Vladimir Putin (Ansa)

L'intervista

“Le sanzioni all'export russo fanno male a Putin, l'Ue deve stringerle”. Parla Ben Moll 

Francesco Gottardi

“C’era riluttanza sulle contromisure da adottare, soprattutto da parte della Germania: si parlava disoccupazione di massa, di paese al buio. Scenari catastrofici che non si sono verificati. La fase più critica della crisi energetica è alle spalle", dice il professore della London School of Economics

Alla fine, più dei politici ha potuto il mercato. E oggi la crisi energetica in Europa “si è lasciata alle spalle la fase più critica: non ci saranno altre impennate sui prezzi del gas. Putin pensava di avere un’arma molto potente, la realtà è che ha fatto cilecca”. Parola di Benjamin Moll, macroeconomista della London School of Economics che analizza l’impatto delle sanzioni contro la Russia e le relative ripercussioni per le economie europee. “Ci abbiamo lavorato sin dai primi giorni di guerra”, racconta al Foglio. “C’era riluttanza in occidente sulle contromisure da adottare, soprattutto da parte della Germania: si parlava disoccupazione di massa, di paese al buio. Scenari catastrofici che non si sono affatto verificati”.

 

Già a marzo 2022, Moll con altri colleghi spiegava in uno studio come il finimondo paventato fosse tutt’altro che inevitabile. “Abbiamo raccolto dati sul consumo energetico, sviluppato un modello macroeconomico e verificato che il pil tedesco sarebbe calato nel peggiore dei casi del 3 per cento: una quantità importante, ma non da grave recessione. Così abbiamo incoraggiato l’avanti tutta sulle sanzioni, che avrebbero colpito il Cremlino molto più duramente di un paese dipendente dal gas russo come la Germania”. Lo studio attirò presto l’attenzione dell’opinione pubblica tedesca. “Il cancelliere Scholz ci ha criticato in televisione, dicendo che i nostri calcoli erano irresponsabili. Poi il ministero dell’Economia ci ha invitato a presentare il nostro lavoro, ma era chiaro che non credeva in questi risultati. Soltanto in autunno siamo stati davvero coinvolti dal governo, per elaborare soluzioni”.

 

E veniamo al presente. Nell’anniversario dell’invasione dell’Ucraina, Moll ha pubblicato un articolo con gli aggiornamenti degli ultimi 12 mesi: mentre il pil russo accusa il colpo (-5 per cento), quello tedesco è quasi sempre cresciuto (a parte una lieve flessione trimestrale). Insomma, le sanzioni funzionano e ne servirebbero di più. “Le cose sono andate perfino meglio del previsto”, dice l’autore. “La teoria economica suggerisce che domanda e offerta reagiscono spontaneamente agli choc: si può ricorrere alle importazioni, a materiali meno dispendiosi. E infatti il primo effetto è stato la riduzione del consumo di gas”. Non una sorpresa, secondo Moll. “Un inverno mite ha aiutato, ma la causa principale è da attribuirsi al risparmio diffuso: abbassare il riscaldamento, sostituire gas con petrolio, sospendere i processi produttivi energivori. Sono tutte azioni che dimostrano la capacità di adattamento del mercato, senza compromettere i livelli di produzione”.

 

Stessa spiegazione per l’andamento del prezzo del gas. “Non credo che siano scesi per via del price cap introdotto dall’Ue a dicembre”, dopo che il calo era già avviato da mesi. “Anche questa è una storia semplice: all’inizio l’offerta crolla, la domanda non riesce a rispondere nel breve e così i prezzi schizzano. Ma più passa il tempo, più la domanda si adatta, scende e i prezzi fanno altrettanto. Assestandosi”. Per questo sono da escludere nuovi scossoni. “Esatto. Le future criticità riguardano la ricerca di nuovi approvvigionamenti e i disinvestimenti dovuti alla riduzione della domanda di gas. Ma le scorte oggi sono ancora piene, al 65 per cento in Germania, mentre alla fine dello scorso inverno erano quasi vuote. E’ l’ennesimo segnale di un’Europa reattiva ai cambiamenti”.

 

A differenza della Russia. “Contro Mosca l’occidente è stato molto rapido a bloccare le importazioni e molto lento con le esportazioni”, sottolinea Moll. “L’embargo del petrolio di Putin però ora c’è e inizia a essere rilevante: le statistiche diffuse dal Cremlino evidenziano un forte cedimento dell’export con conseguente calo dei profitti. Quindi sorgono problemi di budget e la Russia è chiamata a riempire i buchi di bilancio: o spendendo meno per la guerra o alzando le tasse, che resta sempre una decisione impopolare. L’enorme volume di esportazioni energetiche verso l’Europa è difficile da rimpiazzare. Ma più tempo passa, meglio i russi si adatteranno a loro volta, quindi la tempestività conta. Serve però volontà politica”.

 

In questo senso, l’Europa si è un po’ seduta. “Sì. Ci ha messo tanto ad arrivare al quadro attuale, dunque ora non sembra propensa a ridiscuterlo”. Idee per migliorarsi? “Abbassare il tetto al prezzo del petrolio ogni tre mesi e assicurarsi che le sanzioni siano applicate da tutte le parti in causa: serve vigilanza ferrea, perché se qualche azienda tratta con la Russia attraverso paesi terzi siamo punto e capo”.
 

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