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Berlino vuole entrare nel Consiglio di sicurezza dell'Onu e guarda al passato. Il piano italiano

Daniel Mosseri

Il tentativo di Germania, Brasile, India e Giappone di ottenere un seggio permanente in seno al massimo organo decisionale delle Nazioni Unite è un vecchio cavallo di battaglia dei tedeschi. Sorprende però la tempistica di un appello lanciato nel mezzo di una guerra in Europa

Berlino. Sostegno reciproco nella battaglia diplomatica per allargare il Consiglio di sicurezza (Cds) dell’Onu ad altri quattro paesi. Se lo sono promesso il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva e il cancelliere tedesco Olaf Scholz in occasione della recente visita del leader europeo a Brasilia. 

    
Il tentativo di Germania, Brasile, India e Giappone – il cosiddetto G4 – di ottenere un seggio permanente in seno al massimo organo decisionale delle Nazioni Unite
è un vecchio cavallo di battaglia dei tedeschi. Il piano era stato già illustrato nel 2015 (e molte volte prima ancora) dall’allora cancelliera tedesca Angela Merkel. Rivolta all’Assemblea generale dell’Onu, Merkel aveva invocato “una riforma del Consiglio di sicurezza che rifletta il potere reale nel mondo meglio di quanto faccia la situazione odierna”. Al Cds spetta il compito di mantenere la pace e la sicurezza internazionali: può disporre sanzioni vincolanti per gli stati membri e operazioni per il mantenimento della pace (peace-keeping); ma può anche organizzare o autorizzare azioni di peace-enforcing, che prevedano l’uso della forza per risolvere una crisi considerata una minaccia alla pace e alla stabilità globali. I  membri del Cds sono 15: dieci sono scelti a rotazione fra i membri dell’Assemblea generale e cinque (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito) sono membri permanenti con diritto di veto, un potere che soprattutto statunitensi e russi hanno abbondantemente usato gli uni contro gli altri, evitando così di subire condanne ufficiali da parte dell’organo di cui sono parte integrante. 

   
Che Germania e Brasile, due grandi economie, sgomitino per entrare nel Cds è tutto sommato naturale: sorprendente è invece la tempistica di un appello lanciato nel mezzo di una guerra in Europa. Sarà forse la Zeitenwende, la svolta epocale menzionata da Scholz, leader di una Germania oggi molto più presente sulla scena internazionale di quella di Gerhard Schröder che nel 2002 disse “no” a George W. Bush quando questi chiese la partecipazione della Germania alla Seconda guerra del Golfo.

  
Al di là del contesto internazionale, la proposta del G4 non ha mai avuto successo anche per la netta opposizione dell’Italia. In tempi recenti è stato Joe Biden a rilanciare il tema di un ammodernamento delle Nazioni Unite ma, come spiega al Foglio un alto diplomatico italiano che chiede l’anonimato, se è vero che l’architettura dell’Onu è vecchia di 75 anni è altrettanto vero che il progetto tedesco “guarda più al passato che al futuro”. In soldoni: oggi il Cds non funziona come dovrebbe proprio per i veti incrociati dei  membri permanenti e non si vede come aumentare il loro numero potrebbe giovare all’efficienza del Palazzo di Vetro. Anche i paesi africani, “peraltro molto sottorapresentati”, puntano a due seggi con diritto di veto da assegnare a membri dell’Unione africana (Ua).

 

A queste proposte fa da contrasto quella di Uniting for consensus (Ufc), un gruppo animato proprio dall’Italia che propone una riforma più strutturata del Cds con la creazione di nuovi seggi ordinari, il che permetterebbe a tanti stati medi e piccoli di affacciarsi sul governo del mondo, come anche di seggi di lunga durata, ovvero seggi rinnovabili per paesi che per dimensioni, impegno finanziario o aspirazioni ideali puntino a rimanere per più anni consecutivi nel Cds. Soprattutto, secondo la fonte, la proposta italiana ha il pregio di essere “adattiva”, perché si adatta nel tempo all’esito del dibattito sulla riforma dell’Onu né pregiudica ulteriori sviluppi futuri. Ed è “consensuale”, perchè rifiuta una riforma attuata a colpi di maggioranza, “tant’è che è apprezzata anche da stati che  non la appoggiano formalmente”. Ma soprattuto è “democratica”, perché mantiene il meccanismo dell’elezione, opponendosi a chi vuole entrare nel Cds per restarci ad libitum. L’elezione garantisce poi il principio dell’accountability che è l’esatto contrario del diritto di veto. Senza dimenticare il principio della rappresentatività nell’immediato e in futuro: “A che titolo – conclude la fonte – la Germania si candida al Cds?”. Ormai da oltre vent’anni la proposta di Ufc ha messo in stallo quella del G4. Sullo sfondo resta un Cds immobile. E’ stata infatti l’Assemblea generale, che però non ha poteri vincolanti, a condannare a marzo 2022 l’invasione russa dell’Ucraina. Il Cds è rimasto invece bloccato dal veto opposto da Mosca a una risoluzione di condanna.

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