Il report
L'Ue risponde alle accuse dell'Onu: "Non finanziamo nessuna entità in Libia"
La strana difesa della Commissione europea, che dimentica i 700 milioni di euro stanziati per aiutare le milizie di Tripoli. Le Nazioni Unite denunciano che i soldi dati dall'Europa alla Guardia costiera hanno favorito il perpetrarsi di crimini contro l'umanità
La Commissione europea ha definito “incidenti” quelli che invece per l’Onu sono la prova del “deterioramento della situazione dei diritti umani” in Libia. Nel report pubblicato lunedì e redatto al termine di un’indagine condotta sul campo, il Consiglio per i diritti umani dell’Onu ha denunciato i crimini – fra cui riduzione in schiavitù, omicidi, torture e stupri – perpetrati dalle forze di sicurezza nel paese, non solo contro i cittadini libici, ma anche nei confronti dei migranti. “La missione ha scoperto che diversi crimini contro l’umanità sono stati commessi contro i migranti nei luoghi di detenzione che sono sotto il controllo reale o nominale del Direttorato libico per la lotta all’immigrazione illegale, la Guardia costiera libica e l’Apparato per il supporto della Stabilità – hanno scritto gli esperti dell’Onu – Queste entità hanno ricevuto sostegno economico, tecnico e logistico dall’Ue e dai suoi stati membri, tra le altre cose per l’intercettazione e il respingimento dei migranti”.
Martedì, il portavoce della Commissione, Peter Stano, ha difeso l’operato dell’Ue. Ha ammesso che “certo, ci sono stati incidenti”, ma ha aggiunto che “non fare nulla non è la soluzione”. Inoltre, “non finanziamo nessuna entità libica. Non diamo soldi fisici ai partner in Libia. Quello che facciamo è stanziare molto denaro, che è poi usato dai nostri partner internazionali. Per esempio, molti soldi passano per l’Onu”.
Gran parte dei progetti europei in Libia ha come enti attuatori delle terze parti, come appunto le agenzie dell’Onu o gli stati membri. Solo fra il 2014 e il 2020 l’Ue ha stanziato 700 milioni di euro a favore della Libia. A chiarirlo, il 30 marzo del 2021, è stata la stessa Commissione per bocca del commissario per l’Allargamento e la Politica di vicinato, Olivér Várhelyi. I canali di finanziamento in Libia sono tre: l’Eu Emergency Trust Fund for Africa (Eutf), l’European Neighbourhood Instrument (Eni) e l’Instrument contributing to Stability and Peace. “Solo l’Eutf ha mobilitato 456 milioni destinati a progetti in Libia, oltre la metà dei quali mirati alla protezione dei migranti e un terzo alla stabilizzazione”, aveva detto il commissario. Gli altri 57,2 milioni erano invece stati spesi “allo scopo di sostenere le autorità libiche nel salvare le vite in mare e combattere il traffico di migranti”.
Il problema del tracciamento del denaro si pone sia quando i soldi dell’Ue sono spesi per acquistare beni materiali da donare ai libici – per esempio motovedette o altre attrezzature tecnologiche – sia quando finiscono direttamente nelle casse di Tripoli. E’ il caso del Support to Integrated Border and Migration (Sibmmil), il progetto europeo che prevede 46 milioni di euro per la gestione delle frontiere libiche. L’ente attuatore è il ministero dell’Interno italiano, che a sua volta convoglia parte di questi fondi nel finanziamento di una fetta del Memorandum italo-libico del 2017 e rinnovato annualmente. Leggendo la scheda del progetto del Sibmmil, alla voce “Beneficiari diretti dell’azione”, si annoverano “le autorità libiche pertinenti del ministero dell’Interno, del ministero della Difesa e del ministero delle Comunicazioni: 5 mila funzionari governativi di queste istituzioni che beneficiano delle attività di capacity building. Le comunità locali responsabili della gestione dei confini a sud, incluse le strutture sanitarie”.
Oltre alla Guardia costiera, gli esperti dell’Onu hanno identificato fra i responsabili di crimini contro l’umanità anche l’Apparato per il supporto della stabilità, creato nel 2021 dall’ex presidente Fayez al Serraj e che ancora oggi risponde direttamente al capo del governo di Tripoli, Abdelhamid Dabaiba, sostenuto dalla comunità internazionale. L’Apparato è una delle entità che intercetta i migranti in mare chiudendoli nei centri di detenzione di Abu Salim e Ayn Zarah, due fra quelli in cui l’Onu ha appurato gravi violazioni dei diritti umani. Il rischio di una commistione fra trafficanti e autorità libiche, le stesse che beneficiano dei finanziamenti europei, era stato preventivato dalla stessa Ue. Nella scheda del progetto europeo Sibmmil, al paragrafo “3.3 Rischi”, si avverte: “Ci sono anche preoccupazioni di possibili collusioni tra persone presenti fra i beneficiari e quelle coinvolte nei traffici” di esseri umani.