La vittoria della libertà
Con l'elezione di Kaja Kallas, in Estonia la scommessa populista è fallita
Oltre il 31 per cento degli elettori estoni ha scelto il Partito della riforma, una delle voci più forti in Europa a sostegno dell'Ucraina. I prossimi test saranno in Finlandia e Bulgaria
Bruxelles. Nello scontro elettorale tra la libertà e l’inflazione, in Estonia ha vinto la libertà. Il Partito della riforma della premier, Kaja Kallas, una delle voci più forti a sostegno dell’Ucraina, ha trionfato nelle elezioni di domenica, smentendo i timori della vigilia che lo scontento della popolazione per l’inflazione al 20 per cento, l’impennata dei prezzi dell’energia, la crisi economica e l’ondata di rifugiati provocate dalla guerra della Russia contro Kyiv potesse dirottare gli elettori verso l’estrema destra. La libertà aveva già vinto in gennaio in Repubblica ceca con l’elezione alla presidenza dell’ex generale, Petr Pavel. I prossimi due test elettorali sulla resilienza europea alle conseguenze del conflitto saranno in Finlandia e in Bulgaria il prossimo 2 aprile.
L’aggressione della Russia contro l’Ucraina ha fatto brillare la stella internazionale di Kallas. L’Estonia ha immediatamente trasferito gran parte delle sue armi a Kyiv e rinunciato al gas russo. Nell’Ue Kallas ha spinto per la linea dura sulle sanzioni e a favore della concessione dello status di paese candidato all’Ucraina. La premier estone non ha mai nascosto le “lacrime e sangue” che comporta il sostegno a Kyiv. “L’inflazione è come una tassa di guerra. Noi la paghiamo in euro”, ma “gli ucraini pagano in vite umane”, ripete spesso Kallas. Ma un conto è convincere gli spettatori della Cnn, un altro i propri cittadini. L’inflazione in Estonia è rimasta sopra il 20 per cento per buona parte del 2022. A febbraio era ancora al 17,8 per cento. L’Estonia è anche uno dei paesi che hanno accolto più rifugiati ucraini rispetto alla popolazione. Seguendo un modello ben rodato, il partito di estrema destra Ekre ha cercato di capitalizzare lo scontento per l’aumento dei prezzi e i profughi.
Kallas non è particolarmente popolare in patria. Figlia di un ex premier e commissario europeo (Sim Kallas) è vista come parte delle élite, lontana dai cittadini ordinari. Fino alla vigilia, i sondaggi sembravano incoraggianti per Ekre, con intenzioni di voto che mostravano un quasi pareggio con il Partito della riforma. Domenica la scommessa populista è fallita. Oltre il 31 per cento degli elettori estoni ha scelto il partito di Kallas, il miglior risultato di una formazione politica dall’indipendenza dell’Estonia, con un’affluenza record. Ekre e il Partito di centro, ex alleati di governo ed entrambi sospettati di vicinanza a Mosca, hanno subìto un arretramento significativo. L’estrema destra si è fermata al 16 per cento, due punti in meno rispetto al 2019. Il Partito di centro, tradizionalmente votato dai russofoni è crollato dal 23 al 15 per cento. Per contro, un piccolo partito liberale, Estonia 200, è balzato dal 4 per cento al 13.
Il presidente estone, Alar Karis, ieri ha chiesto di fare in fretta per la formazione del nuovo governo. “La situazione attuale non favorisce un lungo periodo di incertezza, tra la coalizione uscente che fa le valigie e quella entrante che deve iniziare”, ha detto Karis. Kallas si è tenuta le mani libere. I due alleati della coalizione uscente – i socialdemocratici e i conservatori di Isamaa – hanno perso una manciata di seggi. La combinazione più probabile e stabile è quella tra il Partito della riforma, Estonia 200 e i socialdemocratici: un governo liberale, progressista, pro Ucraina, europeista e atlantista. L’esito in Estonia ricalca in parte quello delle presidenziali in Repubblica ceca, dove l’ex premier, Andrej Babis, aveva puntato sul pacifismo per approfittare dello scontento della popolazione, ma era stato battuto da Pavel, ex generale intransigente con la Russia. Per l’Ue, la netta vittoria di Kallas è un sollievo. Ora gli occhi sono puntati su Finlandia e Bulgaria. A Helsinki il partito conservatore all’opposizione è in leggero vantaggio sui socialdemocratici della premier, Sanna Marin. Ma l’estrema destra dei Veri finlandesi si sta avvicinando pericolosamente, sfruttando lo scontento per l’inflazione. A Sofia la forte influenza russa potrebbe contribuire a prolungare l’instabilità che ha portato i bulgari alle urne cinque volte in due anni.