con l'occidente
È piazza della Libertà il cuore della Georgia che protesta e sogna l'Ue
Le proteste di inizio marzo che avevano visto protagonista una donna che sventolava la bandiera europea resistendo agli idranti della polizia. La stessa donna è tornata alla manifestazione di domenica per chiedere l'ingresso nell'Unione del suo paese
Tbilisi. Di ritorno da Tbilisi. Sul lungo ed elegante viale Rustaveli, che sbuca in piazza della Libertà, con al centro un’alta colonna dove un tempo troneggiava la statua di Lenin e ora brilla al sole un dorato San Giorgio che uccide il drago, c’è l’imponente Palazzo del Parlamento, costruito sulle rovine di una cattedrale andata distrutta il secolo scorso. Sul lato sinistro del marciapiede antistante c’è un cubo di pietra e metallo che ricorda le venti persone, oltre a centinaia di feriti, che il 9 aprile 1989 furono ammazzate dall’esercito sovietico per una manifestazione che chiedeva l’indipendenza della Georgia.
In quel luogo, domenica scorsa, c’è stata una manifestazione pacifica con canti popolari e l’inno nazionale più volte scandito, che chiedeva l’ingresso della Georgia nell’Unione europea e l’immediata scarcerazione dell’unico leader veramente riformatore e filoccidentale: Mikheil Saakashvili (1967), già presidente della Georgia (dal 2004 al 2013), dal 2015 al 2016 (avendo preso la cittadinanza ucraina) governatore della regione di Odessa, e incarcerato nel 2021 (dopo esser tornato “clandestinamente” in Georgia), per abuso d’ufficio. In carcere, recentemente, hanno tentato di avvelenarlo. Di lui Putin, nel 2008, disse di voler vederlo “appeso per le palle”.
Dagli inizi di marzo, davanti al Parlamento, si sono nuovamente succedute parecchie manifestazioni provocate dal tentativo del governo filorusso dei partiti Potere al popolo e del più potente Sogno Georgiano del magnate, con cittadinanza russa e francese ma naturalizzato georgiano, Bidzina (Boris) Ivanishvili (1956), di far approvare una legge, fotocopia di quella ideata da Putin (nel 2012), che richiederebbe alle organizzazioni non governative (ong) e ai media indipendenti che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero di essere iscritti in un registro come “agenti stranieri” e il coinvolgimento diretto dello stato in diversi processi relativi ai privilegi concessi a persone fisiche o giuridiche che ricevono finanziamenti stranieri.
La legge è stata per il momento congelata dopo i violenti scontri del 7 marzo e anche perché la presidentessa della Georgia, la scrittrice e diplomatica francese naturalizzata georgiana Salomé Nino Zourabichvili (1952), aveva dichiarato che non l’avrebbe firmata. Durante quella manifestazione una donna, la quarantasettenne Nana Malashkia, fu fotografata, e l’immagine finì sulle prime pagine dei giornali del mondo, mentre sventolava imperterrita la bandiera azzurra con la corona di stelle gialle dell’Unione europea, incurante dei forti getti d’acqua degli idranti che la polizia le sparava addosso. Anche domenica scorsa Nana Malashkia, capelli corti biondi e un lungo ciuffo che le penzola sul lato destro del bel volto, era presente alla manifestazione.
In Georgia, dopo la Rivoluzione delle rose (2008), che portò al potere Mikheil Saakashvili, potrebbe succedere qualcosa di molto simile a quanto accaduto in Ucraina con Euromaidan (nel 2014). Una buona parte della popolazione del paese (3.800.00, dei quali circa 1.400.000 abitano nella capitale, ai quali si sono aggiunti 70 mila tra profughi russi e ucraini) vuole appartenere all’Europa ed è ostile ai russi, soprattutto dopo l’agosto 2008 quando le loro truppe hanno occupato il 20 per cento del territorio georgiano: l’Abkhazia e l’Ossezia del sud.
La Russia è tranquilla fino a quando c’è un governo a lei favorevole, che non si è schierato con l’occidente dopo l’attacco all’Ucraina e anzi gioca un ruolo fondamentale nell’aggirare le sanzioni: per la Georgia passano centinaia di camion che dalla Turchia portano merci in Russia. Nel gennaio di quest’anno, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha elogiato pubblicamente il governo georgiano per non aver aderito alle sanzioni contro la Russia e per aver “resistito alle pressioni dell’occidente”.
Inoltre l’Europa non sembra intenzionata a venire incontro alle richieste dei georgiani di entrare nella Comunità europea. Del resto, sebbene la Costituzione della Georgia sancisca l’impegno ad aderire all’Ue e alla Nato, l’attuale governo georgiano ha cercato di silurare le richieste di adesione del paese alle istituzioni occidentali. Nel 2022, mentre l’Ue stava decidendo se concedere lo status di “candidato” alla Georgia, le autorità del paese hanno imprigionato l’amministratore delegato di un’emittente indipendente georgiana, Nika Gvaramia, per appropriazione indebita e abuso di posizione presso un popolare canale televisivo.
Un atto che viola gli standard dell’Ue sulla libertà dei media. Prima a causa della diffusa corruzione, poi per le posizioni filorusse, con alcuni atteggiamenti illiberali, di coloro che governano dal 2012, l’Ue non ha quindi concesso finora alla Georgia lo status di “candidato all’accesso all’Ue” dato all’Ucraina e alla Moldavia, ma soltanto una preliminare “prospettiva europea”. Troppo poco per i georgiani che stanno scendendo in piazza e sentono sempre più il fiato sul collo della Russia, che non tollererebbe un governo diverso da quello attuale e guarda con qualche preoccupazione alle manifestazioni di piazza e anche alle dichiarazioni di una presidentessa che però non ha più i poteri che avevano i suoi predecessori.