politiche migratorie
La strategia dell'Europa fortezza non funziona, ma il Consiglio Ue insiste
L’Unione europea è alla ricerca della formula magica per la crisi dei migranti. Ma ricondurre tutto a un problema di ordine pubblico non servirà. La rotta sbagliata
Bruxelles. Nella loro deriva verso l’Europa fortezza, l’Unione europea e i suoi stati membri stanno omettendo uno degli elementi essenziali per governare il fenomeno delle migrazioni: l’integrazione di chi arriva. Al Consiglio Affari interni dell’Ue di ieri è andato in scena lo spettacolo che si ripete dalla crisi dei rifugiati del 2015-16. Il naufragio di Cutro è stato rapidamente dimenticato. Non c’è stato alcun passo avanti significativo sul nuovo Patto su migrazione e asilo. È stato rilanciato l’impegno a lavorare per i rimpatri, per lottare contro i trafficanti e per bloccare le partenze con una serie di misure già tentate invano in passato.
L’ipocrisia della Commissione è di promettere a parole una soluzione alle migrazioni che non c’è, a meno di non lanciarsi in respingimenti di massa vietati dal diritto internazionale. Tutti i ministri gridano all’emergenza, anche se i numeri mostrano un’altra realtà. Nel 2022 Frontex ha registrato 330 mila ingressi irregolari in un continente in crisi demografica. Secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat, il tasso di fertilità dell’Ue è stato di appena 1,53 figli per donna. L’Italia è terzultima con un tasso di 1,25. Arrivati su un barchino o su aereo con regolare visto, i migranti sono parte del presente e del futuro dell’Ue. L’esperienza del 2015-16 con i rifugiati siriani e quella dell’ultimo anno con i profughi ucraini mostra che la sfida dell’integrazione può essere affrontata con successo. A condizione di non ridurre le migrazioni a un problema di ordine pubblico affidato ai ministri dell’Interno.
La Commissione e l’Ue hanno fatto molto per aiutare gli stati membri nella gestione dell’emergenza iniziata nel 2015. L’Italia e la Grecia sono i primi beneficiari in termini di assistenza finanziaria. L’Ue ha pagato le motovedette per la cosiddetta “guardia costiera” libica e il suo addestramento. Frontex è stata trasformata nella più grande agenzia dell’Ue con nuovi poteri e compiti. La Commissione ha chiuso gli occhi sulle violazioni dei diritti umani e ha fatto alcuni piccoli passi avanti con alcuni paesi terzi sui rimpatri. Ma il naufragio di Cutro concentra molte delle false promesse sui migranti di un’Ue che coltiva l’illusione di potersi chiudere a fortezza.
Gli assetti di ricerca e soccorso in mare sono stati ritirati o sono usati il meno possibile (più operazioni di polizia, meno operazioni Sar, come a Cutro). Non sono state aperte vie legali per i profughi (i naufraghi di Cutro sono soprattutto afgani). La chiusura di una rotta sposta i migranti su altre rotte (se quella dell’Egeo è meno accessibile, c’è quella dello Ionio che ha portato il caicco a schiantarsi a Cutro). Lo spostamento delle rotte è continuo. Dalla Turchia si sono riaperte quelle via terra verso Grecia e Bulgaria e quelle via mare verso Cipro e Italia. Quando la situazione in Libia si complica, ci sono Egitto e Tunisia. Se non si passa dal Marocco, c’è la rotta atlantica dalla costa occidentale dell’Africa alle isole Canarie.
I trafficanti sono più rapidi dei ministri dell’Interno e sradicarli è una chimera, salvo inviare eserciti europei in paesi terzi. Subappaltare la gestione delle frontiere ai paesi terzi comporta il rischio di sottomettersi al ricatto di regimi non sempre amichevoli, come quello di Recep Tayyip Erdogan. Dato che i flussi continuano, si cerca sempre una nuova bacchetta magica o un nuovo capro espiatorio. Dal 2016 ci sono stati almeno tre piani per l’Africa per sradicare le cause all’origine delle migrazioni. Sempre più ministri dell’Interno vogliono limitare i salvataggi delle ong. Eppure non c’era alcuna nave umanitaria ieri, mentre sbarcavano a Lampedusa più di 1.300 migranti.
La Commissione sta facendo sempre di più per assecondare il desiderio di Europa fortezza. La lettera di Ursula von der Leyen a Giorgia Meloni è l’ultimo esempio: più soldi a Tunisia ed Egitto e coordinamento sulle navi delle ong. I ministri dell’Interno ieri hanno discusso i criteri per sospendere le facilitazioni sui visti ai paesi terzi che non collaborano sui rimpatri. Quanto alle vie legali, nella sua lettera Von der Leyen indica la possibilità di finanziare il reinsediamento di 50 mila profughi in tre anni. Un po’ poco rispetto a quasi un milione di richieste di asilo registrate nell’Ue solo nel 2022. Quasi nulla nell’Ue è stato fatto per le migrazioni economiche legali.
Nell’approccio “olistico” promosso dalla Commissione manca l’integrazione. Eppure è una delle chiavi per governare le migrazioni. Dal 2015 in Germania sono state presentate più di due milioni di richieste di asilo di migranti arrivati in modo irregolare, che hanno imparato lingua e cultura, hanno iniziato a lavorare, i loro figli sono andati a scuola, e ora contribuiscono alla prosperità del paese. Lo stesso sta accadendo con 4 milioni di rifugiati ucraini a cui è stato concesso lo status della protezione temporanea. La stessa Commissione mercoledì ha vantato i successi della protezione temporanea, che permette agli ucraini di lavorare, andare a scuola, ottenere un alloggio e beneficiare della sanità, senza dover attendere anni per il riconoscimento dell’asilo.