GettyImages 

In Russia crollano le entrate, aumentano le spese e si gonfia il deficit

Federico Bosco

Dopo il profondo disavanzo di gennaio gli economisti si aspettavano una certa normalizzazione, ma è successo il contrario. Mosca pensa di “ricostituire” il bilancio chiedendo un contributo alle grandi imprese. Ma il malcontento cresce

Il ministero delle Finanze russo ha pubblicato i dati di febbraio del Bilancio federale. Dopo il profondo disavanzo di gennaio gli economisti che osservano la Russia si aspettavano una certa normalizzazione, ma è successo il contrario. Nel primi due mesi del 2023 le entrate complessive di Mosca sono diminuite del 25 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, mentre le spese sono aumentate del 52 per cento: da 3.790 a 5.744 miliardi di rubli. In soli due mesi la Federazione russa ha già raggiunto circa il 90 per cento del deficit annuale fissato nella legge di bilancio a 2.925 miliardi di rubli. 

   

Secondo Janis Kluge, economista del German Institute for International and Security Affairs, se il dato di gennaio non andava considerato come rappresentativo, in quanto operavano alcuni cambiamenti nelle norme fiscali, il deficit aggiuntivo rilevato a febbraio dimostra che non si trattava di un fenomeno una tantum, ma di una tendenza. Che è tanto più rilevante per ciò che riguarda il settore degli idrocarburi. Sul fronte delle entrate è lo stesso ministero delle Finanze russo a riconoscere che il problema è il crollo del 46 per cento su base annua (cioè rispetto ai primi due mesi del 2022) delle entrate dalle esportazioni di gas naturale e petrolio. Ciò è dovuto al calo delle quotazioni del greggio degli Urali e alla riduzione dell’export di gas, con il petrolio che paga le conseguenze dall’entrata in vigore dell’embargo dell’Unione europea e del price cap del G7, e il gas che perde volumi di export a causa della chiusura dei rubinetti decisa dal Cremlino e dal disimpegno europeo dalle importazioni russe. Si tratta di un dato che rileva una contrazione rispetto a gennaio e febbraio, gli ultimi due mesi del periodo pre-bellico, quando i prezzi globali di gas e petrolio non erano ancora aumentati vertiginosamente a causa dell’invasione. Quest’anno invece la Russia dovrà affrontare l’aumento delle spese di guerra esportando meno idrocarburi e vendendoli a prezzi di gran lunga inferiori all’anno scorso

   

Sul fronte delle uscite, nel periodo gennaio-febbraio le spese sono aumentate del 52 cento, in particolare per gli appalti pubblici. Il ministero delle Finanze spiega i costi alti con la necessità di pagare in anticipo i contratti di appalto, sottolineando che le uscite dovrebbero ridursi nei prossimi mesi. “La guerra costringe Mosca a pagare in anticipo le armi”, spiega Kluge. “Ma osservando i dati complessivi, sulla base dei dati odierni la Russia dovrà finanziare una spesa molto maggiore rispetto a quanto previsto per quest’anno”. 

   

Secondo il ministero delle Finanze russo la situazione migliorerà leggermente nei prossimi mesi adottando una nuova formula per calcolare il prelievo fiscale da gas e petrolio. A partire da aprile, Mosca obbligherà infatti le sue compagnie petrolifere a pagare le tasse non sulla base del prezzo dell’Ural, come fatto finora, ma su quello molto più alto del Brent a cui viene applicato uno sconto stabilito dal governo: un modo per costringere gli esportatori russi a ridurre gli sconti elevati che offrono a indiani e cinesi, pena subire una maggiore pressione fiscale. L’obiettivo del Cremlino è riequilibrare le entrate dopo aver pianificato un budget con le quotazioni dell’Ural a 70 dollari al barile, ma che ormai viene venduto stabilmente a meno di 50 dollari mentre le compagnie russe gonfiano le spese di trasporto e assicurazione per eludere il fisco e accumulare fondi all’estero.

   

Mosca prevede anche di “ricostituire” il bilancio chiedendo un sorta di contributo di solidarietà una tantum alle grandi imprese. Ma il malcontento sta crescendo, le cose non stanno andando secondo i piani. La settimana scorsa Oleg Deripaska, potente oligarca dell’alluminio fondatore della Rusal, intervenendo al Forum economico di Krasnoyarsk ha detto che “la Russia potrebbe finire i suoi fondi già dall’anno prossimo”, facendo un discorso del tutto opposto alla vulgata dell’economia in ripresa raccontata dal Cremlino.

  

Come accade per lo scontro di potere (sempre meno nascosto) tra leader militari e paramilitari della guerra, anche l’aggiramento delle sanzioni e la trasformazione dell’economia agisce sugli equilibri interni del sistema di potere della Russia, con esisti imprevedibili, anche per Vladimir Putin.

Di più su questi argomenti: