pessach nei rifugi

Israele tenta di evitare una guerra e schiva Hezbollah

I nemici dello stato ebraico si coordinano e annusano le debolezze del governo di Netanyahu

Micol Flammini

I missili, l'attentato in Cisgiordania e il coordinamento tra i nemici sotto la regia dell'Iran. Gerusalemme cerca la risposta migliore agli attacchi e si concentra su Hamas 

La risposta di Israele contro i missili che sono arrivati dal Libano e dalla Striscia di Gaza è stata meditata a lungo. Non poteva lasciare gli attacchi senza una risposta, ma doveva decidere contro chi concentrarla. Ha prevalso la linea del capo di stato maggiore dell’esercito Herzi Halevi e Israele ha reagito colpendo gli obiettivi di Hamas a Gaza e nel Libano, decidendo di dare credito alle affermazioni di Hezbollah, il gruppo terroristico sostenuto dall’Iran che durante la giornata di giovedì aveva attribuito ai palestinesi la responsabilità degli oltre trenta missili lanciati dal Libano contro  Israele.

  

Gerusalemme si trovava di fronte a due opzioni. La prima era reagire contro tutti i gruppi nemici dello stato ebraico, Hezbollah incluso, e questo era lo scenario  esposto dal capo del Mossad David Barnea. Oppure tenere fuori Hezbollah, prendere per buone le sue dichiarazioni, evitando così una risposta del gruppo in grado di lanciare missili di precisione contro le città israeliane provocando  attacchi che avrebbero potuto degenerare in una guerra. Era questa l’opzione proposta da Halevi, volta a evitare uno scontro più forte nel giorno in cui i razzi hanno tenuto gli israeliani nei rifugi durante Pesach. Ieri in un attacco terroristico nella valle del Giordano sono state uccise due cittadine israeliane e una terza è stata gravemente ferita. Tutta Israele ha alzato le sue difese, gli Stati Uniti hanno detto che lo stato ebraico ha tutto il diritto di difendersi dai molteplici attacchi. Gerusalemme ha dimostrato di non essere intenzionata ad aumentare i rischi di uno scontro e il calcolo di Herzi Halevi per il momento si è dimostrato la miglior soluzione: Hezbollah durante la giornata di ieri ha minimizzato gli attacchi aerei israeliani, non ha approfittato dell’occasione per dare il sostegno ai palestinesi e un parlamentare intervenuto in radio ha commentato con un preciso “no comment”. Rispondere senza arrivare alla guerra è il punto di equilibrio che Gerusalemme deve trovare ogni volta. 

  

Mentre Israele respingeva e rispondeva ai missili, una delegazione di Hamas era a Beirut  ed era guidata dal capo politico del gruppo, Ismail Haniyeh. Il portavoce di Hamas in Libano, Walid Kilani, ha detto che la visita era privata e serviva a “coordinare le posizioni e rafforzare la resistenza contro il nemico israeliano”. La decisione di Israele di rispondere soltanto contro Hamas era calibrata anche per spezzare o almeno ritardare questo sforzo di coordinamento. Il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in questi mesi non ha incontrato soltanto delegazioni del gruppo della Striscia di Gaza, ma anche del Jihad islamico. Questi incontri hanno uno scopo: la creazione di una sala operativa congiunta, una war room, che tenga insieme Hezbollah, Hamas, Jihad islamico e il corpo delle Guardie della rivoluzione iraniane. Queste quattro forze si definiscono l’“asse della resistenza” e una sala operativa l’avevano già formata nel maggio del 2021 proprio in Libano. Lo rivelò il leader di Hamas Yahya Sinwar in un documentario realizzato da Al Jazeera nel 2022, in cui  aveva spiegato che in questo modo i terroristi si erano coordinati durante gli scontri tra Israele e Gaza dell’anno prima. Lo sforzo di costruzione di un asse coordinato va avanti dal 2017 e alcuni analisti suggeriscono che il suo centro potrebbe non essere più il Libano ma la Siria, seppure con una regia sempre nelle mani dell’Iran. Nel 2021, Nasrallah disse che la prossima violazione di  uno dei “luoghi sacri” avrebbe causato una risposta regionale e gli scontri di martedì sera sul Monte del Tempio potrebbero essere un pretesto, ma il gruppo sciita, che pure avrà approvato gli attacchi  di Hamas dal suo territorio, forse preferisce rimandare lo scontro. La cautela di Israele nel tenere Hezbollah fuori dalla risposta potrebbe essere motivata dalla consapevolezza che al momento Nasrallah è sotto pressione politica in Libano per la scelta della presidenza e preferisce evitare una guerra. 

 

Due settimane fa in Israele il dibattito era incentrato sulla riforma della giustizia e il ministro della Difesa Yoav Gallant era stata la prima voce interna alla coalizione di governo contraria. Aveva detto che il paese stava mostrando le sue debolezze, che gli scioperi di piloti e riservisti erano un regalo ai terroristi e che la cocciutaggine sulle nuove norme giuridiche era un danno per Israele. Il premier Benjamin Netanyahu aveva reagito molto male, arrivando a cacciarlo. Gallant invece è ancora il ministro della Difesa, aveva ragione nel dire che i nemici erano pronti ad approfittare delle debolezze del paese e oggi, assieme a Herzi Halevi, guida la risposta a questi attacchi congiunti. 
 

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)