La Russia come l'Iran

Israele e il fronte mediorientale della guerra in Ucraina

Micol Flammini

Gli scontri in mare, i missili, i leak americani e la necessità di Gerusalemme e Kyiv di considerarsi sempre più vicine

Il Florida è un sottomarino americano in grado di trasportare 154 missili,  venerdì scorso è entrato nel Canale di Suez e si è diretto verso le acque del Mar Arabico. Lo ha fatto con un clamore insolito perché sebbene non sia strano che un sottomarino americano entri nella regione è  peculiare che abbia deciso di passare avvisando. La sua navigazione ha uno scopo preciso: serve, secondo alcune fonti di intelligence sentite dal New York Times, a mantenere la stabilità di una delle rotte marittime più trafficate del mondo. Qualche giorno prima che venisse diffusa la rotta del Florida, le agenzie di sicurezza americane e israeliane avevano allertato i mercantili civili sulla possibilità di nuovi attacchi con i droni da parte di Teheran. Avevano raccomandato alle navi che transitano nel Golfo Persico e nel Mar Arabico di fare attenzione, navigare con i transponder spenti,  vicini alle coste dell’Oman,   e segnalare ogni attività sospetta. E’ dal 2021 che Iran e Israele sono impegnate in una guerra che coinvolge  il passaggio dei mercantili e in queste settimane in cui le tensioni sono peggiorate, gli Stati Uniti temono che anche in mare la situazione possa inasprirsi.

 

Gerusalemme è stata colpita da ogni lato, da Gaza, dal Libano, sabato anche dal sud della Siria. E’ stata attaccata internamente e ieri è morta un’altra vittima di un attentato, la donna ferita in Cisgiordania venerdì. Gli attacchi contro Israele provengono da milizie che dicono di far parte dell’“asse della resistenza”, l’insieme di forze armate e sostenute dall’Iran. Il conflitto è aperto su più fronti ed è difficile non considerare insieme  quello che accade in medio oriente e la guerra in Ucraina, dove  l’Iran è alleato della Russia. 

 

Alcuni dei documenti trafugati dell’intelligence americana, la cui esistenza è stata resa nota la scorsa settimana, erano dedicati anche a Israele. Alcuni parlavano della possibilità che il governo israeliano possa un giorno rifornire Kyiv di armi sempre più letali, avendo compreso che non può più contare sulla Russia per il controllo del fronte siriano. Fidarsi di Mosca, che dà soldi all’Iran che a sua volta li spende nella repressione interna e nella lotta contro Israele, è impensabile. I fronti di Kyiv e di Gerusalemme si sono avvicinati e gli Stati Uniti, che pure anni fa avevano espresso il desiderio di allontanarsene sempre di più, non possono fare a meno di sostenerli. 

 

Altri documenti trafugati raccontavano invece di un piano del Mossad per fomentare le proteste contro la riforma della giustizia. L’agenzia di intelligence ha smentito queste ricostruzioni, dicendo che alcuni dipendenti avevano chiesto e ottenuto il permesso per recarsi alle manifestazioni, ma non c’era mai stata una regia per fomentare  divisioni dentro alla società israeliana. Queste divisioni preoccupano sempre di più gli addetti alla sicurezza e in un’intervista al Times of Israel, l’ex capo delle Forze di difesa israeliane, Tamir Hayman, ha detto che l’immagine di Israele come uno stato in grado di garantire alti livelli di sicurezza è ormai stata danneggiata in modo irreversibile. Hayman ha detto di non capire l’atteggiamento del premier Netanyahu e di non potersi fidare di lui dopo che ha dato retta a quella parte del governo che ha aizzato gli israeliani gli uni contro gli altri.  Ieri quella parte del governo, il ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich assieme ad altri funzionari, hanno preso parte a una marcia per chiedere la legalizzazione dell’avamposto di Evyatar. Assieme ai ministri hanno sfilato migliaia di persone con un costo alto a livello di sicurezza nei giorni che seguono lanci di missili e attentati contro i civili.

 

 Il premier Benjamin Netanyahu ha tenuto proprio ieri una conferenza stampa  in cui ha annunciato che il ministro della Difesa Yoav Gallant rimarrà al suo posto – lo aveva licenziato dopo i dissidi sulla riforma della giustizia – e ha sminuito anche la portata della guardia nazionale posta sotto il ministero della Sicurezza di Ben Gvir – Netanyahu ha detto che sarà coordinata con altre agenzie e non sottoposta al ministro, come auspicava la polizia – e si è concentrato sulla Siria, da cui sono partiti gli ultimi attacchi contro Israele. Ha detto che se il regime di Bashar el Assad consentirà un lancio di missili continuo pagherà un prezzo alto. Era proprio sulla Siria che si reggevano i rapporti con Mosca, che sorveglia i cieli siriani: gli ultimi lanci di missili e l’arrivo dei droni iraniani rendono chiaro che questi rapporti  hanno sempre meno senso per la sicurezza di Israele. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)