Cosa c'entra il gruppo che incendia la bandiera Ue con il processo di pace in Georgia
Chi ha calpestato i colori europei è la formazione ultracristiana Alt-Info, uno dei segnali della progressiva avanzata dell'ultra destra a Tbilisi
Bruxelles. Quando lo scorso gennaio il professor Levan Berdzenishvili dell’università statale di Tbilisi cercò di tenere una conferenza sulla vita del poeta Ilia Chavchavadze all’EuroClub della piccola città di Kvareli un gruppo di nazionalisti assalì la sua macchina costringendolo alla fuga sotto gli sguardi ridacchianti della polizia presente. Gli uomini che assalirono Berdzenishvili facevano parte di un gruppo ultracristiano chiamato Alt-Info, la stessa formazione che ieri ha ammainato e calpestato la bandiera europea su via Rustaveli, stesso luogo delle manifestazioni antigovernative che l’avevano vista il giorno prima sventolare fiera davanti agli idranti della polizia.
Secondo la leadership di Alt Info, Berdzenishvili era colpevole di aver sostenuto nelle sue lezioni l’ideologia gender, di aver criticato la chiesa ortodossa e di voler vendere la Georgia all’occidente. L’avanzare dell’ultra destra nel paese infatti è stato un fenomeno crescente negli ultimi anni in Georgia favorito dai contatti con l’attuale partito di governo Sogno georgiano, fondato dal tycoon Bidzina Ivanishvili, tutt’ora eminenza grigia del potere nella repubblica caucasica.
La repressione delle organizzazioni non governative e le minacce ai giornalisti indipendenti e all’opposizione sono infatti tra gli elementi principali che hanno causato il dietrofront europeo all’offerta di status candidato alla Georgia lo scorso giugno. Da partito liberal-europeista infatti negli undici anni al potere Sogno georgiano si è trasformato in un clan di potere illiberale il cui interesse è principalmente quello di difendere la sua posizione al governo e, dicono i critici, gli affari di Ivanishvili, floridi grazie a un’antica amicizia con Mosca. A polarizzare ulteriormente il panorama politico ci ha pensato poi l’incarcerazione dell’ex presidente Mikheil Saakashvili, eterno nemico di Bidzina Ivanishvili, tutt’ora in cella in precarie condizioni di salute, nonché l’arrivo di decine di migliaia di russi in fuga dalla guerra di Putin, influsso di persone e di capitali che ha arricchito la capacità di spesa del governo ma considerato un tradimento da un grossa parte del paese che avrebbe voluto che Tbilisi chiudesse le porte e si schierasse più risolutamente con Kyiv. Negli anni però un elemento ha mantenuto viva la fiducia di Bruxelles e di Washington nei confronti di Sogno georgiano, la cosiddetta Pax Bidzinae ovvero il fatto che la leadership georgiana si sia dimostrata finora affidabile nel processo di pace iniziato in seguito al cessate il fuoco siglato da Nicolas Sarkozy nell’agosto 2008 , quando i carri armati di Putin arrivarono a meno di 40 chilometri dal centro della capitale, e abbia tenuto il paese fuori da nuove escalation.
Le regioni dell’Abkhazia e l’Ossezia del Sud sono ancora oggi fuori dal controllo di Tbilisi, ed entrambe le autoproclamate repubbliche indipendenti ospitano contingenti dell’esercito russo. Le trattative di pace condotte nella cornice della Geneva International Discussion hanno garantito un equilibrio sostanziale che ha preservato la pace nella repubblica caucasica sino ad’oggi. Negli anni gli sforzi, soprattutto della mediazione europea, nell’aprire canali di comunicazione tra il governo e le autorità de facto delle due regioni, hanno contribuito anche a un relativa demilitarizzazione della cosiddetta Abl, la linea amministrativa che separa i territori sotto controllo governativo da quelli sotto il controllo delle forze russe. Questo ha determinato delle conseguenze per Tbilisi che in seguito alle rassicurazioni europee e americane ha accettato di avere due fianchi scoperti ai russi.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa e il deterioramento totale dei rapporti tra occidente e Russia ha rovesciato l’equilibrio negoziale di questa pace e lasciato a Tbilisi il compito di camminare in bilico tra gli chiedeva di aprire un altro fronte contro Mosca e le minacce russe. Sogno georgiano ha tenuto il paese nel mezzo, tenendosi fuori dalla politica delle sanzioni e aumentando l’interscambio con Mosca. “Volevate forse che portassi il mio paese in guerra con Mosca?” si è difeso negli ultimi mesi il premier Garibashvili dalle accuse sulla sua linea morbida con la Russia, accusando a turno, il Parlamento europeo, il presidente ucraino Zelensky o l’opposizione di voler incendiare il paese.
A distanza di un anno infatti, sebbene il paese affronti una profonda crisi politica, la sua situazione in termini di sicurezza sembra immutata. La Pax Bidzinae dunque per ora tiene e il tycoon georgiano sembrerebbe voler testare quanto le cancellerie europee siano realmente disposte a farne a meno.