lo studio
Un uomo russo in media vive meno di uno in Bangladesh. Le ragioni interne della fragilità
La "speranza di vita" in Russia per i maschi oggi è intorno ai 65 anni. E, in questo senso, nonostante il paese di Putin sia di medio reddito si posiziona sotto altri paesi più poveri. E la guerra peggiora le cose
Le sanzioni – il cui scopo è fermare la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina – sono articolate su più livelli. Quelle a effetto immediato, come il congelamento delle riserve che la Banca centrale russa detiene all’estero; quelle a effetto di medio termine, come il blocco parziale del commercio russo di materie prime, e quelle a effetto di lungo termine, come il blocco delle esportazioni di tecnologia. Le sanzioni stanno indebolendo, e non poco, l’economia russa. Ma quest’ultima si sta indebolendo molto anche per delle ragioni interne, che si manifestano nella sua dinamica demografica.
Subito dopo l’implosione sull’Unione sovietica, e per qualche anno, dal 1990 al 2010, la sua ex repubblica maggiore, la Federazione russa, ha registrato più decessi che nascite. Poi, per quasi un decennio, i decessi e le nascite si sono, a cavallo negli anni d’oro di Putin, quelli della crescita economica trascinata dai prezzi delle materie prime, compensati. Ma poi, in concomitanza con l’arrivo del Covid, i decessi hanno ripreso a essere più numerosi delle nascite.
Infine, il 24 febbraio 2022, è iniziata la guerra. I numeri dei decessi e delle nascite degli ultimi trent’anni anni non mostrano tutto il deterioramento legato alla qualità della vita, che si manifesta come “speranza di vita”. Quest’ultima, per un maschio russo, è oggi, alla nascita, intorno ai sessantacinque anni. Per gli uomini russi, la vita media, peraltro in calo negli ultimi anni, quindi prima del Covid e della guerra, è inferiore di qualche anno rispetto a quella del Bangladesh, un paese povero, e di quasi due decenni rispetto a quella del Giappone, un paese ricco. La Russia, come paese a medio reddito, dovrebbe stare lontano dal Bangladesh e avvicinarsi ai numeri del Giappone. Ma così non è.
Inoltre gli uomini russi, per molte ragioni tra cui l’alcolismo, muoiono in gran numero, e prima delle donne russe. E quindi, con l’andar del tempo, si creerà un grande scompenso, stimato in centoventuno donne sopra i diciotto anni per ogni cento uomini. L’opposto della Cina dove, a causa della politica del figlio unico, si hanno molti più uomini che donne.
La guerra in corso, come è facile immaginare, ha peggiorato le cose. A parte i soldati morti e i feriti, che non sono pochi, e i soldati al fronte, che, non lavorando, non generano pil e imposte per il Cremlino, si deve tenere conto di tutti i russi fuggiti all’estero per dissenso e/o per non andare in guerra. Questi ultimi sono frequentemente delle persone di elevata qualificazione. A meno di non immaginare un loro ritorno non troppo lontano nel tempo, un ritorno che può aversi in massa solo con un cambio di regime, nelle stime di crescita future si dovrà tener conto del minor apporto di una quota non modesta di manodopera qualificata.
E come seguito della vicenda dei russi con istruzione elevata fuggiti all’estero, vale la pena ricordare un paradosso, che forse è solo apparente. In Russia si ha uno dei livelli più alti al mondo di scolarizzazione, sia superiore sia universitaria. Eppure questo gran livello di istruzione non produce un numero di brevetti significativo. Se, infatti, si divide il numero di brevetti per la numerosità della popolazione con istruzione superiore – il “patent yield” – si ha per la Russia un numero simile a quello del Sud Africa. Una spiegazione possibile della modesta produzione di brevetti è l’eredità sovietica, ossia lo scarso peso dei settori industriali “leggeri” che richiedono ricerca e quindi brevetti, a favore del gran peso di quelli “pesanti”, come il settore delle materie prime non rinnovabili e il settore militare.
In conclusione, abbiamo l’effetto delle sanzioni, che pesano nel breve termine, ma soprattutto che frenano la crescita di lungo termine, quella che si sarebbe potuta avere con l’applicazione delle tecnologie occidentali finanziate dalle esportazioni di materie prime non rinnovabili, almeno fino a quando non si fosse compiuta la transizione energetica verso le materie prime rinnovabili. Le sanzioni hanno un gran peso su un paese che è già fragile, come emerge dall’osservazione della dinamica demografica. Si vive molto meno che da altre parti, mentre si hanno squilibri crescenti nella numerosità degli uomini e delle donne.