di questioni politicamente sensibili.
Un enorme cartellone pubblicitario raffigurante il presidente russo Vladimir Putin e la sua citazione: "Come possiamo vincere senza Stalingrado?" (Washington Post)
L’indifferenza di Mosca
Mentre le vittime aumentano in Ucraina, riempiendo i cimiteri delle province russe, la facciata scintillante di Mosca trasmette una città edonistica e indifferente. I suoi ristoranti e caffè sono pieni di giovani clienti alla moda che sfoggiano abiti firmati europei, si scattano selfie con gli ultimi iPhone e ordinano pizza al tartufo o anatra confit da accompagnare con cocktail alla moda. Ma sotto sotto, Putin sta creando una società militarizzata e nazionalista, nutrita di propaganda e ossessionata da una guerra “esistenziale” contro gli Stati Uniti e la Nato. Finora, nessuno nell’ufficialità ha avuto il coraggio di obiettare – almeno non pubblicamente. “Qualunque cosa dica, viene presa così”, ha detto il caporedattore della Nezavisimaya Gazeta, Konstantin Remchukov, con un forte schiocco di dita. Da quando Putin è salito alla presidenza nel 2000, la sua legittimità si è basata sulla sua popolarità e statura tra le élite, rafforzata dalla sua capacità di instillare paura spogliando alcuni dei loro beni e gettando altri in prigione. Le sconfitte in Ucraina lo hanno intaccato. Il presidente sembra ossessionato dal momento in cui, da giovane ufficiale del Kgb in servizio a Dresda, l’Unione sovietica “rinunciò alla sua posizione in Europa” con il crollo del Muro di Berlino. E la sua ricerca dell’impero perduto con il successivo crollo sovietico sta riportando il suo paese in un passato grigio, repressivo e isolato. Per Putin, i suoi sforzi sono una ricerca per correggere ciò che ha percepito come torti storici. Nella sua visione revisionista quasi maniacale, l’Ucraina è sempre appartenuta alla Russia.
Nonostante le sconfitte militari, Putin ha stretto la morsa autoritaria, usando la guerra per distruggere l’opposizione
Ma anche se Putin dovesse in qualche modo costringere l’Ucraina a capitolare e a cedere i territori occupati, a rimetterci sarebbero soprattutto i membri dell’élite che propendono per una società più liberale. E’ probabile che le punitive sanzioni economiche occidentali rimangano in vigore, e alcuni oligarchi sarebbero indubbiamente costretti a pagare per ricostruire le nuove terre russe. Alcuni analisti prevedono un’epurazione a tappeto degli oligarchi e di altre persone ritenute non sufficientemente patriottiche. Già si intravedono scorci scioccanti della nuova Russia di Putin: una coppia in un ristorante di Krasnodar è stata arrestata, ammanettata e costretta a terra dopo essere stata denunciata alla polizia da un origliatore che li aveva sentiti lamentarsi silenziosamente della guerra. Una donna anziana su un autobus è stata trascinata giù dal sedile, gettata a terra e spinta violentemente fuori dalla porta dai passeggeri perché aveva definito la Russia un impero che manda uomini a combattere con stivali di gomma a basso costo. Alcuni video mostrerebbero membri del gruppo mercenario Wagner, approvato dal Cremlino ma tecnicamente illegale, che giustiziano i “traditori” a colpi di mazza. L’ex funzionario della banca centrale Alexandra Prokopenko ha descritto un’atmosfera in cui i funzionari temono la prigione a causa delle intimidazioni dei servizi di sicurezza. “E’ una preoccupazione per ogni membro dell’élite russa”, ha detto Prokopenko, che è in esilio in occidente. “E’ una questione di sopravvivenza per i funzionari di alto e medio rango che sono rimasti tutti in Russia. Le persone sono piuttosto terrorizzate per la loro sicurezza”. Ha detto che gli ex colleghi ancora in banca le hanno detto di non vedere “nessuna buona uscita per la Russia in questo momento”.
Un contraccolpo su due fronti
Sempre più isolato, Putin deve affrontare il crescente risentimento dei nazionalisti falchi che sostengono che avrebbe dovuto agire in maniera più radicale per conquistare Kyiv e di una fazione di orientamento liberale che ritiene la guerra un grave errore. Il presidente ha ristretto la sua cerchia interna a pochi integralisti e adulatori, ha eliminato senza pietà i rivali dell’opposizione e ha creato un formidabile apparato di sicurezza per proteggersi da qualsiasi minaccia. Gli analisti pro Cremlino vedono nell’escalation – l’invio di più soldati e l’aumento della produzione militare – la strada per la vittoria. Questo sembra adattarsi al carattere di Putin. Ma nessuno sa quale sia l’obiettivo militare attuale o cosa Putin possa considerare una vittoria. Alcuni dicono che si accontenterà di conquistare tutte le regioni orientali ucraine di Donetsk e Luhansk, dove la Russia ha iniziato a fomentare la guerra separatista nel 2014. Altri dicono che non ha rinunciato ai suoi progetti di conquistare Kyiv e rovesciare il governo.
Un tram a Volgograd, in Russia, è marchiato con una pubblicità dell'esercito russo (Washington Post)
L’anno di guerra
A settembre, la prima grande controffensiva dell’Ucraina aveva messo in luce l’istinto di Putin nel gestire una crisi: un doubling-down prepotente fatto apposta per interrompere qualsiasi percorso di compromesso. La sua pretesa illegale di annettere quattro territori ucraini, pur non controllandoli militarmente, era una tattica per bruciarsi tutti i ponti, e tracciare nuove linee rosse sulla mappa dell’Ucraina. Il suo discorso in occasione delle presunte annessioni, nella sala San Giorgio del palazzo del Cremlino, aveva raggiunto un nuovo picco d’isterismo nel denunciare “il satanismo assoluto” dell’occidente e il suo desiderio di ingoiare la Russia e distruggerne i valori. “Non vogliono che siamo liberi, vogliono che siamo una colonia”, ha detto: “Non vogliono una cooperazione paritaria, vogliono saccheggiarci. Non vogliono vederci come una società libera, ma come una massa di schiavi senz’anima”. Aveva ripetutamente fatto riferimento alla volontà di creare un mondo multipolare in cui la Russia riconquistasse il posto che le spetta tra le grandi potenze.
I sostenitori vedono Putin risorgere supremo dalle ceneri dell’Ucraina, in una nazione spavalda più potente dell’Iran
A volte, Putin ha rimproverato malamente uno dei suoi funzionari per i suoi errori, in modo che anche gli altri temessero l’umiliazione pubblica. Ha premiato ed elogiato figure delinquenziali, come il leader ceceno Ramzan Kadyrov e il fondatore della Wagner, Evegeni Prigozhin, ma li ha anche rapidamente frenati quando sono usciti dalle righe. A volte, Putin è sembrato estraneo in modo bizzarro dalla realtà della sua guerra. Giorni dopo che i blogger favorevoli alla guerra hanno riferito, la settimana scorsa, che decine di carri armati russi e molti soldati sono andati perduti in un fallito attacco a Vuhledar che ha coinvolto l’élite russa della 155esima brigata di fanteria della Guardia navale, Putin si è vantato con i giornalisti che la “fanteria della marina sta lavorando come dovrebbe – proprio ora – combattendo eroicamente”. Nel frattempo, un profondo pessimismo è calato sulla Russia. Coloro che ritengono che la guerra sia persa vanno dai liberali agli integralisti. “Sembra che sia impossibile ottenere una vittoria politica o militare”, ha detto un funzionario statale rimasto anonimo per poter parlare con più sincerità. “L’economia è sottoposta a uno stress enorme e non può durare a lungo in questa situazione”.
Il culto patriottico della morte
Pubblicamente Putin non ha espresso alcuna preoccupazione per le uccisioni brutali di civili da parte della Russia in città come Bucha, Mariupol e Izyum, mentre la sua macchina della propaganda ha definito “false” tali atrocità. La Corte penale internazionale sta indagando sui crimini di guerra in Ucraina e il Parlamento europeo ha chiesto un tribunale speciale per l’aggressione della Russia. Ma l’analista pro Cremlino Sergei Markov dice che il dibattito sui processi per crimini di guerra hanno soltanto rafforzato la determinazione di Putin. “Quale sarà la risposta di Putin? Combattere, e non importa quale sarà il prezzo”, ha detto Markov. I responsabili dell’immagine del Cremlino rappresentano il potere di Putin in eventi organizzati in cui appare come l’archetipo del dittatore – spesso una figura solitaria in lontananza che posa fiori sui monumenti agli eroi militari del passato. Le sue apparizioni con il suo presunto “popolo” appaiono finte e artificiali, con i presenti che simulano, nervosi e in soggezione.
“L’economia russa è entrata in una fase di ‘Argentinizzazione’. Sarà un lungo e lento degrado. Ci sarà meno di tutto”
Gli stessi volti riappaiono in contesti diversi, vestiti da soldati, pescatori o fedeli, sollevando dubbi su quante persone reali il presidente abbia mai incontrato. Mentre le vittime della guerra si accumulano, Putin e i suoi principali propagandisti esaltano un culto fatalista della morte, sostenendo che è meglio morire nella guerra russa che in un incidente d’auto, di alcolismo o di cancro. “Un giorno tutti quanti lasceremo questo mondo”, ha detto Putin a novembre a un gruppo di donne accuratamente selezionate, ritratte come madri di soldati mobilitati, molte delle quali in realtà attiviste del Cremlino o parenti di dipendenti di Putin. “La domanda è come abbiamo vissuto. Alcune persone non si sa se vivono o no. Non è chiaro perché muoiano, a causa della vodka o di qualcos’altro. Quando se ne vanno, è difficile dire se hanno vissuto o no. Le loro vite sono passate senza rilievo”. Ma un uomo morto in guerra “non ha perso la sua vita per niente, la sua vita era importante”.
Alcune importanti organizzazioni per i diritti, come Memorial e il Centro Sakharov, sono state costrette a chiudere, mentre stimati analisti, musicisti, giornalisti ed ex prigionieri politici sovietici sono stati dichiarati “agenti stranieri”. Le sanzioni mordono lentamente, i prezzi salgono, le imprese faticano ad adattarsi, e gli economisti e i dirigenti prevedono un lungo declino economico in mezzo all’isolamento dalla tecnologia, dalle idee e dalle catene di valore occidentali. “L’economia è entrata in un lungo periodo di ‘Argentinizzazione’”, ha detto un secondo oligarca russo: “Sarà un lungo e lento degrado. Ci sarà meno di tutto”. Con la guerra, Putin ha cambiato profondamente la Russia, imponendo una stretta alle libertà e spingendo centinaia di migliaia di russi a emigrare. In futuro, secondo gli analisti, i più liberali favorevoli alla democrazia non saranno tollerati. “L’opposizione filo occidentale non ci sarà più”, ha detto Markov: “Chiunque non sostenga l’operazione militare speciale non fa più parte del popolo”, ha puntualizzato, usando le parole di Putin. Ma il secondo miliardario russo è convinto che un giorno, in qualche modo, il paese diventerà “un normale paese europeo non imperiale” e che i suoi figli, che hanno il passaporto americano, torneranno. “Voglio che tornino in una Russia libera, naturalmente”, ha detto, “in una Russia libera e democratica”.
Robyn Dixon da Mosca
e Catherine Belton da Londra
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