La pace di necessità fra Tokyo e Seul
Missili nordcoreani, pressioni diplomatiche cinesi e omelette. Il primo ministro giapponese accoglie nella capitale il presidente sudcoreano. Dopo dodici anni di tensioni, quasi tutto risolto tra i due paesi più importanti per l'occidente nel Pacifico
Ieri a Tokyo c’è stato un incontro che potrebbe cambiare la direzione delle alleanze dell’Indo-Pacifico. Dopo oltre un decennio di gelo diplomatico e di incidenti politici, il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha accolto nella capitale giapponese il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol e la first lady Kim Keon-hee, e i giornali giapponesi l’hanno già chiamata la “pace dell’omurice”: la tradizionale omelette di riso fritto sarebbe uno dei piatti preferiti di Yoon, che avrebbe chiesto di mangiarla dopo la cena in compagnia di Kishida nel popolare ristorante di Ginza Rengatei. Il lavorio diplomatico per far riavvicinare le due democrazie d’Asia ha visto il contributo della Casa Bianca di Joe Biden.
Washington ha facilitato i colloqui fra Tokyo e Seul per una ragione: ora che l’America è concentrata sulla difesa dell’Ucraina, ha bisogno di partner di cui fidarsi nel Pacifico, che si parlino tra loro, e che si assumano una funzione di deterrenza contro l’aggressività della Corea del nord e l’assertività della Cina nella regione. C’è un elemento di politica interna che ha accelerato all’improvviso il riavvicinamento: il primo ministro Fumio Kishida non è l’ex premier Shinzo Abe, che aveva una ingombrante storia personale ed era su posizioni nazionaliste invise a Seul. D’altra parte, quando in Corea del sud governano i conservatori, tradizionalmente la direzione politica è sempre più atlantista – Yoon, nel giugno del 2022, è stato il primo presidente sudcoreano a partecipare a un vertice Nato. E’ possibile che dopo questo summit Yoon venga invitato, come il primo ministro indiano Narendra Modi, al G7 previsto a maggio a Hiroshima. E poi c’è la situazione politica internazionale: l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia ha accelerato un processo di “friendshoring” diplomatico, ma anche nel settore della Difesa è in corso un processo di integrazione.
Non è un caso se proprio ieri a Tokyo – nelle stesse ore in cui Kishida accoglieva Yoon – si teneva il primo vertice del Global Combat Air Programme, il patto per lo sviluppo della nuova generazione di caccia militari tra Giappone, Regno Unito e Italia alla presenza del ministro della Difesa italiano Guido Crosetto e degli omologhi inglese e giapponese Ben Wallace e Yasukazu Hamada. Per mandare un segnale neanche troppo velato, contestualmente il regime nordcoreano ha lanciato un missile balistico intercontinentale che ha volato per circa seimila chilometri e per settanta minuti.
L’ultima volta che un presidente sudcoreano era atterrato in Giappone per un vertice bilaterale era il 2011, era un altro mondo e quel summit a Kyoto tra l’allora presidente sudcoreano Lee Myung-bak e il primo ministro giapponese Yoshihiko Noda non andò benissimo (qualche mese dopo, Lee era atterrato sulle isole contese tra Corea del sud e Giappone, le Dokdo/Takeshima, e le tensioni tra i due paesi erano aumentate esponenzialmente). Al contrario ieri, a Tokyo, Giappone e Corea del sud hanno posto le basi per la risoluzione di quasi tutte le questioni bilaterali in sospeso. Non solo, come già annunciato, ci saranno dei passi in avanti sulla questione dei lavori forzati durante l’occupazione giapponese in Corea – una questione molto sentita dall’opinione pubblica sudcoreana, e su cui da anni si tenta una via d’uscita, ma Yoon ha anche annunciato la normalizzazione del patto sulla condivisione delle informazioni militari. E poi la partita più importante: Kishida ha detto che solleverà tutte le restrizioni sull’esportazione in Corea del sud di componenti tecnologiche fondamentali per l’industria, e in cambio Seul rinuncerà alle cause intentate contro Tokyo all’Organizzazione mondiale del commercio. Secondo diversi osservatori, non è la prima volta che i due paesi alleati dell’occidente provano la strada del disgelo e della fiducia, ma stavolta la situazione internazionale potrebbe richiedere uno sforzo diplomatico impensabile fino a un decennio fa: “Le tensioni si stanno alzando sempre di più”, dice una fonte diplomatica al Foglio.
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