Il discorso
"Non mi pento". Le parole in tribunale dell'oppositore russo Kara-Murza
"So che arriverà il giorno in cui le tenebre sul nostro paese si dissolveranno, allora la nostra società aprirà gli occhi e sarà inorridita dai terribili crimini commessi per suo conto". L'intervento durante l'ultima udienza del processo
Traduciamo il discorso che l’oppositore russo Vladimir Kara-Murza ha pronunciato lunedì, durante l’ultima udienza del processo contro di lui per cui sono stati chiesti 25 anni di carcere per diffusione di informazioni false sull’esercito russo. Kara-Murza, che è sopravvissuto a due tentativi di avvelenamento, non era in Russia quando Vladimir Putin dichiarò l’inizio dell’invasione dell’Ucraina. L’oppositore tornò per protestare contro la guerra ed è stato arrestato.
Membri della corte, dopo due decenni trascorsi nella politica russa, dopo tutto quello che ho visto e vissuto, ero sicuro che nulla potesse più sorprendermi. Devo ammettere che mi sbagliavo. Sono stato sorpreso dalla misura in cui il mio processo, nella sua segretezza e nel suo disprezzo per le norme giuridiche, ha superato persino i “processi” dei dissidenti sovietici degli anni '60 e '70. Senza contare la durezza della pena richiesta dall’accusa o il discorso sui “nemici dello stato”. In questo senso, siamo andati oltre gli anni Settanta, fino agli anni Trenta. Per me, come storico, questa è un’occasione di riflessione. A un certo punto, durante la mia testimonianza, il giudice che presiedeva il processo mi ha ricordato che una delle circostanze attenuanti era “il rimorso per ciò che l’imputato ha fatto”. E sebbene ci sia poco di divertente nella mia situazione attuale, non ho potuto fare a meno di sorridere: il criminale, ovviamente, deve pentirsi delle sue azioni. Sono in carcere per le mie idee politiche. Per essermi espresso contro la guerra in Ucraina. Per aver lottato per molti anni contro la dittatura di Vladimir Putin. Per aver facilitato l’adozione di sanzioni internazionali personali nell’ambito del Magnitsky act contro chi vìola i diritti umani.
Non solo non mi pento di tutto questo, ma ne sono orgoglioso. Sono orgoglioso che Boris Nemtsov mi abbia portato in politica. E spero che non si vergogni di me. Sottoscrivo ogni parola che ho pronunciato e ogni parola di cui sono stato accusato da questo tribunale. Mi rimprovero solo una cosa: che negli anni della mia attività politica non sono riuscito a convincere un numero sufficiente di connazionali e di politici dei paesi democratici del pericolo che l'attuale regime del Cremlino rappresenta per la Russia e per il mondo. Oggi questo è evidente per tutti, ma a un prezzo terribile: il prezzo della guerra. Nelle loro ultime dichiarazioni al tribunale, gli imputati di solito chiedono l’assoluzione. Per una persona che non ha commesso alcun crimine, l’assoluzione sarebbe l’unico verdetto giusto. Ma io non chiedo nulla a questa corte. Conosco il verdetto. L’ho capito un anno fa, quando ho visto nello specchietto retrovisore persone in uniforme nera e con maschere nere che correvano dietro alla mia auto. Questo è il prezzo da pagare per parlare in Russia oggi.
Ma so anche che arriverà il giorno in cui le tenebre sul nostro paese si dissolveranno. Il giorno in cui il nero si chiamerà nero e il bianco si chiamerà bianco; il giorno in cui a livello ufficiale si riconoscerà che due per due fa ancora quattro; il giorno in cui una guerra si chiamerà guerra e un usurpatore usurpatore; e quando saranno riconosciuti come criminali coloro che hanno acceso e scatenato questa guerra, piuttosto che coloro che hanno cercato di fermarla. Questo giorno arriverà inevitabilmente come la primavera che segue anche l’inverno più freddo. E allora la nostra società aprirà gli occhi e sarà inorridita dai terribili crimini commessi per suo conto. Da questa consapevolezza, da questa riflessione, inizierà il lungo, difficile ma vitale cammino verso il recupero e la restaurazione della Russia, il suo ritorno alla comunità dei paesi civili. Anche oggi, anche nell’oscurità che ci circonda, anche seduto in questa gabbia, amo il mio paese e credo nel nostro popolo. Credo che possiamo percorrere questo cammino.
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