Ieri e oggi
Le avanguardie per la democrazia e un establishment formidabile a sostegno dell'Ucraina
I grandi dell'occidente che combattono le autocrazie hanno le loro remore e lentezze ma hanno garantito un anno di straordinario supporto a Zelensky e al suo popolo, nell’interesse internazionale dell’equilibrio e della pace violata da Mosca
Le guerre non sono il campo privilegiato della logica o della razionalità, al contrario, sono il luogo delle passioni facinorose. Bisogna dire che, nonostante segni mediatici in contrario, questo anno di guerra ha dimostrato che l’occidente, nei quasi ottanta anni che ci dividono dalla fine dell’ultima guerra mondiale centrata sull’Europa, ha fatto passi da gigante nella consapevolezza di sé e della posta in gioco. Il chiacchiericcio velenoso dei talk-show di più bassa levatura, contrastato peraltro da preziosi scampoli di magnifica informazione dal fronte nei telegiornali e sulla stampa, è un’inezia in confronto alla situazione dell’opinione pubblica quando era Hitler a volersi esercitare nell’arte della conquista e nella devastazione del suolo europeo.
Oltre metà dell’opinione americana, per esempio, era isolazionista, pacifista, quando non apertamente ostile all’autodifesa di Francia e Inghilterra di fronte all’avanzata della Wehrmacht e alle imprese apocalittiche della Luftwaffe su Londra nella battaglia dei cieli. Trump, perfino lui, non osa ricalcare, per ora, le orme di Charles Lindbergh, un influencer di un certo peso della tendenza “America First”, l’eroe della prima trasvolata atlantica. Lindbergh difendeva il Neutrality Act “contro le razze ebraica e britannica” che vogliono “portare il nostro paese alla distruzione”. Aggiungeva: è “ovvio” che i britannici stanno perdendo la guerra, e che erano destinati alla sconfitta a prescindere da qualsiasi aiuto possibile da parte dell’America. Il padre di John Kennedy, Joseph, fu richiamato a Washington dalla sede di ambasciatore a Londra perché diceva esattamente le stesse cose (per chi voglia rinfrescarsi la memoria c’è in merito un bell’articolo di Deborah Friedell sulla London review of books).
Per ottenere dal Congresso l’invio di armi a Churchill, mentre infuriavano i bombardamenti sulla capitale britannica, Franklin Roosevelt s’inclinò alla mezza bugia e suggerì che l’invio di armamenti avrebbe tenuto lontana la guerra per le truppe americane, avrebbe risparmiato il loro coinvolgimento sul terreno.
Della fazione isolazionista, con la solita buona coscienza apparente delle ideologie e demagogie anticoloniali, facevano parte i sinistri doppiogiochisti dell’antimperialismo a due velocità, per esempio Frances Gunther, archetipo di tutti gli scollacciati odiatori di Zelensky: all’inizio del Blitz di Göring scrisse, questa antesignana dei chiacchieroni pacifisti d’Italia e d’Europa, che sperava “nella rasatura al suolo di Londra finché non fosse rimasta che pietra su pietra, finché la città non diventi calva come la povera vecchia testa di Jawaharlal Nehru”, insomma il valoroso popolo indiano come scusa, alla pari del “valoroso popolo iracheno”, per le peggiori mestizie della resa all’autocrazia e dell’odio antibritannico, ieri, come antiamericano oggi. La grande Dorothy Thompson, su una piattaforma mediatica letta in mezzo mondo di lingua inglese, ma contro molti baroni dell’informazione che le facevano gli occhi truci e la combattevano, non si stancava di esprimere il suo interventismo antinazista con parole di fuoco, considerando “codardi confusi”, “struzzi” e “architetti del cinismo”, “gente impaurita di svegliarsi e di vivere” i nerboruti e molto più influenti chiacchieroni di ieri. In risposta si sentiva dire che era un’isterica, che (Alice Roosevelt Longworth) “era l’unica donna nella storia che aveva avuto in pubblico il suo ciclo mestruale e lo aveva messo a reddito”, che era un’agente britannico.
L’equivoco passionale e ideologico, che finì d’incanto solo con il bombardamento giapponese di Pearl Harbor (lezione storica che il presunto Putin nucleare dovrebbe conoscere), non è dunque una novità o una première. La differenza è che oggi, malgrado una vasta platea indifferenziata e indifferente, come succede sempre nella storia umana, le avanguardie che combattono le autocrazie e difendono la libertà democratica hanno dietro di sé un establishment che ha le sue remore e le sue lentezze ma, con gli Scholz, i Macron, i Sánchez, le Meloni, i BoJo e i Sunak, i formidabili est e centroeuropei, e naturalmente Biden, ha garantito un anno formidabile di sostegno agli ucraini nell’interesse non retorico della civilizzazione comune e nel più vero, banale, interesse internazionale dell’equilibrio e della pace violata dalla Russia.