sabotaggi e confini

Cosa volevano quaranta uomini armati nella regione russa di Bryansk

Micol Flammini

Un gruppo armato russo con legami con l'Ucraina afferma di aver preso il controllo di due villaggi per spronare le persone a ribellarsi. Kyiv parla di "provocazione deliberata", Mosca di terrorismo 

Alle 11.30, ora di Mosca, il governatore della regione di Bryansk, Aleksander Bogomaz, ha comunicato che il villaggio di Ljubechane era stato violato da un “gruppo di  sabotaggio e ricognizione” proveniente dall’Ucraina. Il racconto del governatore continuava: i “sabotatori”  hanno sparato contro un’auto, uccidendo un civile e ferendo un bambino. Da questo momento, le ricostruzioni si contraddicono e si affastellano tra resoconti dei media e comunicazioni istituzionali.  I “sabotatori” sono stati identificati in un numero che va da quaranta a cinquanta e i villaggi sono diventati due: a Ljubechane si è aggiunto Sushani, a venti chilometri l’uno dall’altro. Poi gli uomini arrivati in Russia si sarebbero scontrati con  la Guardia nazionale.  I servizi di sicurezza hanno affermato che stavano lavorando  per “distruggere i nazionalisti ucraini armati”. Nel primo pomeriggio, il governatore della regione ha detto che il numero delle vittime era salito a due e, secondo una fonte dell’agenzia Tass, gli uomini avevano già abbandonato il territorio disseminando mine. Il racconto si muove su quattro piani: le dichiarazioni locali, quelle di Mosca, la rivendicazione finale e la posizione di Kyiv. 

   

Mentre le autorità di Bryansk annunciavano e  smentivano i media, al Cremlino circolava una parola che nella politica russa vuol dire moltissimo: terrorismo. Il significato di terrorismo per Mosca ha molte sfaccettature perché è stato utilizzato da Vladimir Putin per giustificare operazioni militari e strette sui diritti civili. A inizio settimana il presidente russo si era presentato davanti ai suoi ex colleghi dell’Fsb dicendo che bisognava pensare alla sicurezza contro i terroristi, soprattutto i neonazisti, che vogliono dividere la società. Putin ha cancellato i suoi impegni, era atteso a Stavropol, ha convocato il Consiglio di sicurezza per oggi e ha tenuto una breve dichiarazione, dicendo che a Bryansk era in corso un attacco terroristico e poi ha detto, rivolto ai sabotatori: “Li schiacceremo”. Tutte le autorità moscovite, senza indugi, hanno accusato l’Ucraina di aver orchestrato l’attacco. Kyiv ha smentito, ha parlato di una “provocazione deliberata” da parte di Mosca. Nel frattempo, da tutta la Russia sono arrivate notizie di esplosioni, attacchi con droni – uno dei quali sarebbe stato contro un edificio residenziali proprio a Sushani – e incendi.

 

Bisogna arrivare alla rivendicazione per porsi tutte le domande del caso. Nel pomeriggio, un gruppo con il nome di Russkij dobrovol’cheskij korpus, Corpo volontario russo (Rdk), ha detto di essersi introdotto in Russia ma senza l’intenzione di danneggiare i civili. Con un video  il capo del gruppo conosciuto come Denis Kapustin o Nikitin o WhiteRex (questo è il suo nome di battaglia) ha incitato i russi: è ora che capiate che non siete schiavi, iniziate la ribellione, lottate. Il gruppo ha combattuto in Ucraina, Nikitin è un nazionalista che si oppone a Putin, crede che la Russia dovrebbe arrivare a essere una nazione omogenea dal punto di vista etnico, ha vissuto a lungo a Colonia e nel 2022 ha fondato il suo corpo di volontari. Salta all’occhio come tutto sembri comodo per Putin: un nazionalista di estrema destra, al quale è stato rifiutato il visto Schengen nel 2019, che entra in Russia e causa la morte di due persone potrebbe essere utile al presidente russo per dare maggiore giustificazione alla guerra. Durante la seconda guerra in Cecenia, gli oppositori del Cremlino accusavano il presidente di architettare falsi attentati sanguinosi, come le esplosioni di palazzi residenziali, per accusare i ceceni e giustificare il conflitto. Mosca non è nuova alle operazioni di sabotaggio, false flag, che usa come pretesto per nuove operazioni militari, soprattutto alla vigilia di un  Consiglio di  sicurezza straordinario. La presenza del corpo di combattenti di Nikitin in Ucraina è documentata anche da analisti occidentali. Michael Colborne del progetto investigativo Bellingcat  ha studiato e cercato di contattare più volte Nikitin e  ritiene che non si tratti di un’operazione false flag da parte di Mosca, piuttosto di qualcosa di cui difficilmente Kyiv   era all’oscuro. L’ex deputato russo Ilya Ponomarev,  le cui affermazioni vanno sempre lette con raccomandabile distanza, ha detto che il gesto di  Rdk è  simbolico ed è una risposta alla richiesta di Putin di rafforzare le frontiere, che,  in effetti, confinando con un paese in guerra, sembrano talmente sguarnite   da lasciar entrare e uscire quaranta uomini armati. 

 

Alla squadra di giornalisti di Ria Novosti che osserva il Cremlino e ogni giorno documenta i particolari più curiosi dei discorsi di Putin non è sfuggito un dettaglio: durante la sua dichiarazione, sul retro dei fogli che teneva in mano, il presidente russo aveva scritto: Darja Aleksandrovna Dugina. Il nome della figlia di un noto propagandista russo uccisa in agosto. Quel giorno il Cremlino si sentì molto vulnerabile. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)