Editori di Francia
C'è un “evangelizzatore” chiacchierato nella corsa per prendersi Editis
In molti si sono candidati all'acquisto del gruppo che conta più di cinquanta maison nel suo portafoglio. Fra loro, una certa curiosità l'ha susciata un trio di imprenditori di posizioni cattolico-tradizionaliste
Parigi. Per finalizzare l’acquisto di Hachette Livre attraverso il colosso editoriale che la detiene, Lagardère, il magnate bretone Vincent Bolloré, patron di Vivendi, è costretto a cedere Editis, mastodonte del mondo dell’editoria francese con più di cinquanta maison nel suo portafoglio, tra cui Robert Laffont, Plon, Julliard e i Dictionnaires Le Robert. La cessione è la conditio sine qua non per ottenere il benestare dell’authority della concorrenza europea: perché una sola holding non può essere proprietaria del primo e del secondo gruppo editoriale di Francia per dimensioni e fatturato, ossia Hachette Livre e, appunto, Editis. Il nome del futuro acquirente sarà annunciato il prossimo 8 marzo, secondo quanto rivelato alla Lettre A da una fonte vicina al dossier. Tra i candidati, oltre all’italiana Mondadori, alla canadese Québecor e al gruppo francese Reworld Media, c’è un trio di imprenditori che suscita una certa curiosità a Parigi, ma anche parecchie preoccupazioni: Stéphane Courbit, produttore televisivo a capo di Banijay, Daniel Kretinsky, miliardario ceco con investimenti nei settori energetico, retail, tech e media (è azionista del Monde e ha da poco soccorso Libération con un prestito di 14 milioni di euro), e Pierre-Edouard Stérin, fondatore di Smartbox, leader europeo nella vendita dei cofanetti regalo, nonché esiliato fiscale in Belgio dai tempi delle gabelle ai “super ricchi” decise dal presidente socialista François Hollande e dal suo consigliere Thomas Piketty.
L’attenzione degli addetti ai lavori è concentrata in particolare su Stérin, che l’Express, nel suo ultimo numero, ha definito “l’uomo che vuole evangelizzare la Francia”. Cattolico tradizionalista vicino alle posizioni dell’incendiario Éric Zemmour e dell’eterna promessa del sovranismo Marion Maréchal, Stérin organizza ogni mese gli “aperitivi del bene comune”, riunioni molto discrete dove si riuniscono attori del mondo associativo cattolico ed esponenti della destra e dell’estrema destra francese, pensate come una specie di “speed dating” tra persone con la stessa visione del mondo e tra potenziali investitori e compagni in affari. Sostenitore della Manif pour tous, il movimento contro i matrimoni gay introdotti dalla legge Taubira nel 2013, Stérin rivendica una visione “patriottica” della solidarietà (tradotto: niente iniziative progressiste o di integrazione dei migranti), attraverso il suo Fonds du bien commun finanzia Méditatio, un’applicazione di meditazione cristiana, e a titolo privato ha sovvenzionato il progetto (fallito) di Monasphère: la creazione di territori destinati esclusivamente alle famiglie cristiane. “Perché i cattolici non dovrebbero avere il diritto di vivere in un ambiente che gli assomiglia?”, si difende Stérin dalle accuse di comunitarismo. Alla guida del fondo di investimento Otium Capital dal 2009, questo padre di cinque figli ha fatto fortuna con Smartbox, prima di scommettere sulla start-up La Fourchette, piattaforma di prenotazione di ristoranti online, trasformarla in una pepita e rivenderla per 110 milioni di euro. Alla maniera del fondatore di Free Xavier Niel, imprenditore tentacolare con quote nei settori più disparati, Stérin ha partecipazioni un po’ ovunque: nella griffe di borse e piccola pelletteria Polène, nelle palestre Dynamo, nella catena di ristorazione La Pataterie e nel cuore artificiale Carmat.
“Può essere peggio di Vincent Bolloré?”, si è chiesta la responsabile di una delle case editrici del gruppo Editis. Di certo, l’uomo d’affari bretone ha una preferenza per il 49enne Stérin. Ai suoi collaboratori, Bollò dice sempre grandi cose sul senso degli affari e sulla visione conservatrice del fondatore di Smartbox, “un uomo coerente fino in fondo”, secondo le sue parole. Le maison del gruppo Editis, invece, temono che una sua vittoria il prossimo 8 marzo possa avere forti ripercussioni sulle linee editoriali e il tipo di libri che saranno privilegiati in futuro. Che è un po’ quello che sta già accadendo ai titoli di Lagardère, in preda a quella che i critici hanno chiamato “bollorizzazione degli spiriti”.