in francia

Macron usa le maniere forti per salvare la sua riforma delle pensioni

Mauro Zanon

Rivolta fuori e dentro il Palazzo contro il presidente francese, che sulle riforma previdenziale tira dritto e scavalca il Parlamento

Parigi. Lo ha deciso durante l’ultima riunione di crisi, la quarta in ventiquattro ore: usiamo il 49.3, non mi fido dei franchi tiratori gollisti. Oggi, per far passare la contestata riforma delle pensioni, il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha deciso di ricorrere all’articolo della Costituzione che permette all’esecutivo di approvare una legge senza sottoporla al voto del Parlamento. Una “forzatura” del processo democratico che l’inquilino dell’Eliseo ha ritenuto necessaria, perché convinto di non avere una maggioranza parlamentare sul progetto di riforma, nonostante negli ultimi giorni sembravano poterci essere i numeri per un accordo con i Républicains, il partito gollista. Ad attivare l’articolo 49.3, come da protocollo, è stato il primo ministro Élisabeth Borne.

 

Il progetto di legge è il frutto delle “dense concertazioni con le organizzazioni sindacali e padronali, e con i gruppi parlamentari”, ha esordito Borne davanti ai deputati, spiegando che, alla luce dell’“incertezza” sui numeri, l’esecutivo non aveva alternative. “Non possiamo prenderci il rischio di dissipare 175 ore di dibattito parlamentare, di veder svanire un compresso costruito dalle due camere”, ha sottolineato il primo ministro.  Al suo arrivo in Aula, Borne è stata accolta dalle grida di protesta dell’opposizione di sinistra, guidata dalla France insoumise di Jean-Luc Mélenchon, e della destra sovranista di Marine Le Pen, costringendo la presidente dell’Assemblea nazionale, Yaël Braun-Pivet, a sospendere la seduta per alcuni minuti.

I deputati mélenchonisti hanno intonato la Marsigliese sventolando i cartelli “Démocratie!” e “64 ans c’est non!”, mentre i lepenisti hanno invocato “la démission” del primo ministro e di tutto l’esecutivo. In risposta alle critiche, Borne ha ricordato che il testo finale è arrivato all’Assemblea in seguito all’armonizzazione tra deputati e senatori portata a termine mercoledì dalla Commissione mista paritaria (Cmp). Dopo otto ore di negoziazioni, la Cmp, formata da sette deputati e altrettanti senatori di ogni schieramento politico, aveva effettivamente trovato un punto di equilibrio: con l’approvazione dell’articolo più importante della riforma, l’articolo 7, che alza l’età pensionabile da 62 a 64 anni, e con i macronisti che hanno fatto alcune concessioni ai gollisti, come sull’articolo 8, riguardante il dispositivo di protezione delle carriere lunghe e usuranti (che consente a chi ha iniziato a lavorare presto di andare in pensione anticipatamente).

All’unanimità, erano stati approvati anche gli emendamenti della senatrice socialista Laurence Rossignol, riguardanti il rafforzamento del diritto alla pensione delle madri di famiglia. Insomma, tutto sembrava andare nella buona direzione. Anche questa mattina, mentre il Senato, a maggioranza gollista, adottava il testo della Cmp con 193 voti a favore, 114 contrari e 38 astensioni, Macron continuava a rassicurare le sue truppe. Poi però, in tarda mattinata, sono iniziate a circolare alcune cifre: che davano una maggioranza sul filo del rasoio, avanti di due, tre, al massimo cinque voti. Privo di maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, il presidente ha deciso dunque di non rischiare, di aggrapparsi al 49.3, introdotto in Francia nel 1958, ai tempi di Charles de Gaulle e della nascita della Quinta Repubblica: una mossa legittima, certo, ma che rappresenta un segno di debolezza, suona come una sconfitta e apre una crisi politica dalle conseguenze imprevedibili

 

Secondo quanto riportato dal Monde, nell’ultimo Consiglio dei ministri straordinario, Macron avrebbe giustificato la decisione di ricorrere al 49.3 con i “rischi finanziari troppo elevati” che un’eventuale bocciatura del testo avrebbe comportato. “La mia volontà politica era quella di andare al voto. Fra voi tutti, non sono quello che rischia il posto. Ma ritengo che, alla luce dello stato attuale delle cose, i rischi finanziari ed economici siano troppo elevati”, avrebbe detto il presidente durante la riunione. Subito dopo l’attivazione del 49.3, Marine Le Pen, capogruppo dei deputati del Rassemblement national, ha annunciato la presentazione di una mozione di sfiducia. Lo stesso ha fatto Mathilde Panot, presidente del gruppo mélenchonista in Parlamento. Difficile, ma non impossibile, alla luce dell’anti macronismo dilagante, che una di queste mozioni raggiunga la maggioranza e costringa l’esecutivo a dimettersi. Intanto i sindacati annunciano nuove giornate di sciopero e promettono guerra totale.

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