Negli Stati Uniti
Il creatore di fake news che piaceva a Trump non se la passa troppo bene
James O’Keefe è stato silurato da Project veritas, piattaforma amata dal mondo Maga ultra trumpiano per i "fatti alternativi" che divulga, dopo aver usato i fondi della sua stessa società per usi personali. “Combatterò in modo diverso per la verità”, ha detto dopo l'abbandono
Nel mondo dei provocatori del web, l’organizzazione americana di estrema destra Project veritas si è distinta per i suoi modi piuttosto aggressivi. Fondata nel 2010, Project veritas ha sempre proclamato di avere come obiettivo della sua azione mediatica lo “smascheramento dei media mainstream”. Ovviamente, a partire da quelli progressisti. Come? Tramite l’uso di telecamere nascoste, con un uso spregiudicato del montaggio selettivo e usando anche agenti provocatori travestiti. A volte uno di questi era proprio il loro fondatore, James O’Keefe, che già aveva perfezionato queste tecniche da freelance: nel 2009 si era finto sfruttatore di una prostituta che andava a chiedere aiuto ad Acorn, un’organizzazione caritatevole che si occupa di persone in difficoltà e che, secondo la tesi di O’Keefe, copriva anche reati come lo sfruttamento della prostituzione.
E così sembrava, grazie a una sapiente manipolazione delle dichiarazioni dei dipendenti di Acorn, colpevole, secondo il futuro fondatore di Project veritas, di registrare molte persone di origine straniera come elettori e quindi, potenzialmente, in grado di aiutare i democratici. Da lì partì la creazione di Project veritas, grazie alla fama di O’ Keefe, molto vicino al presidente Donald Trump e garanzia di visibilità mediatica. Da qualche giorno però il fondatore non ricopre più una posizione all’interno della struttura che lui stesso ha fondato. È stato cacciato per avere usato i fondi della società per usi personali.
Andiamo con ordine: a partire dal 2010, Project veritas è diventata un punto di riferimento del mondo Maga ultra trumpiano: negli ultimi anni aveva tentato di dimostrare come in Texas un’attivista democratica avesse votato al posto di un’anziana signora (che però era sua zia e secondo la legge americana è perfettamente legale aiutare un parente a votare) e come si potesse votare due volte alle presidenziali del 2020 in New Hampshire, vinte dai democratici. Nel luglio 2017 un altro infiltrato aveva tentato di vendere al Washington Post la storia di una possibile vittima di molestie subite da parte di Roy Moore, candidato repubblicano al Senato in Alabama, smascherata dai controlli giornalistici di routine svolti dal giornale. Questi scivoloni però non hanno impedito all’organizzazione di raccogliere fondi da diversi donatori, a partire dal Donors Trust vicino ai fratelli Koch, che ha versato sempre più soldi nelle loro casse. Partendo da 25 mila dollari nel 2011, sono arrivati a oltre 4 milioni del 2019. Negli ultimi anni, Project veritas ha seminato dubbi non solo sulle elezioni presidenziali del 2020, ma anche sui vaccini. Lo scorso 27 gennaio ha diffuso un comunicato che accusava Pfizer di avere programmato “nuove mutazioni del Covid”.
Insomma, Project veritas forniva quei “fatti alternativi” che il mondo trumpiano voleva, spacciandosi come testata giornalistica. Cosa può aver fatto di tanto grave O’Keefe? Semplicemente ha perso il controllo di sé: ha bullizzato i dipendenti comportandosi come un piccolo tiranno e ha usato i fondi generosamente offerti da grandi e piccoli donatori (Project veritas si sostiene anche grazie al crowdfunding) per scopi personali: in un comunicato si legge che avrebbe speso “14 mila dollari per un volo privato con cui ha raggiunto un artigiano che avrebbe dovuto riparare il suo yacht”, 150 mila dollari per “auto di lusso” e infine 60 mila euro per degli spettacoli di danza chiamati “Project veritas experience”.
Come le vicende di altri esponenti del mondo Maga, le giustificazioni che funzionano per Trump in genere non funzionano per i suoi seguaci: a poco è valsa la difesa d’ufficio fatta dal figlio dell’ex presidente Donald Jr. e l’annuncio-minaccia di O’Keefe – “Combatterò in modo diverso per la verità”. O’Keefe ha dovuto lasciare l’organizzazione da lui stesso creata, forse anche per la decisione presa da Charles Koch di smettere di donare a gruppi ritenuti “divisivi”. Il declino del trumpismo ha trascinato con sé uno dei suoi precursori: senza le manipolazioni di O’Keefe, forse lo stesso Trump non avrebbe avuto il coraggio di lanciarsi nella corsa presidenziale a giugno 2015.
Cosa c'è in gioco