Dagli elmetti ai carri armati
La conversione tedesca su Kyiv spiegata da Roth (Spd)
Il presidente della commissione Esteri del Bundestag ci spiega perché armare l'Ucraina è giusto. E perché la mancanza di rapidità di Scholz negli investimenti militari è dovuta ad alcune resistenze nel partito e nella società tedesca
Berlino. Lo spostamento all’ultimo minuto dell’incontro dalla sede dalla stampa estera all’abitazione privata dell’intervistato ci ricorda che il conflitto russo-ucraino non è la sola emergenza. Michael Roth è risultato positivo a un test per il coronavirus. Così preferisce ricevere i giornalisti stranieri in modo virtuale da casa. Cappellino in testa e maglione di lana, il presidente della commissione Esteri del Bundestag è un po’ rosso in volto ma sta bene abbastanza per fare il punto sul conflitto russo-ucraino. Il socialdemocratico Roth, 52 anni ad agosto, è un esperto di cose europee avendo servito dal 2013 al 2021 come sottosegretario agli Affari Ue negli ultimi due governi di grande coalizione di Angela Merkel. Sul profilo Twitter del deputato spiccano la bandiera europea e quella giallo-blu dell’Ucraina, un paese del quale Roth si rivela un grande sostenitore. E benché la guerra non piaccia a nessuno, l’esponente della Spd è convinto che l’Europa debba continuare a sostenere Kyiv politicamente e militarmente “fino a quando avrà forza sufficiente per sedersi a un tavolo negoziale dove ribadire il suo carattere di stato sovrano e indipendente”.
Le principali correnti della Spd sono tre: ci sono i “miglioristi” del Circolo di Seeheim, i riformatori di Netzwerk Berlin e i progressisti di Sinistra parlamentare, aperti al dialogo con Verdi e socialcomunisti della Linke. Roth appartiene a questo gruppo, eppure è in rotta di collisione con Sahra Wagenknecht, l’esponente della Linke coautrice, assieme alla storica rappresentante delle femministe tedesche Alice Schwarzer, di un “Manifesto per la Pace”. Nel documento che conta 600 mila firme di sostegno le due donne chiedono al cancelliere Olaf Scholz di fermare “l’escalation delle forniture di armi” e di assumere invece “la guida di un’alleanza per il cessate il fuoco e il negoziato”. Una proposta “inaccettabile per il governo”, dice Roth. Che poi rilancia: “A fine febbraio stiamo ancora parlando di una Leopard-Koalition per inviare più carri armati all’Ucraina: io l’avevo già proposta lo scorso settembre”. Il presidente della commissione Esteri crede nelle armi e plaude ai vicini polacchi, “gli unici in tutta Europa a investire seriamente nella Difesa”. La Germania non l’ha fatto e oggi ha una Bundeswehr molto arrugginita, ammette Roth. “Però abbiamo imparato dai nostri errori e oggi stiamo investendo 100 miliardi nella sicurezza nostra e dei nostri alleati”, si riprende subito dopo. Roth sottolinea che non si tratta di un semplice cambiamento di rotta ma di un doppio cambio di paradigma. Oltre a riarmarsi, la Germania di oggi invia armi in teatri di guerra, “e siamo passati in pochi mesi da 5 mila elmetti a carri armati Leopard 2”.
La rottura con Mosca sarà pure stato un trauma per molti ma per Roth è stato il risveglio da un brutto sogno: “La dipendenza energetica è stata uno sbaglio, e anche nell’ambito degli accordi di Minsk sull’Ucraina abbiamo lasciato che ci prendessero in giro”. A sentire uno degli esponenti più atlantici della Spd, la Berlino di oggi non assomiglia neanche un po’ a quella fondamentalmente pacifista di ieri. Ma allora, gli chiediamo, perché in Europa non si parli d’altro che dell’indecisione di Scholz, a dispetto, oltretutto, della grande generosità degli aiuti economici e militari tedeschi. Roth risponde al Foglio con tre parole: “E’ la democrazia”. E spiega che quando sei immerso fino al collo nell’antimilitarismo a causa del tuo passato storico – e dalla Shoah risale fino alla Prima guerra mondiale – “spostare l’intera società su nuove posizioni richiede tempo e fatica”. Roth, che di professione è politologo, difende il cancelliere ricordando come la Spd sia uno degli specchi della società tedesca: “Al suo interno ci sono quelli come me, per aiuti velocissimi, ma anche quelli più cauti”.
Olaf Scholz, insomma, non tentenna ma lavora alla sintesi. Quanto agli aiuti, Roth puntualizza: “Noi non siamo generosi: noi stiamo facendo un grande investimento nella pace in Europa: perché se l’Ucraina cadrà, dopo toccherà alla Moldavia” e la Russia sarà inarrestabile. Poi esprime frustrazione per gli scarsi progressi della Leopard Koalition: “Posso capire solo i dubbi della Finlandia che ha una forte dotazione di Leopard 2 ma anche un lungo confine con la Russia e dunque esita a mandare i panzer fino a che non avrà garanzie sul proprio accesso alla Nato”. Degli altri alleati armiamoci-e-partite non parla. “Aspettavano noi. Noi ci siamo. Che facciano chiarezza”.
L'editoriale dell'elefantino