Il nuovo attacco contro l'Ucraina mostra che l'arsenale di Mosca ha i suoi aiutanti

Micol Flammini

Quali missili ha usato la Russia nei bombardamenti della notte scorsa. La guerra sul campo di battaglia e quella della paura

 Quando nei canali telegram nei mesi scorsi si diffondeva la notizia che dalla Bielorussia si era alzato in volo un Mig-31, la risposta dei cittadini ucraini rimaneva piuttosto tranquilla. A ogni allarme aereo sono costretti a fare il calcolo delle possibilità, un ragionamento freddo e cinico che però di solito li portava a pensare che in caso di Mig-31,  in grado quindi di trasportare missili Kinzhal,  sarebbe convenuto continuare le loro attività perché spesso si trattava di esercitazioni. Non è facile produrre Kinzhal e  Mosca tende a non farne un largo uso. La statistica quotidiana è una scelta obbligata in Ucraina e la notte tra mercoledì e giovedì ha fallito. La Russia ha lanciato contro tutto il territorio ucraino 81 missili, Kyiv è riuscita ad abbatterne 34. Tra i non intercettati c’erano ben sei Kinzhal, missili che hanno le capacità di eludere le difese ucraine. Yurii Ihnat, portavoce dell’Aeronautica militare,  ha detto che è la prima volta che sono state utilizzate tante tipologie di missili insieme: “E’ un attacco mai visto prima”. In dieci regioni sono state colpite infrastrutture critiche – anche la centrale nucleare di Zaporizhzhia è rimasta senza corrente – ed edifici residenziali, i morti sono stati quasi venti.

 

Il missile Kinzhal è un’arma ipersonica, come la maggior parte dei missili, con capacità nucleare, e per il momento l’Ucraina non ha uno scudo in grado di respingerlo.  Viaggia ad almeno cinque volte la velocità del suono,  è in grado di compiere manovre evasive in fase finale ed è stato utilizzato di rado contro Kyiv: a questo si affidava la statistica cittadina. Il Kinzhal, che vuol dire pugnale, è una variante del missile balistico a corto raggio Iskander, che finora è stato utilizzato con più frequenza, ed era stato presentato da Vladimir Putin nel 2018  come nuovo simbolo della potenza dell’arsenale russo. La presentazione delle armi da parte di Putin, con tanto di grafici, ha la sua ritualità, il suono di una minaccia, che nel caso del Kinzhal era rimasta piuttosto silente. Per usarne sei, secondo alcuni analisti, Mosca potrebbe averne aumentato la produzione. 

 

Questo dato va unito alla varietà di missili che sono stati utilizzati: l’assalto è stato sincronizzato dal mare e dal cielo, sono stati lanciati missili Kalibr dal Mar Nero e missili da crociera Kh-101, un connubio di armi aeree, marittime e terrestri, tutte di fabbricazione russa. Per lo sviluppo dei missili, Mosca ha bisogno di tecnologia di alto livello, anche per questo l’utilizzo dei Kinzhal era ritenuto poco probabile. Armi raffinate con sistemi complessi che aiutano a eludere le difese di Kyiv hanno bisogno di componenti altamente tecnologiche che difficilmente un paese sotto sanzioni come Mosca potrebbe ottenere, a meno che non sia aiutato da paesi terzi. I calcoli sulla produzione di armi della Russia erano sbagliati e sottovalutati sin dall’inizio, e probabilmente secondo gli analisti anche la forza dell’aiuto che può ottenere dall’esterno era stata sottovalutata. Una mappa delle traiettorie dell’attacco pubblicata da Visegrád24 mostra come i missili russi abbiano non soltanto sorvolato il cielo della Moldavia, ma siano anche finiti pericolosamente vicini al confine con la Polonia. 

 

La Moldavia  vive il terrore dello sconfinamento della guerra da quasi un anno, nei suoi cieli i missili di Mosca sono passati più di una volta e loro frammenti sono caduti nel suo territorio. Il concetto di una guerra che si allarga, mentre l’Ucraina viene mortalmente ferita, non implica soltanto soluzioni militari da parte di Mosca, che difficilmente avrebbe  i mezzi per portare la guerra direttamente in Moldavia, ma ha anche a che fare con la paura. Chisinau vive mesi di proteste organizzate da politici filorussi che hanno cercato di rimuovere la presidente europeista, Maia Sandu. Nella regione della Transnistria, che si dichiara separatista da quando la Moldavia è diventata indipendente dall’Urss, ieri le autorità hanno detto di aver sventato un attentato contro il loro leader Vadim Krasnoselsky e hanno accusato Kyiv di averlo orchestrato. Si propaga la confusione, aumenta la paura e anche questa è parte della strategia del Cremlino della guerra allargata, che è pronta ad arrivare fino in Georgia, dove nei giorni seguenti si vedrà quanto forte sia la pressione di Mosca sul partito di governo, Sogno georgiano, che ha promesso di ritirare la legge sugli agenti stranieri, soprannominata dai manifestanti, che neppure ieri hanno lasciato la piazza, “legge russa”.

 

E’ una norma che punta a marginalizzare la società civile in vista delle prossime elezioni, se passasse allontanerebbe ancora di più la Georgia dall’adesione all’Ue e lascerebbe a Mosca uno spazio in cui muoversi. La guerra attorno, fatta senza armi, viene utilizzata dalla Russia per rafforzarsi sul campo di battaglia contro l’Ucraina, che dopo  l’attacco  forte e doloroso  chiede nuovi strumenti per proteggersi e contenere la guerra.  

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)