l'opinione
L'offensiva del gas è il più grande fallimento di Putin, dice Krugman
Il premio Nobel per l'economia ha parlato di sconfitta riguardo alla "quarta offensiva russa": il ricatto delle economie europee con lo stop sui gasdotti. "Le democrazie sono più forti e difficili da intimidire di quanto sembri"
Il fallimento dell’offensiva energetica della Russia contro l’Europa offre alcune lezioni molto importanti sulla forza delle democrazie e sulla capacità delle economie moderne di fare fronte ai cambiamenti. Lo ha detto Paul Krugman, in un editoriale sul New York Times, sottolineando la débâcle del ricatto energetico di Mosca, considerata dall’economista americano come la quarta offensiva (di natura economica), dopo le prime tre (militari) lanciate da Putin dall’inizio dell’invasione. Secondo Krugman la prima offensiva è stata il tentativo di prendere Kyiv, la seconda il tentativo di conquistare l’Ucraina orientale, infine l’offensiva per il Donbas ancora in corso ma ferma a Bakhmut.
Tuttavia, la sconfitta più importante è il fallimento della quarta offensiva, ovvero il tentativo di ricattare le economie europee interrompendo le forniture di gas. La guerra inizialmente ha sconvolto i mercati delle materie prime, ma era il gas lo strumento di pressione più valido nelle mani di Putin, l’unico che gli europei non erano pronti a sanzionare. Questo perché il modo più economico per importare gas è attraverso i gasdotti – per loro natura vincolanti – e non era chiaro come l’Europa avrebbe potuto sostituire le forniture russe. Si temevano una profonda recessione in tutta l’Unione europea, razionamenti energetici, una crisi occupazionale e, infine, disordini sociali che avrebbero minato la stabilitè politica dei paesi europei e il loro sostegno all’Ucraina.
Non è accaduto nulla di tutto questo: nell’Ue non c’è stata una recessione, la disoccupazione non è aumentata, la produzione industriale è rimasta sostenuta. La riduzione della domanda e la diversificazione delle forniture hanno permesso alle economie europee di continuare a funzionare nonostante il crollo delle importazioni di gas russo, con un aumento della capacità di importare Gnl che ha gettato le basi per un’intensa relazione energetica tra Europa e Stati Uniti. Ad aumentare è stata solo l’inflazione, mentre i governi europei riuscivano, a fatica, a limitare le difficoltà create dagli alti prezzi dell’energia. Il contesto è stato ed è ancora difficile e impegnativo, ma si tratta di una realtà completamente diversa dagli scenari di recessione, freddo, disoccupazione e razionamenti che si temevano un anno fa.
La prima lezione da imparare, dice Krugman, è che la Russia “sembra più che mai una superpotenza Potëmkin”, con un esercito “molto meno efficace rispetto all’imponente rappresentazione di facciata” e con una capacità di usare l’energia come un’arma di gran lunga inferiore rispetto a quanto immaginato in precedenza. La seconda è che “le democrazie stanno dimostrando, come altre volte in passato, di essere molto più forti e difficili da intimidire di quanto sembri”, e che la flessibilità e l’apertura delle loro economie “gli permette di far fronte al cambiamento, più di quanto vorrebbero farci credere alcuni interessi acquisiti”, conclude il premio Nobel per l’economia, sottolineando che in base all’esperienza europea gli Stati Uniti non devono temere la sfida di una transizione energetica verde.
Quanto all’Europa, secondo lo studio del Center for european policy analysis (Cepa), i prossimi passi per privare la Russia della capacità di minare la sicurezza energetica europea è dedicarsi a una campagna per integrare la rete energetica ucraina a quella dell’Ue, e proteggerla con adeguati sistemi di difesa. Va sviluppato un piano per incorporare completamente l’Ucraina, la Moldavia e tutti i Balcani occidentali in uno spazio comune di sicurezza e energetica europea al riparo da qualsiasi tipo di ricatto del Cremlino, militare ed economico. Un piano che mette alla prova diversi equilibri politici dell’Ue, ma che sarà fondamentale per vincere la guerra energetica con la Russia nel lungo periodo.
L'editoriale dell'elefantino