da Pechino a Mosca

Tutti i segnali che il legame tra Russia e Cina è militare

Micol Flammini

Il ministro cinese della Difesa Li Shangfu va dal suo omologo russo Shoigu mentre i leak mostrano a che punto sono gli scambi di armi e lo spreco degli spetznaz

Il mese scorso, durante la visita di Xi Jinping a Mosca, più che i comunicati, redatti per lanciare messaggi internazionali, la cosa importante da osservare erano le foto. Al fianco del presidente russo Vladimir Putin c’era una squadra di funzionari coinvolti nei programmi militari di Mosca. C’erano facce note, come il ministro della Difesa Sergei Shoigu o il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitri Medvedev, ma c’erano anche il capo dell’agenzia spaziale Yuri Borisov e il capo del servizio  per la cooperazione tecnico-militare Dmitri Shugaev.  Era questa la squadra che ha accompagnato Putin negli incontri a porte chiuse con Xi Jinping,  preludio degli accordi che sono in preparazione tra Russia e Cina. Domenica 16 aprile arriverà a Mosca Li Shangfu, da poco confermato ministro della Difesa cinese e uomo di riferimento per le ambizioni spaziali di Pechino. Durante la visita di tre giorni  al fianco di  Shoigu, incontrerà generali russi  e visiterà  accademie militari. 

 

La collaborazione tra i due paesi va ben oltre lo spettacolo di solidarietà e di amicizia che ha offerto la visita di Xi a Mosca, è fatta anche di argomenti concreti, di progetti, di collaborazione non soltanto ideologica. Il ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, ha assicurato che la Cina non venderà armi alla Russia, lo ha detto mentre era a Pechino la sua omologa tedesca Annalena Baerbock, ma a queste dichiarazioni e alla visita di Li Shangfu a Mosca fanno da sfondo due dossier tra quelli trafugati dalla talpa ventunenne Jack Teixeira. Il primo riguarda proprio la possibilità che la Cina mandi armi alla Russia da usare contro l’Ucraina, si tratta di documenti che hanno come fonte l’intelligence di Mosca e mancano di alcuni punti che sarebbero in grado di specificare se i russi stavano spiando i cinesi o se i cinesi hanno confermato direttamente la possibilità di un invio di armi. Gli altri documenti riguardano invece il test di un missile ipersonico da parte di Pechino, che ha messo in allerta gli Stati Uniti perché ha mostrato quanto l’industria bellica cinese sia progredita in poco tempo. Alla base di questo progresso c’è anche  la collaborazione con Mosca,  che il Cremlino aveva iniziato  circa dieci anni fa vendendo  missili S-400 e  jet Su-35. La riluttanza si è mutata in necessità e probabilmente Mosca ha iniziato a condividere anche progetti di tecnologie sempre più avanzate, come i missili S-500. 

 

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha cercato dall’inizio della guerra di coinvolgere la Cina  in una mediazione. Si è dimostrato più volte disponibile,  ha anche accolto i dodici punti  cinesi sulla guerra come un segno dell’interessamento di Pechino. La pazienza dell’Ucraina però non è destinata a durare, soprattutto con le notizie di possibili patti per rifornire Mosca e uno dei segnali di  cambiamento  è arrivato ieri quando Kyiv ha dichiarato l’azienda Xiaomi uno sponsor internazionale della guerra, non soltanto perché è rimasta in Russia, ma anche perché ha anche raddoppiato le sue quote di mercato nella vendita di smartphone nel 2022. Per l’Ucraina, che aveva scommesso e sperato nella neutralità di Pechino, non è più possibile considerare Xi Jinping come un mediatore:  dopo il  viaggio a Mosca sapeva quanto fosse attesa una sua chiamata a Zelensky e non l’ha fatto, esprimendo così un  posizionamento ben netto: la Cina non è equidistante e sta con il Cremlino.

 

La fuga di notizie dell’intelligence americana offre anche l’opportunità di soppesare lo stato dell’esercito russo. Le perdite sono state molto alte, ma uno dei problemi più grandi  sta nell’uso sbagliato delle unità  di élite. Gli spetsnaz sono le unità russe addestrate a missioni  ad alto rischio, addette a muoversi nell’ombra, spesso a confondersi con la popolazione locale. All’inizio della guerra i generali hanno ordinato agli spetsnaz di intervenire direttamente nel conflitto. Il motivo potrebbe essere che non si fidavano dei soldati regolari, ma la decisione ha portato al consumo di unità che sono molto difficili da addestrare. Lo spreco di uomini e mezzi da parte di Mosca ha colpito molto gli ucraini dall’inizio della guerra, se per le armi la Russia potrà contare sulle alleanze internazionali, non potrà fare altrettanto per la ricostituzione di alcuni reparti del suo esercito. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)