Putin lo scagnozzo
Tutte le debolezze di Putin davanti a Xi Jinping: da ideologo del nuovo mondo a scagnozzo
La Russia accoglie la Cina dopo la notte in cui a Mariupol ha mostrato la sua fragilità. Il rischio di lasciare nelle mani di Pechino un posto in prima fila nel mondo che il presidente russo ha messo a soqquadro
Roma. Vladimir Putin non era all’aeroporto ad accogliere il leader cinese Xi Jinping, probabilmente non voleva andare in un posto in cui era stata annunciata la sua presenza per questioni di sicurezza, ma al suo posto ha mandato un vicepremier. Xi e il presidente russo si sono incontrati poco dopo e senza che il capo del Cremlino abbia fatto attendere il leader cinese. Del suo sostegno ha bisogno e dal suo sostegno rischia di essere divorato. La volontà di Putin di ridisegnare il mondo si è scontrata con la fragilità della potenza russa, con i piedi d’argilla del suo esercito, con l’aver sovrastimato la dipendenza occidentale per l’energia russa. A un anno dall’inizio della guerra, il ruolo di Putin nel mondo è cambiato.
Sebbene sia stato il presidente russo a dettare la linea, a raccontare come intendeva costruirlo, questo nuovo mondo, a fissare le basi ideologiche, la sua fragilità lo sta mettendo nelle mani della Cina – da ideologo a scagnozzo – e il caos scaturito dalla guerra avvantaggia più Pechino che Mosca. Arrivato al Cremlino, il presidente cinese ha detto a Putin che è sicuro che il popolo russo lo sosterrà nelle sue “buone imprese”, ma non ha sottolineato quanto quelle imprese che lui definisce buone abbiano portato all’isolamento della Russia e al suo impoverimento. L’arrivo di Xi Jinping a Mosca era molto atteso, soprattutto ora che su Putin pende un mandato di arresto internazionale emesso dalla Corte penale internazionale e il leader cinese non ha tentennato, è andato a trovare il suo alleato, garantendo uno spettacolo di amicizia e sostegno. L’accoglienza è stata sfarzosa, il menù per la cena tipicamente russo, e in questa cornice Putin sperava di mandare messaggi di forza all’occidente, ai russi e a Pechino.
Il primo segnale di debolezza invece è arrivato dalla pubblicazione dell’editoriale di Xi Jinping sulla Rossijskaja Gazeta, presentava molti errori e alcuni linguisti hanno notato come probabilmente non soltanto era stato tradotto non da un madrelingua russo, ma la redazione della Rossijskaja Gazeta non aveva neppure potuto metterci le mani per correggere errori grammaticali o di sintassi. Un segnale di sfiducia linguistica e diplomatica. Putin ha detto di essere interessato al piano di pace proposto dalla Cina, suggerendo che è sempre interessato a ogni idea per la fine del conflitto. Questo è un ritornello che ripete da quando ha iniziato la guerra, vuole dire che sono gli ucraini i refrattari alla pace, ma il piano cinese è molto sproporzionato a suo favore, è il contentino che la Cina vuole dare a Mosca e che le serve anche per aumentare il suo potere politico: nell’articolo di Xi uscito sulla stampa russa il leader cinese suggerisce l’idea che nessun paese possa dettare le regole dell’ordine mondiale e serve un patto per la sicurezza collettiva. Quel patto esisteva ed è stato Putin a infrangerlo, a stracciare le regole della convivenza e della pace in Europa. Questo caos voluto da Putin serve anche a Xi.
In Russia la Cina è vista come un alleato poco sicuro, l’unico e il più potente possibile in questo momento, ma non sfugge alla politica ormai rimasta senza parole e senza coraggio il grande rischio di diventare dipendenti da Pechino, in un momento in cui in 123 paesi del mondo il presidente russo non potrà più recarsi a meno che non voglia rischiare l’arresto. Poi ci sono i paesi che non hanno ratificato lo Statuto di Roma che regola il mandato dell’Aia, come gli Stati Uniti, ma non vuol dire che questi stati non possano decidere di obbedire al mandato. Con Xi a Mosca, la Russia ha disposto un’indagine contro la Corte penale internazionale, mentre la propaganda continua a parlare della responsabilità morale di accogliere i bambini ucraini, di adottarli: un crimine viene fatto passare come atto di carità.
C’è una sproporzione tra come si percepisce il Cremlino e come sta agendo internazionalmente. Putin ha accolto Xi alla pari mentre rischia di rimanerne divorato, di lasciare nelle mani di Pechino un posto in prima fila nel mondo che lui ha messo a soqquadro. Anche la corsa notturna in macchina tra gli edifici ricostruiti di Mariupol per il Cremlino era una provocazione: dopo il mandato della Corte penale, Putin voleva dimostrare che quella città che ha distrutto è sua. Ma è arrivato a notte fonda, non come il proprietario o il liberatore ma come un ladro, si è fatto vedere mentre chiacchierava con dei cittadini che sono in realtà volti noti, comparse che già avevano fatto la loro presenza ad altre provocazioni di Putin, altre dimostrazioni di forza, che hanno dato soltanto l’effetto contrario: la Russia in guerra fa fatica, ha bisogno di un alleato potente, con il quale si potrebbe ritrovare a fare la lotta a chi è più rapace.
Dalle piazze ai palazzi
Gli attacchi di Amsterdam trascinano i Paesi Bassi alla crisi di governo
Nella soffitta di Anne Frank