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Non solo armi

La dimensione religiosa di Putin nella dissoluzione dell'Ucraina

Pasquale Annicchino

La guerra in corso non mette in gioco soltanto l'arsenale militare, ma anche quello identitario. Bisogna comprendere tutte le manifestazioni del totalitarismo russo per evitare di esserne travolti

Chi ha bisogno dell’Ucraina? “L’Ucraina scomparirà perché nessuno ne ha bisogno”. La sintesi offerta da Dmitry Medvedev qualche giorno fa è utile a comprendere perché, oltre alla dimensione militare, la guerra in corso ha anche una potente dimensione religiosa. Per Medvedev “abbiamo bisogno della Grande Russia” e non della “sotto-Ucraina”. Dall’inizio della guerra il Cremlino ha mobilitato, oltre all’arsenale militare, anche quello identitario e religioso funzionale alla decostruzione dell’Ucraina come paese distinto e diverso dalla Russia. Questa mobilitazione risponde a una delle più grandi paure di Vladimir Putin: la possibilità che i russi si rendano conto che a pochi chilometri dal loro confine non ci sono (solo) le truppe della Nato, ma la possibilità di esistere di un paese che funzioni secondo le regole della democrazia e dello stato di diritto. Per questo motivo la decisione del Patriarca di Costantinopoli del dicembre 2018 di concedere l’autocefalia alla Chiesa ortodossa dell’Ucraina ha fatto infuriare il Cremlino. Da quel momento in poi l’Ucraina avrebbe avuto in mano anche il suo destino religioso senza dipendere da Mosca. Non è un caso che Lavrov, all’epoca, ebbe a criticare le “provocazioni” del Patriarca di Costantinopoli organizzate, a suo dire, “con il supporto aperto e diretto” degli Stati Uniti. Nonostante non fosse stata pienamente percepita all’inizio del conflitto (spesso anche per miopia da secolarizzazione delle élite occidentali), la dimensione religiosa del conflitto viene sottolineata anche nel report dell’Institute for the Study of War pubblicato il 9 aprile.

 

Dal rapporto emerge l’intensità della violenta campagna di repressione russa nei confronti di tutte le minoranze religiose nei territori occupati. A partire dal 2016 le autorità di Mosca hanno utilizzato le norme della famigerata legge Yarovaya per perseguire numerose minoranze: mormoni, battisti, avventisti del settimo giorno, testimoni di Geova. Sostanzialmente nessuna minoranza è rimasta esclusa dalla rete di discriminazione e persecuzione. Ora quelle norme sono state esportate anche nei territori ucraini occupati. Per l’Institute for the Study of War la sistematica repressione russa nei confronti delle minoranze religiose è parte di una più ampia campagna di “genocidio culturale” contro Kyiv che cerca di “eradicare la nozione di un’unica identità culturale ucraina”. Se l’Ucraina non esisterà più culturalmente e religiosamente nella sua differenza dalla Chiesa di Mosca e nel suo pluralismo  fra le molteplici minoranze non esisterà più come paese.

 

“L’Ucraina scomparirà perché nessuno ne ha bisogno”. A leggere il rapporto, le parole di Medvedev sembrano assumere un significato più esplicito. Ha contribuito a rendere chiari i termini del dibattito anche Pinchas Goldschmidt, rabbino capo di Mosca ora in esilio, che lo scorso 15 marzo è stato audito dalla U.S. Commission on International Religious Freedom. Nell’audizione ha sottolineato come il sistema politico russo sia ormai “passato dall’autoritarismo al semi-totalitarismo al quasi-totalitarismo”. È stato questo il motivo che lo ha spinto ad abbandonare il paese perché era “impossibile rimanere in silenzio”. Abbandonare la Russia era l’unica opportunità “per poter avere la possibilità di criticare una guerra che è una catastrofe, non solo per l’Ucraina, ma anche per la Russia e per le comunità ebraiche di entrambi i paesi”. In questo contesto assume particolare rilevanza la visita che Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, farà il prossimo 5 e 6 maggio a Salerno per celebrare la festa della traslazione delle spoglie del patrono della città San Matteo. Nella geopolitica religiosa che i russi navigano bene e hanno provato a manipolare a loro vantaggio, Bartolomeo I è uno dei nemici pubblici più importanti individuati dal Cremlino. Come in altri scenari, l’Italia avrebbe la possibilità e alcuni strumenti per giocare un ruolo da protagonista in questo contesto. Spesso però la falsa coscienza che ha portato molti a relegare il fattore religioso ai margini dei grandi eventi storici non ci ha permesso di comprenderlo. Dovremmo provare a ribaltare il paradigma, magari anche per non venirne travolti.

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